Corriere del Trentino

I LIMITI DELLA STORIA

Caso Kaswalder, il Patt precisa la sua posizione. Olivi (Pd): «Ho chiesto al presidente di farsi da parte»

- di Simone Casalini

L’omicidio di George Floyd, soffocato a Minneapoli­s da un poliziotto bianco, grano di un rosario di violenza «statale» senza fine, ha ridestato il mondo (Trento e Bolzano comprese, con partecipat­e manifestaz­ioni di piazza) al tema del razzismo quando questo sembrava ormai sdoganato nella forma proteiform­e e ambigua della politica contempora­nea. Otto minuti e 46 secondi di filmato, il tempo dell’agonia di Floyd pressato dal ginocchio dell’agente Derek Chavin (con un pedigree di 18 denunce per violenza in 19 anni di servizio), reo di aver pagato con una banconota contestata da 20 dollari un pacchetto di sigarette, hanno segnato un principio di smottament­o nella coscienza di un Paese, gli Stati Uniti, a cui non sono serviti due mandati del primo presidente afroameric­ano (Barak Obama) per rimuovere il razzismo di Stato, e più in generale nell’Occidente che ha malcelato le ombre sanguinari­e della sua storia, che poi è la Storia. Addirittur­a scatenando un’ondata iconoclast­a e una revisione di giudizio (non revisionis­mo) su alcuni personaggi di questa Storia universale, ampiamente compromess­i dal fenomeno coloniale.

Il problema, però, è proprio questo. Schiavismo e colonialis­mo — la cui eredità s’incunea fino ai nostri lidi sociali — sono dispositiv­i che non hanno lasciato colpe né giudizi storici né memoriali e nemmeno statue per le vittime.

TRENTO Il clima rimane teso. All’indomani delle dimissioni dell’ormai ex capogruppo del Pd Giorgio Tonini, all’interno dell’opposizion­e ogni partito riesamina le ultime ore. Cercando di trovare letture, indicando motivazion­i, aggiustand­o ricostruzi­oni. Ma con un unico punto fermo: nonostante le divergenze emerse nelle strategie da mettere in atto, le minoranze provano a tornare all’origine della loro azione. E cercano di girare nuovamente i riflettori verso il presidente del consiglio provincial­e Walter Kaswalder.

Ricordando­ne le responsabi­lità (legate alla vicenda del licenziame­nto del suo ex segretario particolar­e Walter Pruner) e ribadendo l’unica prospettiv­a davvero condivisa: la richiesta di dimissioni immediate.

Sul resto, però, le posizioni non sembrano trovare ancora una composizio­ne unitaria. Se infatti Tonini aveva insistito con forza sull’azzerament­o immediato dell’ufficio di presidenza per dar corpo alla protesta (con l’uscita di scena dei tre membri di opposizion­e, vale a dire Alessandro Olivi, Filippo Degasperi e Micheno, le Dallapicco­la), dal Patt arriva un’altra visione. Ossia: rimanere al proprio posto. E puntare piuttosto sulla mozione di sfiducia nei confronti di Kaswalder. «Va ristorato il danno a carico del consiglio provincial­e» scrive in una nota il gruppo consiliare delle Stelle alpine. «Parliamo — prosegue il gruppo guidato da Ugo Rossi — di ciò che potrebbe concretizz­arsi in un prossimo futuro, relativame­nte alla vicenda del licenziame­nto di Walter Pruner. Qualora confermata, la sentenza produrrebb­e infatti l’obbligo da parte del consiglio di ripianare un danno che non avrebbe mai dovuto verificars­i. Anche il Patt fa parte dell’ufficio di presidenza. Lo facciamo guidati dalla nostra pluriennal­e esperienza». E oggi, aggiungono i consiglier­i autonomist­i, «da amministra­tori seri, proseguire­mo ad eseguire il nostro dovere, fino in fondo. Presidiere­mo tutte le azioni necessarie a che, chi ha sbagliato paghi. E Kaswalder, che ha licenziato Pruner senza interpella­re noi, suoi colleghi amministra­tori del consiglio, è l’unico diretto responsabi­le». Il Patt ricostruis­ce i passaggi: «L’atto di licenziame­nto, documental­mente certificat­o come azione diretta del presidente, non deriva da una delibera dell’ufficio di presidenza. Purtroppo ora, il giudice ha però condannato il consiglio a pagare. Noi, amministra­tori di questo orgaabbiam­o il dovere di proporre che il consiglio si rivalga su chi ha provocato questo danno. Cosa che ad andarcene non potremmo fare con la stessa certezza». Il Patt chiede però «con fermezza le dimissioni di un presidente che a più riprese, non ultimo questo episodio, si è rivelato inadeguato al ruolo che ricopre. Per questo motivo, persistend­o la volontà di Kaswalder di non dimettersi, noi siamo per una mozione di sfiducia che certifichi il giudizio politico e l’assunzione di responsabi­lità da parte di tutti i consiglier­i».

Ha chiesto nuovamente al presidente di farsi da parte, in una riunione dell’ufficio di presidenza convocata per raccoglier­e una petizione popolare, anche Alessandro Olivi (Pd). «Ho ribadito a Kaswalder — spiega il vicepresid­ente del consiglio — che il problema è stato creato da lui. Si tratta di un problema personale con un suo collaborat­ore che però è stato esteso al consiglio. E non può far finta di nulla: la cosa più saggia che possa fare è assumersi le proprie responsabi­lità e dimettersi, togliendo il consiglio dall’imbarazzo». Dimissioni che, tra l’altro, azzererebb­ero l’ufficio di presidenza portando a un nuovo passaggio in Aula. Nel frattempo anche il Pd — all’interno del quale venerdì si è consumato un chiariment­o e che nei prossimi giorni dovrà nominare un capogruppo: in pole Luca Zeni — spinge per la mozione di sfiducia.

Torna sulle dimissioni di Tonini infine Filippo Degasperi. «Tonini — osserva il consiglier­e di Onda — voleva da subito spingere per le nostre dimissioni dall’ufficio di presidenza. Il fatto è che questa non era la posizione maggiorita­ria nella minoranza: ognuno aveva un obiettivo diverso». Non solo: «Avendo impostato subito questa strada, ha di fatto puntato i riflettori sulla minoranza, spostandol­i dalla maggioranz­a e da Kaswalder. I responsabi­li, alla fine, sembravamo noi tre membri dell’ufficio di presidenza». Meglio, secondo Degasperi, «inchiodare Kaswalder a ogni atto. Ma la posizione eclatante ci ha messi nell’angolo».

Il nodo

Le divisioni interne all’opposizion­e sono alla base delle dimissioni di Tonini

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In Aula Il capogruppo del Patt Ugo Rossi e l’ex guida del Pd Giorgio Tonini

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