LA STRADA CON MOLTI OSTACOLI
Per capire le difficoltà del centro destra autonomista (tutto staccato) basta vedere i manifesti sei metri per tre del candidato sindaco Alessandro Baracetti. Anche nell’epoca di internet i manifesti politici rimangono importanti strumenti di comunicazione e dicono molto sia per ciò che c’è nel manifesto stesso sia per quello che non c’è. Cominciamo da quel che c’è. C’è il volto rassicurante del candidato sindaco che, analogamente ai manifesti di altri candidati, ci ricorda che il sistema elettorale con cui andremo a votare induce una certa personalizzazione della competizione. Di conseguenza, la scelta di Baracetti è stata quella di esporsi in prima persona. Baracetti probabilmente sa di partire con un handicap: il fatto di non essersi esposto, negli ultimi anni, al dibattito pubblico. Da questo punto di vista, Franco Ianeselli, candidato del centrosinistra, parte avvantaggiato. Ma è soprattutto il nome della coalizione di Baracetti a essere analiticamente molto interessante. Il centro destra autonomista si presenta così, diviso tra un centro e una destra, senza concedersi nemmeno un «trattino», con un’inclinazione autonomista. Per anni il centrosinistra (tutto attaccato, e autonomista anch’esso) ha discusso su come definirsi. Al di là della poco appassionante disputa nominalistica, in quel dibattito c’era una riflessione sulla possibile coesistenza di partiti con tradizioni diverse.
Baracetti, invece, sembra aver scelto di rivolgersi a elettorati diversi, quello di centro e quello di destra, a cui va aggiunto anche l’elettorato autonomista. Lo sfondo bianco fa risaltare l’azzurro delle scritte. Nelle campagne elettorali, l’azzurro è sinonimo di serenità. Perfino Matteo Salvini ha scelto lo sfondo azzurro per i manifesti della campagna per le elezioni politiche del 2018 abbandonando il tradizionale verde padano. Tuttavia, mentre l’azzurro di Salvini era trumpiano, quello di Baracetti è più chiaro e non rimanda ai colori dei partiti o della coalizione che lo sostengono.
E qui veniamo a ciò che manca nei suoi manifesti. Manca un riferimento ai partiti che sostengono il candidato del centro destra. Questo è in linea con la scelta fatta da Franco Ianeselli (almeno nel primo manifesto), e non deve stupire più di tanto. Tuttavia, per un candidato poco riconoscibile, l’inserire i loghi dei partiti avrebbe potuto favorirne, appunto, la riconoscibilità. Baracetti avrà più bisogno dei partiti di quanto non abbia Ianeselli per farsi conoscere. Tuttavia, le divisioni nel centro destra sono note: la fibrillazione delle ultime ore e l’intervista rilasciata su queste colonne dal commissario di Fratelli d’Italia, Adolfo Urso, lo confermano. Nelle ultime settimane, tali divisioni hanno anche portato a una ristrutturazione dell’offerta politica (si pensi, per esempio, alla candidatura di Marcello Carli).
Infine, nel manifesto di Baracetti manca anche uno slogan forte. Nel caso del manifesto di Ianeselli, «SiAmo Trento» non è solo il nome di una coalizione, ma indica pure un contenuto (l’essere una comunità); nel caso di Baracetti c’è un generico riferimento al cambiamento (ci mancherebbe che si candidasse per la continuità!), ma nessuna indicazione di dove quel cambiamento dovrebbe portare.
Ciò detto, siamo all’inizio della campagna elettorale e l’esito delle elezioni è incerto. Tuttavia, se il centro destra vuole giocarsi fino in fondo le sue possibilità di vittoria deve prendere una strada più decisa di quanto non lascino trasparire i manifesti di un candidato che rimane, al di là di quello che sarà il suo destino politico, persona sicuramente rispettabile.