Terremoto nel Pd: Tonini si dimette
Lascia l’incarico di capogruppo. Dietro alla scelta lo scontro con Olivi su Kaswalder
Giorgio Tonini ha lasciato la guida del gruppo consiliare del Pd. «Dimissioni irrevocabili», quelle di Tonini, che ufficialmente riguardano «problemi familiari e di salute» ma anche in realtà, secondo le indiscrezioni, sarebbero legate al caso Kaswalder. E in particolare alle divergenze emerse nell’ultima riunione tra partiti di opposizione e anche tra Tonini e il suo collega di gruppo Olivi. «Ora la mozione di sfiducia» tiene duro però il gruppo dem.
TRENTO Poche righe, inviate via mail ai colleghi di gruppo dopo aver avvisato — via messaggio — la segretaria del suo partito Lucia Maestri: «Con la presente — ha scritto l’ormai ex capogruppo del Pd Giorgio Tonini — rassegno le dimissioni da presidente del gruppo, provinciale e regionale. Si tratta di una decisione irrevocabile, dettata da insuperabili ragioni personali e di salute. Vi ringrazio per la fiducia accordatami a inizio legislatura e vi saluto cordialmente». Una mail che è arrivata poche ore dopo una riunione delle minoranze sul caso Kaswalder terminata senza risposte precise. E che, soprattutto, ha palesato non solo sfilacciature e tentennamenti all’interno dell’opposizione. Ma anche — secondo più di una lettura circolata ieri — una distanza tra lo stesso Tonini e il collega pd Alessandro Olivi.
Due fattori che avrebbero pesato con forza sulla decisione dell’esponente dem di farsi da parte e lasciare un incarico che facile, in realtà, non è mai stato. Durante la riunione delle minoranze, in sostanza, Tonini (che sul caso Kaswalder è sempre stato netto) ha rilanciato l’idea delle dimissioni in blocco dei tre membri di opposizione dell’ufficio di presidenza (Degasperi, Dallapiccola e Olivi), in modo da congelare qualsiasi tipo di azione del presidente del consiglio. Prospettiva non nuova, ma che ieri gli interessati hanno messo in dubbio, ponendo sul tavolo il rischio di conseguenze giuridiche nei loro confronti nel caso di un blocco del funzionamento dell’organismo. Uno stop che probabilmente Tonini non si aspettava. E che si è aggiunto alle divisioni interne all’opposiconvocare, zione di questi giorni, tra riserve e cambi di rotta che, di fatto, hanno trasformato un gol a porta vuota in un campo minato.
«L’ho saputo stamattina (ieri, ndr)» ha commentato Maestri, che si è affrettata a nel pomeriggio, il gruppo consiliare per tentare un possibile ricompattamento. Che non è avvenuto. Tonini ha mantenuto la sua posizione. E, al suo posto, per ora i dem non hanno indicato nessuno: se ne riparlerà nei prossimi giorni, quando gli animi si saranno un po’ rasserenati. Al termine dell’incontro, il gruppo ha diramato un comunicato per ringraziare l’ex capogruppo. E indicare le prossime mosse. In primo luogo interne. «Nei prossimi giorni — si legge — dopo aver concordato insieme le nuove modalità organizzative interne al gruppo, lo stesso proseguirà nelle proprie attività, con proposte e iniziative che riguardano le difficoltà di questo periodo emergenziale». Quindi la questione Kaswalder: «Il Pd e il gruppo consiliare rimarcano la necessità di procedere tempestivamente con il deposito di una mozione di sfiducia verso il presidente del consiglio. Il gruppo si farà carico di condividere tale documento con le minoranze consiliari».
A «salutare» Tonini è stata anche Futura. «Abbiamo appreso con stupore — hanno sottolineato ieri Paolo Ghezzi e Lucia Coppola — la decisione di Giorgio Tonini, che è stato anche il candidato della nostra coalizione, di dimettersi da presidente del gruppo consiliare del Pd. Lo vogliamo ringraziare per il suo impegno in questi venti mesi, in cui grazie alla sua esperienza e intelligenza politica ha sempre cercato il dialogo e il confronto sia tra le minoranze sia con la maggioranza. Siamo sicuri che, anche da semplice consigliere, non farà mancare un apporto intellettuale che sa elevare il livello del dibattito politico-istituzionale».
Tornano a puntare l’attenzione sulla questione Pruner e a indicare la strada delle dimissioni dall’ufficio di presidenza dei tre di minoranza, invece, Mario Raffaelli e Laura Scalfi di Azione: «Di fronte alla sentenza che ha ritenuto ingiusto il licenziamento di Walter Pruner i rappresentanti delle minoranze hanno a disposizione solo due opzioni: o sostenere un eventuale ricorso del presidente (se ritengono immotivata la sentenza di primo grado) diventando con questo corresponsabili delle sue scelte (compresa la necessità di tagliare risorse del bilancio del consiglio per accantonare un fondo per coprire le spese legali e quelle relative all’eventuale risarcimento) o rassegnare le dimissioni, prendendo così le distanze dalle responsabilità politiche e formali di questa vicenda. Auspichiamo fortemente che scelgano quanto prima la seconda opzione».