«L’aggressione è un fatto molto raro, forse il plantigrado è stato colto di sorpresa»
Filippo Zibordi ha lavorato come tecnico faunistico per il Parco Adamello Brenta e per anni ha fatto ricerca, monitoraggio e attività di comunicazione legate al progetto di reintroduzione dell’orso bruno in Trentino.
Che idea si è fatto di questo sfortunato incontro?
«È molto difficile valutare l’episodio senza averne diretta conoscenza, perché ci sono moltissimi fattori che possono incidere sul comportamento dell’animale. Un attacco è un evento molto raro, in termini generali verrebbe quindi da pensare che l’orso sia stato sorpreso. È più facile che accada se le persone che lo incontrano si muovono in silenzio o fuori da un sentiero, piuttosto che facendo rumore e rimanendo sulla traccia. Altri elementi che possono favorire un atteggiamento più aggressivo sono la presenza di una preda già cacciata, della prole o di un cane, ma non mi pare che in questo caso ci fossero cani».
Difficile che un orso attacchi una comitiva di ragazzini che passeggiano cantando una canzone, giusto per fare un esempio.
«Il rumore è sempre un ottimo deterrente, spesso sufficiente ad avvisare i plantigradi della nostra presenza. E gli orsi sembrano anche riconoscere le caratteristiche di un “cucciolo”, anche se umano, come essere innocuo».
Esiste una distanza minima che una volta superata induce l’animale ad attaccare?
«Anche in questo caso intervengono diverse variabili: la presenza di piante tra l’animale e l’uomo potrebbe già fare propendere l’orso per la fuga, come è stato nel caso del piccolo Alessandro (nell’episodio recente di Sporminore, ndr). Ma dare una distanza è impossibile».
Quale fattore invece è discriminante tra un atto intimidatorio e una vera e propria aggressione?
«L’aggressione è davvero un fatto raro, ma è anche vero che gli orsi possono avere un comportamento molto diverso da individuo a individuo, come le persone. Un orso giovane, con poca esperienza, potrebbe avere un comportamento da “sbruffone” e non sapere nemmeno esattamente cosa sta facendo».
Possiamo quindi dire che l’orso non vuole uccidere, ma che rimane un animale pericoloso?
«Dopo un avvenimento come questo bisogna avere rispetto dell’esperienza scioccante che le persone coinvolte hanno vissuto, e allo stesso tempo non ridurre tutto al vissuto personale, ma ragionare anche nell’ottica della gestione della popolazione: quanti sono stati gli attacchi negli ultimi vent’anni? Quattro? Cinque? Su migliaia di incontri ravvicinati».
In Slovenia gli esemplari sono molti e l’abbattimento sembra l’unica possibilità di controllare la coesistenza. Da noi i numeri sono diversi: quindi anche le soluzioni da adottare per gli orsi «problematici»?
Masè Il progetto originario parlava di 60 animali in 3 regioni, oggi ne abbiamo 100 nel solo Trentino occidentale Anche se avesse avuto i cuccioli l’agressione è un gesto anomalo
«In Slovenia hanno centinaia di esemplari e sicuramente non possono pensare di metterli in un recinto ogni volta che hanno a che fare con un individuo problematico. Qua da noi i numeri sono sicuramente diversi e le scelte possibili sono maggiori».