Locali aperti per i residenti ma la fascia lago è chiusa «Senza turisti non c’è vita»
Spiagge, arrivano gli steward e più bagni Luca: ho curato il Covid, cambio orizzonte Mecki’s, vincono il toast e la cassa speciale
«Un macchiato e un liscio». Mentre al caffè San Marco, nella centralissima via Roma di Riva del Garda, una coppia si siede al tavolo e ordina il primo caffè dopo due mesi di lockdown, due bimbi sfrecciano in monopattino e si infilano in piazza, lasciando sul selciato polvere e risate che si intrecciano con le chiacchiere dei tavolini dei bar e delle persone che fanno shopping. Ma varcata porta San Marco e imboccata via Fiume il rumore si quieta: c’è silenzio, davanti alle saracinesche abbassate di pizzerie e locali, c’è silenzio in piazza Catena, c’è silenzio tra i tavoli di locali e gelaterie abituate ad abbracciare i turisti che qui arrivano con i traghetti da Veneto e Lombardia o tedeschi e stranieri che soggiornano negli hotel adiacenti. E simile è il volto che al risveglio dal lockdown la vicina Torbole porge ai primi visitatori. In attesa, spasmodica, dei turisti.
La voglia di sorridere
Nel cuore commerciale di Riva, quello a uso e consumo anche dei residenti (tra Arco e Riva soltanto si superano le 35.000 persone), si prova a ripartire. Certo i tavolini, già ridotti per rispettare le distanze, sono occupati per meno della metà. Ma gli occhi e il cuore guardano a nord. «Stamattina venendo al lavoro — spiega Matteo Gheser del ristorante Riva Mia — avevo davanti una macchina con targa tedesca. Non mi pareva vero. Incrocio le dita: ma se a metà giugno arrivano i turisti potrò riassumere tutti i miei collaboratori, ora sono a un terzo. Certo non possiamo permetterci un altro lockdown, sarebbe la fine. Attrezziamoci e prepariamo i presidi sanitari». Una famiglia con due bimbe sotto i 5 anni nel frattempo prende posto. «Paura? — dice il papà — no assolutamente. Con due bimbe in casa appena abbiamo potuto siamo usciti per pranzare al sole.Volevamo dare anche una mano all’economia, ne hanno bisogno».
Poco più distante, al bar Dante, tre amici riassaporano il piacere di un aperitivo. «Hanno fatto del terrorismo – dice Fabio – se la gente fosse rimasta in condominio sarebbe morta di altro». Poi si porta la mano al mento, dove ha abbassato la mascherina. «Finché però dovremo indossare questa, ammesso che serva a qualcosa, non è normalità». Due vigili si affacciano sulla via. Entrano ed escono dai locali. Alla gelateria Dolce Stella il cameriere si avvicina gentilmente a due ragazze: «Se non siete parenti — le corregge – non potete sporgervi da un tavolo all’altro, ma dovete stare ai vostri posti». No, non è normalità. Forse, in nome della libertà, si digeriranno anche queste prassi. Ma ora, così, la brioche o l’aranciata hanno un retrogusto un po’ amaro. E sebbene la maggioranza non abbia paura «qualcuno — spiega Valter Bortolotti del San Marco — è ancora spaventato: anche se ho distanziato i tavoli un signore mi ha chiesto di spostarsi ancora un po’».
La fame di turismo
La Riva che attende i turisti ha la sguardo più triste. Qualcuno pulisce i tavolini, altri le vetrate nei bar vuoti di piazza Catena. L’aspirapolvere a terra, le mani sui fianchi, Walter Pilo, padre del titolare del
Moby Dick e due colleghi dell’Hotel Sole guardano sconsolati i traghetti fermi: «Da sempre le nostre attività sono luogo di socializzazione — afferma — Se questa viene frustrata perde la sua ragion d’essere. Ho ridotto i tavoli da 78 a 35, ma senza turisti e senza eventi che fare? Lo scorso anno abbiamo organizzato trenta concerti dal vivo».
Torbole
E medesimo scenario si profila a Torbole, reginetta del turismo straniero e tedesco. Pochi i bar aperti. La piazza è vuota, al Wind’s, affollato (di norma) bar sulla strada che conduce a Malcesine, un uomo fa lavori di tinteggiatura. Chi invece nemmeno il Covid è riuscito a fermare è il Mecki’s: «Questa — dice orgoglioso Lucio Beltrami — è la nostra 58esima stagione». E mostra fiero il registratore di cassa: «Penso siamo gli unici ad averlo nella zona, lo abbiamo acquistato l’anno scorso, ci consente di non toccare il denaro. Anche a noi mancano i turisti, ma abbiamo vari tipi di clientela». Il Mecki’s si affaccia sulla ciclabile che collega Trento con il Garda. «E di ciclisti anche ieri eravamo pieni». Il valore aggiunto, però, è il toast farcito di mamma Mery: «Lo faccio da cinquant’anni — afferma la madre, ancora in prima linea, senza paura — La salsa la preparo io».
In costume
Sulle spiagge desolate solo un paio di persone sfidano i divieti, in vigore ancora pare per poco, di balneazione e ristoro. Puntini quasi invisibili nel sole bianco del mezzogiorno. «Mi aspettavo di trovare qualche locale aperto – afferma Luca, dietista all’ospedale di Bolzano, al lago con la moglie e il figlio adolescente — Avevamo bisogno di cambiare orizzonte». Luce, azzurro sopra e davanti agli occhi, per chi ha lavorato con il Covid sono una bella conquista: «Non ho paura — prosegue con pragmatismo — Abbiamo vissuto giorni difficili ma siamo riusciti tutto sommato a gestire l’emergenza. Io non ero in reparti Covid e ci sono stato spostato per dare una mano nella fase dell’emergenza».
Per ora le spiagge restano in stand by, in attesa di un’ordinanza provinciale in materia. Ieri, nella conferenza dei sindaci, i primi cittadini hanno condiviso l’idea di potenziare il servizio Spiagge sicure. Arriveranno gli steward a controllare le distanze e saranno implementati i servizi igienici, spiegano i sindaci di Riva e Nago Torbole Adalberto Mosaner e Gianni Morandi.