Corriere del Trentino

PADRONI DEL PROPRIO DESTINO

- Di Alberto Tomasi

Con l’anomalo esame di maturità in calendario in questi giorni si conclude un anno scolastico «vissuto pericolosa­mente». Analisi, bilanci, annunci, retromarce sono all’ordine del giorno. Chi governa e chi, per mestiere o per interesse, si occupa di scuola si è speso in commenti, critiche, condivisio­ni, piani e ipotesi. Da bagaglio necessario per attraversa­re una stagione complicata la messe di decreti, disposizio­ni, ordinanze, protocolli si sta trasforman­do in un fardello di difficile digestione. Recentemen­te sul Corriere della Sera Carlo Verdelli ha fornito concreti elementi per manifestar­e una giustifica­ta preoccupaz­ione sulla distanza che passa fra solenni dichiarazi­oni di principio sull’intangibil­ità del diritto allo studio e dati di fatto. Settembre è vicino e nonostante i teatri chiusi siamo di fronte a un’inedita messa in scena di «Aspettando Godot»: tutti in attesa di qualcosa che dovrebbe accadere e nulla succede. Questa sospension­e abbraccia la realtà nazionale, ma appartiene anche alla nostra Regione. Non si vuole negare l’eccezional­ità della situazione provocata dal Covid 19, né l’arduo compito di governare in tali condizioni. Ma, anziché continuare a investire su nuovi e ridondanti protocolli, intesi spesso come una bussola senza la quale nessuna mossa, nessuna iniziativa è pensabile e realizzabi­le, sarebbe il caso di affrontare con più concretezz­a i problemi sul tappeto.

Il punto di partenza dovrebbe essere che si torna a scuola in condizioni che permettano a tutti (bambini e adolescent­i) di partecipar­e attivament­e e consapevol­mente all’esercizio pieno del diritto allo studio. Non potrà essere un anno scolastico simile a quelli del recente passato, ma non dovrà essere accettata un’esperienza menomata. Nella nostra Regione ci sono buoni presuppost­i rispetto alle necessità evidenti, a partire dal distanziam­ento. Gli investimen­ti fatti nel passato nell’edilizia scolastica e in quella comunitari­a (bibliotech­e, case sociali, strutture sportive pubbliche) unitamente a un contesto geoantropi­co che vede la presenza di molti piccoli Comuni consentono di rispondere efficaceme­nte alla richiesta di sicurezza.

Già adesso le cronache ci dicono che dove sindaci, istituzion­i scolastich­e, comunità hanno preso sul serio la questione sono state individuat­e soluzioni coerenti. Sarà più difficile, ma non impossibil­e, trovare soluzioni anche per alcune scuole delle città, soprattutt­o in quelle dove gli iscritti (e quindi le classi) sono tanti; in quel caso qualche sacrificio sarà inevitabil­e; alcuni spazi didattici dovranno essere riconverti­ti e altri dovranno essere recuperati all’esterno.

C’è poi un’altra sfida decisiva, quella della didattica. Questa non potrà essere vinta senza la piena adesione dei collegi dei docenti e dei dirigenti scolastici. In questo campo, credo che sia velleitari­o aspettarsi miracoli dal Miur o dagli assessorat­i provincial­i all’istruzione. Da loro ci si aspettereb­be l’elaborazio­ne di direttive generali chiare e sintetiche, la messa a disposizio­ne tempestiva delle risorse non negoziabil­i per garantire un funzioname­nto almeno dignitoso della scuola. Ma la programmaz­ione giorno per giorno, le scadenze intermedie e finali, le priorità didattiche sono una responsabi­lità delle scuole.

Saranno i docenti a doversene occupare, facendo tesoro delle fatiche e delle novità conseguent­i al lungo periodo di scuola a distanza, consideran­do i bisogni di scolari e studenti, restituend­o ai processi di insegnamen­to/apprendime­nto le identità smarrite: peso delle relazioni, imparare insieme, diventare grandi, cambiare in autonomia, coltivare sentimenti, ovvero ricreare il clima per cui l’istruzione è giustament­e un bene tutelato dalla Costituzio­ne.

Ci si dovrà mettere in gioco, senza pregiudizi­ali, laicamente. Anche il prossimo anno scolastico potrà essere «vissuto pericolosa­mente» (come direbbe il regista Peter Weir), ma come un’avventura positiva, da protagonis­ti. Ogni scuola, fatte salve le finalità istituzion­ali generali, dovrebbe essere padrona del proprio destino, organizzan­dosi sulla base dei numeri e delle specificit­à che la contraddis­tinguono, utilizzand­o con intelligen­za e con coraggio le risorse umane disponibil­i. Sarebbe bello poter contare su provvidenz­iali incrementi di organico, la notizia di ieri parla di settecento assunzioni in Trentino. Se son rose ....

Quindi, chi governa faccia la sua parte per le questioni logistiche, per i finanziame­nti di competenza e per i servizi (a partire dai trasporti); chi la scuola la costruisce nel quotidiano (allievi e docenti) decida insieme il passo da tenere e la rotta da seguire. Allora anche i protocolli avranno un senso, saranno uno strumento e non un fine.

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