S. Carlo, messa con 80 fedeli «Bellezza inimmaginabile»
TRENTO Lunedì mattina, 8.30 in una parrocchia di Oltrefersina. Dopo più di due mesi dall’ultima celebrazione, le porte dalla chiesa si riaprono per la prima messa post-coronavirus con mascherine, distanziamento e gel igienizzante. A San Carlo Borromeo, parrocchia della Clarina, ordinatamente seduti nei banchi stanno un’ottantina di persone, tutti con le mascherine ben alte sul viso. Dopo la benedizione e un breve ricordo dei camion che solo poche settimane fa uscivano da Bergamo carichi di bare troppo numerose per essere cremate in città, i fedeli si avviano verso l’uscita lasciando spazio a una piccola squadra di volontari che scatta immediatamente al lavoro: disinfettanti alla mano vengono igienizzate tutte le superfici toccate dai fedeli, rimossi i paramenti, chiuse le transenne. Lo spazio interno, già caratterizzato dagli sparuti bollini blu incollati sulle panche che indicano i pochi posti dove è consentito sedersi, è stato infatti separato in settori da alcune catene, per permettere di suddividere gli spazi secondo necessità.
«Stamattina avevamo aperto solo la navata destra, che ora può accogliere circa 40 persone. Ma l’afflusso di fedeli è stato così numeroso che abbiamo aperto anche metà della navata sinistra» spiega don Lino Zatelli. Una riapertura in grande stile: «È una bellezza che non immaginavo — commenta felice il sacerdote —. Vuol dire che questo respiro dell’anima ci mancava. Il divino è nel cuore dell’uomo, ma abbiamo bisogno di un posto dove trovarci e dove sentirci di nuovo comunità. Non so però come faremo domenica per gestire tutti i fedeli. Durante la quarantena con la messa in streaming abbiamo avuto una media di 600 collegamenti ogni domenica, vale a dire circa 1200 persone. La chiesa ora ne può tenere al massimo 149, domenica faremo tre celebrazioni, ci sarà ugualmente lo streaming e metteremo gli amplificatori nel piazzale per chi volesse assistere dall’esterno».
Il caso di San Carlo è un unicum nella città di Trento e in tutta la provincia. Nel complesso l’avvio è stato tranquillo e ordinato, segnato da una comprensibile prudenza mista a paura. Il vero banco di prova per le disposizioni di accoglienza sarà domenica 24, quando le chiese dovranno prepararsi ad accogliere la folla di fedeli abituati a frequentare la chiesa nei giorni festivi. Il signor Paolo è uno dei primi a uscire terminata la celebrazione: «È un’emozione molto grande dopo due mesi cercare di riconoscersi dietro la mascherina e poter condividere con altri la sofferenza di questo periodo». Le signore Ida e Riccarda si sono fermate subito fuori la chiesa per chiacchierare, ma badando bene di rispettare le distanze di sicurezza. «Tornare qui è commovente — confessa Riccarda —. Ho perso una mia cara amica a causa del virus, e questi momenti di comunità servono a rinforzare il senso profondo di quello che è accaduto». Il rispetto delle regole è totale, anche grazie al grande sforzo di comunicazione operato da volontari, cartelli e volantini. «Ci sentiamo sicuri — conferma Ida —, meglio qui che in strada dove tutti girano senza mascherina o con la mascherina abbassata e senza rispettare le distanze interpersonali». In tempi di austerity emotiva, la qualità delle relazioni diventa sempre più importante. E molto fa la personalità di chi si trova ad accompagnare la comunità dei trentini cattolici in questo difficile guado tra la chiusura e un graduale ritorno alla normalità. «Dal punto di vista territoriale sono della parrocchia del Duomo — spiega Giorgio — ma vengo fin qui proprio per don Lino e per la sua capacità di coinvolgere senza dimenticare quello che è successo».
Riccarda
Tornare qui è davvero commovente. Ho perso un’amica per il Covid e questi momenti di comunità servono