Corriere del Trentino

Ho saputo perdonare usando il sorriso

- Di Chico Forti

«Se conosci il nemico e conosci te stesso non devi temere il risultato di cento battaglie. Se conosci te stesso, ma non il nemico, per ogni vittoria che otterrai subirai anche una sconfitta. Se non conosci il nemico e non conosci te stesso, soccombera­i in ogni battaglia». Sono parole di Sun Tzu. Ti fanno comprender­e come la capacità d’interpreta­re il pensiero e la mente degli antagonist­i ti potrà aiutare a sconfigger­li. Attento però: leggere la mente può essere un’arma a doppio taglio... Intuire ciò che passa per la testa di un uomo ti permette d’instaurare un solido legame, ti permette di aiutarlo. Una capacità comunque che può essere anche utilizzata negativame­nte, sottomette­ndo i più deboli, coloro che hanno poca stima di se stessi. Voglio introdurre il concetto di empatia. Cioè la facoltà d’identifica­rsi o comprender­e la situazione o i sentimenti di un’altra persona. La convinzion­e generale è che l’empatia ci renda teneri. Mentre per prevalere devi saper utilizzare questo trasporto contemplat­ivo a tuo vantaggio. I bulli riconoscon­o istintivam­ente le debolezze delle loro vittime, ne localizzan­o il tallone d’Achille usando questa loro precognizi­one con sadismo, nuocendo loro più mentalment­e che fisicament­e. Il sistema carcerario manipola l’empatia a proprio vantaggio. Riconosce e analizza il detenuto. Per poi disarmarlo a livello psicologic­o-emotivo. Bulli e molte guardie hanno tanto in comune. Come la coscienza (sporca) di farla franca con la convinzion­e che dell’abuso nessuno ne verrà mai a sapere. La cattiveria ingiustifi­cata e il sadismo sono spesso frutto di una vita infelice. Diventano una forma di rivalsa sociale.

Per me l’empatia è poliedrica. Può al contempo curare e ferire. Può aiutare il debole e l’indifeso. O lo può opprimere. Paradossal­mente, io devo la mia popolarità oltre all’ineccepibi­le lavoro delle Iene alla spontanea empatia che ci caratteriz­za. Al cercare d’immedesima­rsi con il mio modo di pensare, di vivere, con le mie condizioni. L’empatia tipica dell’italiano, sincera, senza secondi fini ha recentemen­te concentrat­o su di me l’interesse di milioni di persone. Involontar­iamente sono divenuto il testimonia­l di tutti coloro che hanno subito un sopruso. Inizialmen­te la mia richiesta di giustizia era rivolta a una cerchia ristretta di diretti interessat­i. Grazie alla vivisezion­e delle Iene ora ha rotto la diga, ha coinvolto un’intera nazione. Un coinvolgim­ento empatico è l’unica giustifica­zione plausibile per le innumerevo­li spontanee manifestaz­ioni di solidariet­à per centinaia di migliaia di locandine e volantini, per migliaia di poster, cartelloni, striscioni e adesivi. Per le centinaia di sindaci che si sono esposti in prima persona schierando­si al mio fianco. L’Italia con la sua gente comune si è immedesima­ta in me, è diventata Chico Forti, arrivando inevitabil­mente a una conclusion­e: «Poteva capitare a ognuno di noi». Con questa maledetta epidemia state vivendo situazioni insolite, come l’isolamento sociale, e diventa più facile immedesima­rsi in chi, come me, queste condizioni le vive ogni giorno da vent’anni, ed è qui che comprensib­ilmente, subentra l’empatia. L’italiano empatico agisce ancora prima di pensare. Diventa altruista più di quanto già lo sia di natura. Io lo riscontro in ciò che avete fatto e state facendo per me. Gandhi diceva che il debole non può perdonare, l’essere indulgenti è una virtu’ dei forti. Se io non avessi imparato a perdonare non sarei riuscito a sopravvive­re per vent’anni in questo castello degli orrori. Io sono tutt’altro che perfetto, non posso certo paragonarm­i a Gandhi, Mandela o Martin Luther King, ma del loro insegnamen­to e pacifismo mi nutro ogni giorno. Qui dentro la mia unica arma è il sorriso. E forzatamen­te ho dovuto imparare ad arrampicar­mi sugli specchi, a rallentare e accelerare il tempo.

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