Trentino, export e Pil giù del 10%
Le stime nel 2020: Alto Adige - 7%, Trentino - 10%. Nelle due Province persi 26mila posti di lavoro
Il rapporto di Banca d’Italia sull’economia delle Province di Trento e Bolzano tratteggia un 2020 complicato. Le previsioni parlano di un Pil in calo del 7% in Alto Adige e del 10% in Trentino. Forte contraccolpo per l’export di entrambe le Province: -10%. Tra contratti non rinnovati e mancate assunzioni persi 26 mila posti di lavoro in Regione.
+TRENTO Una crisi economica che porterà ad un brusco calo di Pil ed esportazioni e arrivata in un momento di rallentamento dell’economia del Trentino Alto Adige. Il contesto economico regionale, tuttavia, è più solido rispetto alle situazioni precedenti alle altre crisi. Il panorama disegnato dal rapporto annuale «L’economia delle Province autonome di Trento e di Bolzano», realizzato dai ricercatori delle filiali di Trento e di Bolzano della Banca d’Italia guidati dal dottor Antonio Accetturo, racconta di un territorio che sta affrontando conseguenze economiche importanti. Le previsioni dell’andamento del Pil nel 2020 delle due province sono negative: -7 per cento per l’Alto Adige, -10 per cento per il Trentino. Cali che arrivano dopo un 2019 già con il freno a mano tirato: nel 2019, infatti, il Pil della Provincia di Trento è cresciuto solo dello 0,1 per cento e quello della Provincia di Bolzano dello 0,4 per cento. «Non possiamo dire che eravamo già sull’orlo della recessione — spiega Accetturo —, ma è innegabile che la crisi dell’automotive stesse già avendo conseguenze sulla regione».
Il decreto «Chiudi Italia» ha decretato lo stop di circa 1.800 aziende trentine e 1.600 altoatesine, fermando in totale poco meno della manodopera regionale. Secondo le elaborazioni della Banca d’Italia — che considerano anche le relazioni tra comparti chiusi e aperti e l’utilizzo dello smart working —, il blocco delle attività ha interessato poco più del 35 per cento del valore aggiunto dell’industria in entrambe le province, contro il 43 per cento in Italia. La domanda, sia interna sia estera, è prevista in forte calo: l’export dovrebbe calare di oltre il 10 per cento sia per il Trentino sia per l’Alto Adige. Il settore più colpito è quello del turismo: l’azzeramento delle presenze di marzo e aprile fanno chiudere il primo quadrimestre con il totale delle presenze in calo del 25 per cento rispetto al 2019. L’andamento della stagione estiva, che pesa per oltre il 60 per cento delle presenze annuali, sarà fondamentale per tutta l’economia regionale: un’estate parzialmente positiva potrebbe attenuare il calo previsto, una negativa aggravarlo.
Il sistema produttivo sta affrontando la crisi in condizioni finanziarie migliori rispetto al passato: nell’ultimo decennio sono aumentate redditività delle imprese e patrimonializzazione ed è calato l’indebitamento. Il blocco ha aumentato la necessità di liquidità delle imprese: circa un terzo delle aziende altoatesine fermate (soprattutto nei servizi commerciali) è a rischio di illiquidità, circa un quarto in Trentino. Per farvi fronte, agevolate dalle misure adottate dalla politica nazionale e provinciale, si è registrata un’accelerazione dei prestiti alle imprese nei primi tre mesi del 2020: +4,3 per cento in Trentino e +3,5 per cento in Alto Adige.
Le ricadute occupazionali della crisi sono importanti e si inseriscono in un contesto di rallentamento della crescita avvenuto nel 2019. L’anno scorso il numero di occupati era aumentato dello 0,4 per cento in Trentino e dell’1 per cento in Alto Adige, mentre il 2020 ha fatto registrare nei mesi di marzo e aprile la perdita di migliaia di posti di lavoro: quasi 16 mila a Bolzano, più di 10 mila a Trento. Perdite causate principalmente da mancati rinnovi di contratti in scadenza o da mancate assunzioni. Esplose le ore di cassa integrazione usate, che hanno già superato quelle del 2009: 6,4 milioni in Trentino, 8,6 milioni in Alto Adige.
Le condizioni finanziarie delle famiglie trentine e altoatesine, però, rimangono solide. In base a stime recenti, aggiornate al 2018, la ricchezza delle famiglie risultava pari a circa 10 volte il reddito disponibile ed è aumentata moderatamente dal 2008, sia nella componente reale sia in quella finanziaria. A marzo il credito al consumo, in crescita nel 2019, ha fortemente rallentato: -9,4 per cento in Trentino, -7,4 in Alto Adige. Stabile l’indebitamento delle famiglie, che rimane basso nel confronto internazionale.
Nel 2019 la qualità del credito è migliorata; il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto al totale dei crediti all’economia si è collocato su livelli bassi (inferiori all’1 per cento in entrambe le province). Al miglioramento della qualità dei prestiti ha contribuito, nell’ultimo decennio, un mutamento della composizione degli affidati verso imprese di maggiore dimensione e con bilanci più solidi. Anche i tassi di copertura dei crediti deteriorati sono aumentati nel 2019, consentendo alle banche di affrontare la crisi partendo da una situazione più solida.
Nel report è stata considerato anche l’impatto sui conti pubblici. I Comuni trentini hanno avuto circa 22 milioni di entrate in meno, mentre quelli altoatesini hanno avuto un ammanco di circa 52 milioni. Le Province autonome di Trento e Bolzano, invece, hanno movimentato direttamente 150 e 235 milioni di euro. Analizzate, infine, le prospettive a medio termine delle economie provinciali. La crescita economica avvenuta dal 2007 al 2019 è stata superiore alla media nazionale, ma inferiore rispetto a regioni simili in Europa. I limiti sono rappresentati dal calo della produttività totale dei fattori che, solo in provincia di Bolzano, è stato controbilanciato da un’espansione rilevante degli investimenti. In Alto Adige tuttavia le prospettive di crescita potrebbero risentire della progressiva perdita verso l’estero di cittadini italiani, soprattutto laureati. Il Trentino, invece, ha continuato invece ad attrarre laureati dalle altre regioni italiane. In entrambe le province il progressivo invecchiamento della popolazione ha frenato la crescita del Pil e, nel medio periodo, potrebbe avere effetti negativi ancor più rilevanti in assenza di cambiamenti nei tassi di natalità.