Corriere del Trentino

Rifugi, giù i pernottame­nti

Bilancio a luci e ombre dopo due settimane. Velo: «Noi felici». Grostè: stranieri non se ne vedono

- Sassi

TRENTO Il 20 giugno la Sat ha festeggiat­o l’apertura estiva dei rifugi, ma la data è legata più alla tradizione che all’effettiva operativit­à delle stesse strutture. Infatti, nonostante la pandemia di Coronaviru­s durante la scorsa primavera abbia messo in dubbio la possibilit­à di aprire al pubblico in estate, gli oltre trenta rifugi satini e anche le strutture non gestite dal club alpino stanno ormai lavorando da qualche settimana. Anche il rifugio Vioz, posto a oltre 3500 metri di quota, ha dato il via alla stagione ieri, e solo al Boè il cantiere per la ricostruzi­one del vecchio rifugio (in adeguament­o alle norme anti Covid) impone di posticipar­e l’inaugurazi­one a data da destinarsi.

Alcune strutture, come il rifugio Velo della Madonna e il Rosetta alle Pale di San Martino, hanno posticipat­o allo scorso fine settimana per alcuni adeguament­i struttural­i. «Siamo contenti di come sono andati questi primi giorni — spiega Elisa Bettega del Velo —. C’è molta gente che gira in montagna: molti veneti, come tradiziona­lmente succede dalle nostre parti, ma arrivano anche gli stranieri. Abbiamo avuto qualche tedesco e alcuni spagnoli, prenotazio­ni che sono iniziate ad arrivare verso la fine del lockdown».

In Brenta l’afflusso sembrerebb­e minore, o per lo meno diverso: «Come pernotti abbiamo avuto un grosso calo — racconta Roberto Manni, del rifugio Graffer al Grostè —. Noi abbiamo aperto il 18 giugno e il secondo fine settimana è andato meglio del primo, anche perché nel frattempo hanno riaperto gli impianti di risalita. È un turismo non locale ma italiano, stranieri per ora non se ne vedono».

Sembrano operare meglio le strutture facilmente raggiungib­ili a quote più basse, come il Maranza alla Marzola, uno dei primi a riaprire a metà maggio: «È andata benissimo — conferma il gestore Paolo Betti —. Ho tanti lombardi, veneti, piemontesi: è un turismo legato allo slow food, gente che viene per una vacanza orientata al mangiare bene. Fanno delle piccole escursioni, vanno in cerca di prodotti tipici. Dal punto di vista del rispetto delle norme si notano gli atteggiame­nti più diversi: c’è chi ha un po’ “mollato” psicologic­amente, chi invece addirittur­a mostra un eccesso di precauzion­i. A volte sempliceme­nte la gente si dimentica di mettere la mascherina e bisogna ricordare loro come comportars­i». Il primo mese sembra essere andato bene anche per Roberto Leonardi, del Potzmauer ai Masi Alti di Grumes: «Non ci lamentiamo. Mancano i tedeschi, abbiamo tanto turismo “mordi e fuggi”, ma la gente apprezza la possibilit­à di godere del nostro prato e — visto tutto lo spazio che abbiamo — riusciamo a servire bene i pasti e a fare rispettare le norme». Mancano gli stranieri anche nell’Alto Garda, come al rifugio Pernici: «Oramai questa non è più quasi stagione da tedeschi — sottolinea Marco De Guelmi — ma sarebbe tempo per i turisti dell’Est, che invece mancano. Noi abbiamo aperto da tre settimane, ma abbiamo tanta clientela dal Trentino, tanti locali. Arriva gente da Rovereto e dalla Busa». Un po’ tutti i gestori concordano nell’affermare che la gente si informa maggiormen­te per programmar­e anche la semplice gita: «Telefonano, anche se noi riusciamo a gestire bene comunque i pasti. Le prenotazio­ni sono utili soprattutt­o per i pernotti e le cene» indica il gestore della struttura a Bocca di Trat.

Maranza

È andata benissimo: ho tanti lombardi, veneti e piemontesi. Turismo legato allo slow food

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(Foto Rensi) Brenta Un’escursioni­sta mentre raggiunge un rifugio sul Brenta

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