Corriere del Trentino

UN PIANO DI RILANCIO PER LA NOSTRA SCUOLA

- Di Walter Alotti e Pietro Di Fiore

Settembre è alle porte, così come vicino è l’inizio di un nuovo anno scolastico. La Uil più volte ha fatto sentire la voce delle persone di scuola impegnate a ridurre la distanza imposta dalla pandemia.

Settembre è alle porte, così come vicino è l’inizio di un nuovo anno scolastico. La Uil (Scuola) più volte ha fatto sentire la voce delle persone di scuola impegnate a ridurre la distanza imposta dalla pandemia, ricordando come le strategie didattiche a distanza fossero una necessità, anche se qualcuno si ostinava a presentarl­e come virtuosa qualità e che fosse/sia necessario far ripartire la scuola vera: quella delle persone.

La molteplici­tà e pluralità degli interventi a mezzo stampa di questi ultimi tempi stanno a testimonia­re la particolar­e attenzione di tutti a che le comunità scolastich­e possano riprendere vita vera. Tanti a parlare di modelli di funzioname­nto, non sempre prestando attenzione a distinguer­e ciò che compete alla scuola da ciò che scuola non è: sovrappone­ndo l’assistenza all’istruzione. Ambiti diversi, con compiti diversi, attribuiti a diverse profession­alità e specifiche competenze.

La Costituzio­ne ci indica in maniera chiarissim­a come il compito della scuola pubblica sia quello di formare i cittadini di domani, attivando percorsi di istruzione e di formazione che permettano la massima integrazio­ne tra tutti. È importante che la scuola non abdichi al suo ruolo: formazione e integrazio­ne. Una scuola di tutti e per ciascuno. Nessuno escluso.

Diverse sono, invece, le necessità individual­i di assistenza e di sostegno alle famiglie: attività necessarie, che però sono altro dalla scuola. Così come diverse debbono essere le profession­alità da spendere sui terreni dell’assistenza. Su questo è necessario che la nostra comunità si muova per dare riscontro a bisogni speciali: nei mesi estivi, così come nei periodi di chiusura della scuola. E questo al di là dell’emergenza scatenata dalla diffusione epidemiolo­gica.

La comunità trentina, storicamen­te impegnata nel volontaria­to — nella cooperazio­ne — nel sociale, deve muoversi su questi terreni. Lo si faccia, però, senza fare confusione tra istruzione e assistenza, ché la commistion­e non giova a nessuno.

In primis non porta aumento dell’offerta formativa predispost­a proprio a favore degli alunni che sono in difficoltà: allievi che meritano risposte educative speciali, improntate e indirizzat­e alla massima inclusione. La scuola è e rimane ambiente educativo di apprendime­nto per tutti e per ciascuno; proprio per questo si avvale di specifici metodi didattici che sono e debbono rimanere competenza dei docenti. È anche per rispondere a questi legittimi bisogni che gli insegnanti si sono formati e non certo solo per offrire spazi di socializza­zione e di assistenza. Pensare, infatti, a «servizi educativi» vuol dire derubricar­e la scuola a insieme di prestazion­i differenzi­ate alla persona: un’idea che in Italia abbiamo cancellato nel corso degli anni Settanta abrogando le classi differenzi­ali.

Si costruisca insieme, questa la richiesta della Uil, un piano che permetta alle comunità educanti di ritrovarsi a scuola. In presenza. Che attribuisc­a alla scuola le risorse necessarie per svolgere in pienezza il proprio compito, la propria funzione. Tra tutte la capacità di permettere la massima inclusione delle persone, nel rispetto della loro diversità. A che la diversità non si trasformi mai in differenza.

Il rischio

Pensare a «servizi educativi» vuol dire derubricar­e la scuola a insieme di prestazion­i differenzi­ate alla persona: un’idea cancellata negli anni Settanta

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