Fugatti: «Spazi e assunzioni per la scuola Investiremo 60 milioni. Il governo latita»
TRENTO A Levico si concede uno dei primi giorni di stacco da quando il morso della pandemia ha allentato la presa, ma se l’emergenza sanitaria è in una fase di sonno, quella economica non è neppure cominciata. E si profila per l’autunno con i suoi numeri deficitari dietro ai quali ci sono vite. «Stiamo ragionando sulle risorse, il governo dovrebbe prevedere un altro miliardo per le speciali. Ma non c’è certezza. Una priorità è la scuola: stanzieremo 60 milioni per l’assunzione di nuovi docenti e gli spazi» recita Maurizio Fugatti indicando la linea per la nuova manovra.
Elezioni a Trento, competitivi solo se uniti su Baracetti
Ha già stilato un suo bilancio politico dell’emergenza, presidente?
«L’abbiamo gestita con la massima trasparenza, ammettendo per primi che il Trentino era nell’occhio del ciclone più della media nazionale. L’organizzazione sanitaria ha retto bene, i posti di terapia intensiva sono passati da 30 a 115. Non era facile e rispetto a molte altre regioni siamo stati più performanti. La centralità della medicina territoriale è l’eredità: non solo quella ospedaliera, cruciale, ma anche la medicina territoriale. Dopodiché non siamo perfetti ed errori ne possono essere stati commessi».
Senza le Regioni non avremmo mai riaperto Il governo Conte era fermo ai protocolli Inail
Bordon è un’eccellenza, ma il suo contratto scade tra undici mesi. Spero che si trovi la quadratura
Se si trova una soluzione tra i diretti interessati è meglio. Non minimizzare né enfatizzare
La sua leadership in crisi a vantaggio di Zaia? Solo giochini, ci ha portato dal 4 al 30%
Come il weekend marzo sulla neve... dell’8
«Guardi, avevamo in mano le previsioni di un finale di stagione disastroso e nessuno — dai sindacati all’opposizione — aveva obiettato su quella scelta perché la verità è che nessuno ancora immaginava la portata pandemica. Con il senno di poi è semplice, ma se analizziamo i dati sulla diffusione del contagio si può verificare che quel weekend non è stato così incisivo. Da Folgaria alla Paganella passando per il Primiero i contagi sono sempre stati ridotti. In valle di Fassa e a Vermiglio si è manifestata in modo intenso, nel Chiese il focolaio di infezione è legato alla contiguità con la provincia di Brescia. Non sto dicendo che abbiamo indovinato tutto, si può sempre migliorare, ma mai abbiamo agito con superficialità».
Obiezione due: il sistema Rsa poteva essere protetto meglio e anche la scelta di tenere aperto ai familiari all’inzio di marzo — ma disattesa dalle strutture stesse — non era azzeccata.
«Era una posizione di attenzione e sensibilità verso le famiglie. La nostra titubanza oggi nel riaprire è l’esito di quella scelta e di una riflessione che ci porta ad affermare che le competenze sanitarie delle Rsa vanno rafforzate».
Il Trentino ha due volte e mezzo i posti letto della media italiana e una volta e mezzo quelli del Nordest. Un servizio che nella pandemia è diventato il lato debole con tanti anziani deceduti. Li ridurrete per puntare sui servizi domiciliari?
«È presto per dirlo. Valuteremo in primis la reazione della popolazione. In passato c’è stata una richiesta pressante di posti in Rsa, ora vedremo come si ricostituirà la domanda».
Terza obiezione: la politica dei tamponi a tutti è stata tardiva e poteva arginare di più il contagio.
«Noi ci siamo attenuti alle indicazioni scientifiche: la stessa Oms prescriveva i tamponi solo ai sintomatici. L’Ordine dei medici ha posto il tema a fine marzo e nel momento in cui la scienza ha cambiato linea, ci siamo immediatamente riconvertiti, unendo le eccellenze e superando tutti in termini di tamponi effettuati. tutti è che ci sia una convergenza su Baracetti. Queste distinzioni danneggiano la coesione e la competitività su una piazza, quella del capoluogo, storicamente difficile dove abbiamo sempre perso. Ricordo che sia alle elezioni suppletive per la Camera sia alle Europee, nonostante il nostro exploit, a Trento siamo rimasti dietro. Come alle provinciali. La Lega poteva scegliere un suo candidato di area e invece ha lasciato spazio ad una figura della società civile. Forse non abbiamo interiorizzato la lezione che è venuta dal centrosinistra, dobbiamo rimanere con i piedi per terra».
Ci sono spazi per recuperare Agire per il Trentino, Progetto trentino e Fratelli d’Italia?
«È necessario continuare a cercarli»
Ma se mancherà una convergenza su Baracetti cambierete?
«Il candidato è lui».
Il licenziamento di Walter Pruner da parte del presidente del consiglio provinciale Kaswalder rischia di costare al contribuente trentino 260mila euro.
«Volutamente sono rimasto fuori da questa vicenda, se si trova una soluzione tra i diretti interessati è meglio per tutti. È stato sbagliato minimizzare, ma nello stesso non ingigantirei questa storia».
Lo stato di eccezione in cui abbiamo vissuto per tre mesi ha fatto lievitare il consenso delle cariche monocratiche: presidente del consiglio, governatori, sindaci. Un’altra spinta verso il leaderismo?
«In politica gli ultimi anni hanno dimostrato che il consenso è effimero. Nel giro di due anni si può transitare dall’apice al fondo. Matteo Renzi aveva condotto il Pd al 40% solo sei anni fa. Che ci sia stata un’attenzione dell’opinione pubblico verso quelle figure che ricoprono ruoli decisionali l’ho notato anch’io, ma non credo che ciò produrrà una torsione del sistema verso queste figure».
La Lega nazionale ha pagato nei sondaggi l’errore di Salvini sulla crisi di governo ed è scesa di dieci punti percentuali. Il consenso dello stesso Salvini appare in netto calo, mentre emergono i governatori come Zaia, incensato dai media americani, o esponenti come Giorgetti.
«Quando si sottolineano leadership emergenti nella Lega di solito è per colpire il nostro partito. Io e Zaia siamo cresciuti nel Carroccio, conosciamo il refrain. Ha ragione il governatore veneto quando dice che sono sondaggi in tempi di guerra».
Ma non può negare che ci siano sensibilità e ambizioni diverse nella Lega. «Il Foglio» la iscrive nel campo dei pragmatici-riformisti...
«Le sensibilità differenti ci sono sempre state, ma la Lega è una. Salvini l’ha presa al 4% e portata oltre il 30%. Se anche si assestasse al 25-27% sarebbe un risultato enorme. Non esiste un tema di leadership».