Corriere del Trentino

Keller pubblica Philip Dröge e la storia di Moresnet

Dröge narra le vicende del mini stato vicino ad Aquisgrana, conteso per anni

- di Gabriella Brugnara a pagina 9

Un microstato di confine, abitato da etnie diverse che hanno vissuto in pace e trovato nella lingua, l’esperanto, un punto di sutura più che di frattura. Una specie di «oltre lo specchio» del Sudtirolo.

Poco più di 3,4 chilometri quadrati, una minuscola porzione di territorio che per oltre un secolo, dal Congresso di Vienna del 1815 agli Accordi di Parigi del 1920, sia la Prussia sia i Paesi Bassi rivendican­o senza mai riuscire a trovare un’intesa. Il nome è Moresnet, e di questo Paese gli studiosi sottolinea­no in vari modi la particolar­ità.

«Unico nel suo genere, un meraviglio­so errore della storia», «un territorio nato per sbaglio». A raccontare le complesse, e a volte surreali, vicende di questo fazzoletto di terra vicino ad Aquisgrana è Philip Dröge in «Terra di nessuno. L’incredibil­e storia di Moresnet, un luogo che non sarebbe dovuto esistere», da pochi giorni in libreria (Keller editore 17,50 euro, 288 pagine, traduzione di Andrea Costa).

Autore di libri storici e giornalist­a, Philip Dröge (nato a Groningen, Paesi Bassi, nel 1967), ha collaborat­o, tra gli altri, con National Geographic e Forbes, ed è fondatore di Faqt, un’agenzia stampa di divulgazio­ne scientific­a. Suo il bestseller Meesterspi­on (2002) sui legami tra il principe Bernhard dei Paesi Bassi e vari servizi segreti. Con una narrazione vivace, che si alimenta dell’immediatez­za del tempo presente, Dröge va ben oltre l’accurata ricostruzi­one storica della vicenda: «Ogni confine è arbitrario, a seguito di una spartizion­e ci sarebbe sempre qualcuno che finirebbe nel Paese “sbagliato”», osserva.

Il territorio di Moresnet, nello specifico, «non è tedesco, olandese o belga in modo inequivoca­bile». Si compone di tedescofon­i, belgi, neutrali, olandesi, e anche francesi, svizzeri e americani. «Non vi è dunque una vera identità nazionale, si tratta di una società multicultu­rale avant la lettre».

Nulla del contenuto di questo libro è inventato, ci tiene a precisare l’autore nella premessa, eppure attorno a tutto ciò che è «documento» egli riesce a comporre una trama corale, animata da personaggi specchio della società che rappresent­ano.

Indimentic­abile, in tal senso, la scena iniziale: siamo nell’autunno del 1810 quando in una delle sale da bagno del Palazzo di Fontainebl­eau fa il suo ingresso un uomo basso di statura, un po’ corpulento e dai capelli

lisci. Con passo deciso si dirige «verso la singolare vasca di metallo che si trova al centro della sala». Si tratta nientemeno che di Napoleone Bonaparte, quasi fotografat­o nell’atto di scavalcare, una gamba dopo l’altra, il bordo alto della vasca. «Può essere contento, nessun altro nel continente europeo possiede una vasca meraviglio­sa come la sua. Nemmeno lo zar di Russia».

Un’apertura da romanzo, che serve a Dröge per introdurre Jean-Jacques Daniel Dony, che ha inventato e regalato la vasca a Napoleone, ma soprattutt­o ha da lui ottenuto la concession­e per scavare i giacimenti di zinco di Kelmis e dintorni. Qualche anno dopo queste miniere rivestiran­no un ruolo cruciale proprio nella contesa di Moresnet. Lo sguardo si sposta poi sul Congresso di Vienna (1815), dove i potenti sono riuniti per tracciare le nuove frontiere dell’Europa, ma la fuga di Napoleone dall’Elba li spinge ad accelerare: «In gran fretta definiscon­o la mappa dell’Europa. Tracciano i confini con delle matite dalla punta grossa, così grossa che interi Paesi scompaiono sotto le linee».

Tra essi, il Moresnet, sul quale i colloqui tra Paesi Bassi e Prussia continuano, senza giungere a una conclusion­e perché proprio in quell’area contesa si trova appunto la miniera di calamina con cui si possono produrre i preziosi ottone e zinco.

In attesa della decisione, che mai arriverà, i due Paesi stabilisco­no di amministra­re congiuntam­ente la zona e di dividere i proventi della miniera. Concordano anche di non inviare militari in questa fascia di frontiera, il cui territorio diventa neutrale. Una «terra di nessuno», con molti problemi di natura diversa: «Ad esempio, i cittadini possono uscire dal territorio? Quale legge si applica? Chi si occuperà dell’amministra­zione pubblica e in che modo?»

Bisognerà attendere il 10 gennaio 1920, giorno di entrata in vigore del Trattato di Versailles, affinché i cittadini di Moresnet diventino ufficialme­nte belgi.

Un libro a cui Roberto Keller, titolare della casa editrice Keller di Rovereto, tiene molto: «Spesso capita che chi vive in zone di frontiera come la nostra sia abituato all’idea

 La forza del volume? Raccontare la grande storia con gli occhi di un paesino di soli 250 abitanti

di un confine definito da precise vicende storiche. Moresnet insegna invece che i confini sono tantissimi e che l’idea stessa di confine è molto ampia. La forza di “Terra di nessuno” sta nella capacità di raccontare la grande storia dalla prospettiv­a di un paesino di duecentoci­nquanta abitanti», conclude.

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Storia e leggende Philip Dröge , in «Terra di nessuno» racconta la realtà di Moresnet , fra ieri e oggi
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