«Dalla marcia sono passato al giardino»
John Mpaliza, attivista per la pace di origini congolesi, come ha vissuto la quarantena? E dove?
«L’ho trascorsa tutta in Trentino, a casa, rispettando tutte le regole emanate dalle autorità. Ma non ho sofferto di claustrofobia perché posso dirmi fortunato: ho un giardino che in quei due mesi ho curato, dedicandomi appunto al giardinaggio».
È stato davvero fortunato, c’è chi non aveva nemmeno un balcone a cui affacciarsi.
«Immagino chi ha vissuto il lockdown chiuso in un appartamento, in cima a un condominio, oppure a chi un tetto e una casa nemmeno li possiede. Per questi ultimi, dobbiamo ricordarci di ringraziare i tanti volontari che si sono resi disponibili nell’aiuto ai poveri».
Lei è famoso per le sue lunghe cammina te, per la marcia «Restiam o Umani» che l’ha condotta fin dal papa. Come ha fatto a resistere alla tentazione di mettersi in viaggio?
«La legge va rispettata, ma soprattutto la salute delle persone. Se non sono uscito non l’ho fatto per me, ma per gli altri. E fermarsi un attimo credo poi che faccia bene, perché nell’isolamento e nella solitudine si può riposare, ma si può anche pensare a quello che sta succedendo». E cosa sta succedendo?
«Ho capito che nessuno è isolato dagli altri, che siamo tutti uniti, come fossimo vasi comunicanti. A volte non ci si accorge, perché siamo concentrati su quello che avviene soltanto qui, ma il virus, la sofferenza, ha colpito molte parti del mondo, anche la mia Africa, dove si continua a morire non solo di coronavirus ma di tutto il resto che ora viene ignorato».
Ora ci si può muovere, può tornare a camminare per la pace.
«E sono felice, perché la mia missione mi porta in stretto contatto con le persone, è fatta di strette di mano, di abbracci, di incontri reali. Devo aspettare ancora un po’, anche perché di solito il confronto è con i ragazzi delle scuole, e ora sono chiuse. Spero che da settembre ci sia la possibilità di riprendere davvero il cammino».