NORDEST, SI PUNTA SUL GREEN
Un altro modello di sviluppo è possibile. Anzi, è necessario. Da anni gli scienziati lanciano l’allarme sul riscaldamento globale, l’innalzamento dei mari (Venezia, 12 novembre 2019, acqua a 187 centimetri), lo scioglimento dei ghiacciai (quello della Marmolada è, letteralmente, agli sgoccioli). Nel settembre scorso Greta Thunberg, ha urlato la rabbia di un’intera generazione per le sorti del pianeta davanti all’assemblea dell’Onu. Poi è arrivato il Coronavirus. Uno shock che ha sbattuto in faccia a tutti una serie di interrogativi sul rapporto tra ambiente e salute. Allora anche gli scettici e i cinici hanno capito: bisogna voltare pagina. Subito. Giuseppe Conte lo ha ribadito non più tardi di due giorni fa: i 172 miliardi che potrebbero giungere dall’Europa devono servire per cambiare l’Italia. E una buona fetta di queste risorse sarà destinata proprio alla svolta green, una strada obbligata, la sola in grado di garantire crescita, posti di lavoro, benessere. In sostanza, il rilancio del Paese. Sia chiaro, a Bruxelles la partita è appena cominciata. Ma il piano Next Generation Eu riprenderà quel Green New Deal che Ursula von der Leyen aveva delineato prima dell’esplosione della pandemia.
Sostenibilità sarà la parola d’ordine della nuova Europa. E di un’Italia che vuole (finalmente) progettare il futuro. La 46° edizione della Giornata mondiale dell’ambiente giunge dunque in un momento chiave, a segnare davvero un nuovo inizio.
Se questo è lo scenario, il Nordest è chiamato a un ruolo di primissimo piano. Di più, a essere la guida del Rinascimento post Covid. Nel nuovo triangolo industriale, tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (e su, verso il Trentino Alto Adige, pioniere dell’attenzione ambientale) si stanno sperimentando «buone pratiche», spesso in un mix vincente pubblicoprivato, alle quali l’intera penisola dovrebbe guardare. Secondo il Rapporto GreenItaly, condotto da Fondazione Symbola e Unioncamere, il 26,5% delle imprese del Nordest ha investito negli ultimi tre anni in prodotti e tecnologie green. In testa, il Trentino Alto Adige, con una quota del 29%. Il Nordovest si ferma al 25,3%, la media nazionale è del 24,9%. Nello specifico, in provincia di Bolzano si contano 5.124 imprese green, a Trento 4.770. Quanto all’occupazione, nel 2019 sono stati sottoscritti 10.965 contratti relativi a cosiddetti green jobs. Il dato più importante, però, è un altro: il Trentino Alto Adige è la regione con la maggiore incidenza di «lavoratori verdi», il 15,2% del totale, sopra il 15% dell’Emilia Romagna e il 14,9% della Lombardia. Non basta. Il Trentino Alto Adige è indicato da Legambiente tra i campioni dell’economia circolare, l’«economia delle Tre Erre»: riduci, riusa, riutilizza. Alla base, una raccolta differenziata che ha toccato il 72%, secondo posto dietro al Veneto.
Insomma, il tema ambientale è ormai centrale nel sistema produttivo che si snoda lungo la valle dell’Adige. Aquafil, ad Arco, è antesignana nei tessuti da biomateriali riutilizzati. L’agenzia Klimahouse di Bolzano ha messo a punto criteri e standard per il risparmio energetico nelle costruzioni adottati a livello internazionale. Progetto Manifattura, a Rovereto, è punto di riferimento nel campo delle tecnologie «pulite». L’elenco potrebbe andare avanti. Si può (si deve) fare di più: sostenibilità fa rima con competitività.