Corriere del Trentino

Il dubbio di Dragone «Nelle mafie moderne difficile dimostrare l’atto di intimidazi­one»

- Tommaso Di Giannanton­io

TRENTO «La caratteris­tica più insidiosa di determinat­i personaggi è che hanno una capacità intimidatr­ice sottintesa quando stringono accordi con i politici e la realtà economica del Nordest». Un territorio che nel giro di cinque giorni ha visto la concretizz­azione di due rilevanti operazioni antimafia: quella che giovedì scorso ha sgominato un «locale» di ‘Ndrangheta di Verona e l’operazione Freedom che nella notte tra lunedì e martedì ha portato a venti arresti riconducib­ili a un altrettant­o presunto «locale» di ‘Ndrangheta di Bolzano. «Due inchieste che hanno caratteris­tiche simili e che possono essere messe a confronto», spiega l’ex procurator­e capo di Trento Stefano Dragone, attualment­e responsabi­le del «Gruppo di lavoro in materia di sicurezza» della Provincia e componente dell’«Osservator­io per il contrasto alla criminalit­à organizzat­a e mafiosa e la promozione della trasparenz­a» della Regione Veneto.

Dottor Dragone, lei è stato a capo della Procura di Trento per sette anni, che effetto le ha fatto sapere degli arresti eseguiti a inizio settimana?

«Diciamo che non sono rimasto meraviglia­to più di tanto. Io abito a Verona e qui il fenomeno dei collegamen­ti e dell’operativit­à di alcuni soggetti ‘ndrangheti­sti con la realtà economica è abbastanza noto. Mi sono sempre chiesto perché non dovesse accadere un fenomeno del genere anche in Trentino-Alto

Adige».

Lei non aveva avuto nessun sentore?

«Onestament­e no. Gli unici aspetti di criminalit­à di un certo rilievo erano quelli collegati allo spaccio».

Qual è la particolar­ità del fenomeno mafioso al Nord?

«Nel Centro-nord e nel Nordest le infiltrazi­oni mafiose non vanno legate necessaria­mente a episodi di violenza esplicita, come può essere un attentato o la minaccia con il maialino tagliato. Diciamo che in questi territori i mafiosi hanno una capacità intimidatr­ice sottintesa quando stringono accordi con i politici e la realtà economica. Questa è anche la loro caratteris­tica più insidiosa».

Le due inchieste che stanno portando avanti la Direzione distrettua­le antimafia di Trento e la Dda di Venezia possono essere considerat­e equiparabi­li?

«Sono due inchieste che hanno caratteris­tiche simili e che possono essere messe a confronto, ma presentano una differenza rilevante: in Veneto il collegamen­to con il tessuto economico dura da molto tempo, mentre in Trentino, ma anche in Alto Adige, è un fenomeno che ha una vita molto più breve».

Come avviene il collegamen­to con il tessuto economico e istituzion­ale?

«Le infiltrazi­oni mafiose avvengono per fare soldi. Si cerca il politico per proteggere e garantire un appalto, mentre si agevolano gli imprendito­ri economici attraverso l’esclusione di altri imprendito­ri oppure attraverso l’offerta di una garanzia per un mutuo. Vorrei ritornare su un punto però».

Prego.

«Per distinguer­e l’associazio­ne di stampo mafioso dalle altre associazio­ni delinquenz­iali è necessario documentar­e la forza intimidatr­ice. Ma quando non ci sono gli attentati o le minacce con le armi, insomma quando non ci sono intimidazi­oni esplicite, è più difficile dimostrare l’esistenza della mafia. Questo è un problema che è uscito fuori giuridicam­ente a Roma. Non è facile certificar­e la forza intimidatr­ice implicita con la quale i mafiosi stringono accordi con realtà istituzion­ali e economiche».

Antonio Nicaso, tra i massimi esperti al mondo di ‘Ndrangheta, ha parlato anche del ruolo giocato da profession­isti come avvocati o commercial­isti, che attraverso condotte agevolatri­ci favoriscon­o il radicament­o dei gruppi mafiosi nei territori lontani da quello di origine. Un aspetto che nell’ultima operazione non è venuto alla luce.

«È probabile che ci sia un’area grigia, ma bisogna aspettare l’esito finale delle indagini. La capacità investigat­iva della Procura di Trento è ancora più penetrante di quello che si può immaginare».

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