PANDEMIA, LE PAROLE ADOTTATE
Come ogni evento inaspettato e spaventoso, una guerra, un terremoto o un’epidemia, anche il coronavirus ha visto inventare o riciclare (re)interpretandole, parole e frasi presto adottate da quasi tutti. È un fenomeno che potrebbe condensarsi in un dizionario. Ecco qua, per ora, alcuni termini e modi di dire che hanno arricchito (o impoverito) il nostro lessico sociale. «Andrà tutto bene»: inevitabile collegare la rassicurazione a quella che, in vari film a stelle e strisce, vien pronunciata a chi si trova nei guai, o anche in punto di morte, da parte di chi cerca di confortarlo. Aspettare: ma cosa? Che arrivino «i nostri», nella fattispecie il vaccino-deus ex machina, e intanto restar fermi un giro? Assistenti civici: è la nuova trovata antivirus. Si tratterebbe di cittadini che, in divisa ma senza poteri repressivi né paghe in quanto volontari, avrebbero il compito di educare gentilmente gli indisciplinati e i cretini, inducendoli all’ubbidienza ai protocolli. Mi piacerebbe ascoltare, se la proposta andrà in porto, le risposte degli educandi, magari in una parodia di Crozza. Animali: protagonisti della quarantena si son rivelati i cani, tutti felici e stupiti del fatto che i padroni abbiano deciso di portarli a spasso più volte al giorno. Contagi: abbiamo riletto in molti «La peste» di Camus, e ci siamo commossi paragonandone le scene ai trasporti funebri in camion militari verso crematori lontani. Abbiamo visto in pochi, invece, il film «Contagion» di Soderbergh, troppo coinvolgente, realistico e perturbante in tempo di covid-19.
Lockdown: ecco un anglismo adottato quasi da tutti. Si può sostituire con clausura, confinamento, quarantena, perché sta a indicare il periodo in cui ci è stato prescritto di stare in casa per salvaguardare la salute di tutti, ma è vero che «lockdown» è, nell’infinita ricchezza della lingua di Shakespeare, una sintesi efficace che oltretutto ci fa sentire poliglotti.
Guerra: paragone fin troppo usato, come vari termini militari. Ma la guerra presuppone un nemico concreto, mentre il virus è invisibile, volatile, sconosciuto ma atroce, come sono stati concreti e atroci i morti che ne son derivati. Immagini: il covid-19 è, si sa, infinitamente piccolo, ma al microscopio lo si può ingrandire traendone un’icona che può far pensare a una torta di fragole, oppure un fiore, o ancora un gioiello. A futura memoria? Mascherine: è la parola dell’anno. Per molto tempo introvabili, poi rare e oggetto di speculazioni, ora ciascuno, specie se di sesso femminile, ne possiede una discreta quantità di varie fogge, prezzi, efficacia e colori. Ma con l’estate si cerca soprattutto di intonarle ad abiti e t-shirt. Immuni: è il nome di una app applicabile a uno smartphone per individuare eventuali viaggi e soste del contagio. Virologi: era una professione quasi sconosciuta, come chi la praticava. Ora sono i nuovi eroi, dopo medici e infermieri. Dei vice-dio super-intervistati, fotografati, provvisti di centinaia di fan che neanche un divo hollywoodiano, ma non sempre in grado di rispondere con sinottica chiarezza alla semplice domanda che tutti si fanno, e li fanno: «Quando finirà?». Risposta (fra le righe di prolisse discettazioni): «Boh».