Corriere del Trentino

«La notte fatico a dormire, abbiamo chiesto controlli ma nessuno ci ha ascoltate»

- A.M.

«La notte faccio fatica a dormire. Abbiamo chiesto controlli, ma nessuno ci ha ascoltate» Testimone invisibile della malattia negli ospedali e nelle case di riposo, ma con un rischio equiparabi­le a quello di medici e infermieri. È così che si sente Laura Marisa, 54 anni. Da quasi trent’anni è impegnata nel settore delle pulizie. Sin da inizio emergenza si è occupata di pulire i reparti Covid all’ospedale S. Maria del Carmine di Rovereto. «Siamo invisibili — spiega amareggiat­a — Abbiamo avuto gratificaz­ioni verbali da parte di una fetta di medici e infermieri, ma niente di concreto. Né dal punto di vista economico né da quello dei controlli. Di tamponi o test sierologic­i non abbiamo visto nemmeno l’ombra».

Come ha vissuto l’emergenza della fase uno da lavoratric­e in prima linea?

«I primi giorni mi sono sentita smarrita. Sono partita tra le prime a seguire il corso di vestizione e svestizion­e per lavorare nei reparti Covid. Anche solo a vedere tutte le protezioni da indossare, io le mie colleghe ci siamo sentite smarrite. Quando ho iniziato a vedere le condizioni in cui arrivavano i pazienti è subentrato un altro fattore psicologic­o. Tutto il turno, dall’inizio alla fine, lo si viveva con una grande tensione addosso. E una volta finito di lavorare questa sensazione non passava, anzi. Se possibile aumentava. Ero spaventata di trasformar­mi in un veicolo di contagio per mio marito e i miei due figli tornando a casa. Mai vista una cosa del genere in trent’anni di lavoro».

Ha visto riconoscer­si l’importanza del lavoro che svolge?

«Una parte di medici e infermieri ci ha considerat­o da subito loro pari. Bardati da capo a piedi come loro e con il nome scritto sulla tuta per riconoscer­ci ci hanno riconosciu­te come loro pari. Dalle parole non si è passati ai fatti. Le nostre richieste di essere controllat­e con tamponi o test sierologic­i sono cadute nel vuoto».

Il carico di lavoro è aumentato in questi due mesi.

«Sapevamo l’orario in cui iniziavamo, mai quello di fine turno. Dalle cinque ore siamo passate alle sette o otto sistematic­he. Percepite, però, le ore di lavoro erano dodici con tutte le protezioni addosso e lo stress mentale accumulato ogni giorni».

È cambiato anche il modo di lavorare?

«La pulizia è molto più approfondi­ta. Ora tutto deve essere anche disinfetta­to, oltre alla semplice detersione. Letti, pareti, oggetti: tutto deve essere passato due volte e con molta attenzione».

Ora che siamo entrati nella fase due la situazione si è alleggerit­a?

«Come numero di ore siamo tornati a dei turni abbastanza regolari. Una semi-normalità. Ma dal punto di vista psicologic­o, ad essere sincera, ora è quasi più difficile. Con il calo dell’adrenalina mi sono tornate in mente le scene a cui ho assistito. Malati ovunque. Nelle ultime settimane faccio fatica a dormire. Chi non ha visto quello che abbiamo visto non riesce a capire appieno, anche tra le mie colleghe che non hanno lavorato nei reparti Covid. Sono molto stanca. Per fortuna ora ho qualche giorno di ferie per provare a riprenderm­i».

Invisibili

Pulivo i reparti Covid di Rovereto Di tamponi o test sierologic­i non abbiamo visto l’ombra

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Una addetta alle pulizie in corsia Sono circa mille le lavoratric­i e i lavoratori impegnati nelle Rsa e negli ospedali
Esposti Una addetta alle pulizie in corsia Sono circa mille le lavoratric­i e i lavoratori impegnati nelle Rsa e negli ospedali

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