Mart, difendo la nomina di Ferretti e dico no ai raccomandati esterni
Non può non stupirmi che persone intelligenti e che stimo, amplificando la voce di artisti rispettabili ma non proprio «di grande rilievo» (assenti altri come Laurina Paperina, Federico Lanaro, Michele Parisi, Giorgio e Livio Conta, Luciano e Ivan Zanoni, Luca Coser, Anna Scalfi, David Aaron Angeli, Paolo Tait, Matteo Boato, Luigi Prevedel, Paolo Colombini, Albino Rossi, Pietro Weber, Aldo Pancheri, Pietro Verdini, Mariano Fracalossi, Paolo Vivian, Mirko Demattè, Lome (Lorenzo Menguzzato, Barbara Cappello, Egidio Petri, Florian Grott ed altri), scambino strumentalmente un’argomentata posizione e una legittima risposta per l’intenzione di «negare e screditare palesemente l’operato di un folto gruppo di artisti, tra i più importanti del territorio, e il saldo legame reciproco con la struttura museale, offendendo anche chi in Trentino ha sostenuto nel tempo e continua giustamente a sostenere questi artisti».
Offensive banalità e insensatezze sono anche le dichiarazioni, smentite da indicazioni e programmi precisi che richiedono il tempo necessario per svolgersi (meno di un anno, senza contare il coronavirus), come: «il museo giace in un limbo senza nessuna visione né del territorio né per il futuro», indegne di persone serie come Marco Boato, evidentemente mal informato. Proprio «Galassia Mart», pazientemente elaborata con il contributo locale e «territoriale» di Franco Panizza, ne è la più evidente smentita.
Ancora più grave, di fronte alla tempestività del presidente Fugatti, l’accusa, che mortifica un dirigente di straordinaria qualità, che ha lavorato all’unisono con Maraniello, nei toni sgradevoli: «con un ritardo ingiustificabile e irresponsabile, vediamo oggi annunciare un’inaccettabile soluzione ad interim (Diego Ferretti, ndr)». Inaccettabile da chi?
E pleonastica la pretesa: «che d’urgenza si provveda all’individuazione del direttore in una figura con le adeguate competenze, esperienza e titoli, come da regolamento. È dovere della giunta assicurare la prosecuzione della condotta del Mart, essendo interesse della giunta stessa tutelare, valorizzare e soprattutto difendere le eccellenze del territorio». Banalità e luoghi comuni. Parole vuote.
I distratti antagonisti pervicacemente ignorano la mia volontà di favorire e sostenere le forze interne («tutelare»... «valorizzare»... «ecce llenze», naturalmente... «del territorio»), da anni attive come presidio del museo e non meno autorevoli degli artisti sostenuti e amplificati. Ho infatti precisato con chiarezza le mie convinzioni, espresse d’accordo con Maraniello, indicando l’alto profilo del direttore Ferretti e la mia volontà di lasciare a lui tutta la responsabilità amministrativa (la direzione generale delle Belle arti del Ministero dei Beni culturali fu lungamente retta da una straordinaria personalità, Gino Famiglietti, laureato in Giurisprudenza) e affidare proposte e valutazioni di merito ai conservatori e curatori di lungo corso, formati dalla Belli e da lei non fino in fondo valorizzati, come fa fede il documento, che ho già reso noto, di uno di loro: «Caro Vittorio, ti ringrazio tantissimo non solo per la fiducia, ma anche per le tue parole. Gabriella Belli aveva sempre posto il “veto” (letteralmente) sulla nomina delle sue curatrici e chiamato persone esterne. Tu hai ribaltato tutto e hai capito che questo museo per noi è stata una grande scuola. Il tuo è stato un discorso di grandissima intelligenza e sensibilità, una vera lezione».
Ma, davanti alla irragionevole resistenza per questo proposito democratico, ho anche aperto alla ipotesi di un concorso, già previsto dalla Provincia, indicando che avrei comunque preferito (e favorito) la nomina di un interno. E non necessariamente tra i «dirigenti». Quelli che hanno, dentro il museo, per esperienza e cultura, titoli e competenza sono 6 o 7 e quindi, in un modo o nell’altro, perfettamente adeguati, nel rispetto del loro lavoro al Mart. Né posso accettare la prepotente conclusione che la mia generosa e rispettosa risposta sia ignorata e rovesciata con il generico richiamo al «regolamento», umiliante per chi lavora da tanti anni al Mart. Meglio, dunque, per i noti intellettuali, adusi a firmare manifesti senza documentarsi su persone e progetti (indegna l’aggressione a Ferretti), un esterno raccomandato dalle lobby mafiose del mercato dell’arte. Finché ci sono io, non passerà.