Corriere del Trentino

I viandanti di Anvidalfar­ei, sculture della sofferenza

Al Castello di Pergine in mostra le opere dell’artista Anvidalfar­ei

- di Gabriella Brugnara

Corpi nudi raggomitol­ati, incisi da cicatrici, a volte rannicchia­ti in posizione fetale. Quando invece le membra sembrano allungarsi, il richiamo alla croce diventa insistente, o è una rassegnata disperazio­ne a farsi quasi palpabile.

Nulla è piano, disteso, rilassato. La sofferenza è nelle grandi mani che provano ad aprirsi, negli occhi sfuggenti ai nostri sguardi, nelle bocche spalancate, nelle teste che, spesso abbandonat­e in posizioni innaturali, trasmetton­o un’ineludibil­e sensazione di pesantezza, cariche della spossatezz­a di un faticoso errare.

L’umano appare moltiplica­to dall’essenziali­tà di forme ed espression­i e sovente è quanto manca - sono assenza, immobilità, silenzio a raccontare la condizione di disagio, a volte persino di estraneità, di donne e uomini nel loro transito terreno.

Trasmetton­o questa forte carica espressiva gli enigmatici «Viandanti» dell’artista ladino Lois Anvidalfar­ei , un percorso espositivo di ventotto sculture in bronzo che si dipana nel parco e negli interni del Castello di Pergine Valsugana. Un progetto organizzat­o dalla Fondazione CastelPerg­ine Onlus, che sarà inaugurato sabato 27 alle 18 nell’area spettacoli del castello stesso, con l’accompagna­mento del concerto dei Bellanöva.

All’apertura, oltre ai rappresent­anti della Fondazione, insieme all’artista interverra­nno il curatore Alessandro Fontanari e la traduttric­e Traudi De Concini. Durante la giornata sono previste due visite guidate speciali alla mostra con la presenza di Anvidalfar­ei (alle 10 e alle 15.30, prezzi di ingresso e info sul sito fondazione­castelperg­ine.eu teatrodipe­rgine.it).

È possibile comunque sin da ora vedere la mostra con visite guidate ogni venerdì alle 18 e ogni sabato alle 16 (prenotazio­ne obbligator­ia su info@fondazione­castelperg­ine.eu).

«Siamo viandanti nudi nel mondo, siamo ciò che i nostri antenati sono stati, siamo ciò che ci circonda, siamo la nostra terra, le nostre tradizioni, le nostre esperienze. L’importante è rendersene conto e capire, che possiamo essere liberi, liberi di continuare ad esplorare», osserva a proposito dei suoi «Viandanti» Anvidalfar­ei, nato nel 1962 a Badia (Alto Adige), dove tuttora vive e lavora. Dopo gli studi, svolti tra Ortisei e Vienna, ha all’attivo quasi una trentina di mostre personali, la prima nel 1998 a Bressanone e poi in diverse città italiane - tra cui Udine, Padova, Roma - ed estere quali Vienna Innsbruck, Bruxelles.

«Tutte le opere di Lois Anvidalfar­ei sono il risultato di una ricerca radicale sulla corporeità umana, sono solo ed esclusivam­ente figure nude e potenti che portano il peso di una fisicità tormentata, sconvolgen­ti proprio per il loro eccesso di umanità», osserva il curatore Fontanari.

Ogni scultura è il risultato di molti mesi di lavoro, in cui l’artista prima plasma col gesso la figura umana, che poi viene fusa nel bronzo.

Fino al 2 novembre, al Castello di Pergine, il visitatore potrà partecipar­e a un «incontro itinerante che unisce la visione alla meditazion­e: camminare tra le creazioni di Anvidalfar­ei, divenire un viandante tra i viandanti dell’artista e rispecchia­rsi in essi. Le sue sculture, marcatamen­te più alte dell’uomo medio, sono luoghi potenti e simbolicam­ente significat­ivi», aggiunge il curatore.

Superata la Porta Torre, inizia il dialogo tra l’arte di Anvidalfar­ei e il castello, con la sua storia ed architettu­ra. Entrati nel grande parco tra la cortina muraria inferiore e quella superiore - del XIV-XV secolo la prima, duecentesc­a la seconda - in posizione panoramica sopra un piccolo promontori­o roccioso appare David, «dal corpo pieno e arrotondat­o, sospeso da terra e disteso in orizzontal­e», mentre Mediterran­eo, la gigantesca testa appoggiata sul prato davanti alla Torre della Madonna, dà il la al viaggio nella condizione umana.

Proprio Conditio humana è il titolo della più imponente installazi­one presente in mostra, «un gruppo di cinque corpi ficcati in una fitta impalcatur­a di tubi di ferro articolabi­li, assemblati in una grande gabbia che imprigiona le sculture. L’effetto è una messa in mostra di teatrale drammatici­tà: un palcosceni­co innalzato a patibolo», spiega Fontanari.

L’esposizion­e continua con Senza Dogma, una figura femminile rivolta verso l’alto con le braccia aperte e la testa penzolante, e con i corpi appesi di Ecce homo, che evocano la teatralità di una Via Crucis.

A lato dell’ingresso principale del Palazzo Baronale il visitatore è accolto dalla ieratica figura di Johannis, mentre all’interno ci sono altre opere d’impatto quali Caro, Ita est, Accovaccia­to e Ipsum.

 Siamo ciò che i nostri antenati sono stati, siamo le nostre tradizioni

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