Rielli, il visionario
Il suo ultimo romanzo «Odio» è un’analisi lucida e paradossale sul tema della sorveglianza digitale «Nuovo petrolio dei big data»
«Hai pensato biscotti?». Before è un algoritmo che sa cosa vuoi prima di te grazie all’analisi dei big data, un’app che conosce i bisogni ed è pronta ad accontentarti. Una tecnologia per cui l’adagio «attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo» calza a pennello. Before non esiste, per ora, ma è la felice e terribile invenzione letteraria al centro di Odio, il nuovo romanzo di Daniele Rielli (Mondadori, 528 pagine, 20 euro). Con stile impeccabile, tra ironia, iperbole e cinismo, lo scrittore di Bolzano evoca uno spirito dei tempi in cui la realtà ha superato la fantascienza.
Rielli, il romanzo è ambientato a Roma e Marco De Sanctis, il protagonista, sembra avere un approccio filosofico al presente.
«Il protagonista viaggia molto per motivi professionali ma la città principale nella sua vita è Roma. De Sanctis è un uomo con una formazione umanistica a cui la vita ha insegnato come il suo sapere fosse inutile nella società della tecnica e — quel che è peggio — non abbia neppure basi particolarmente solide. Quale città migliore di Roma, la capitale meno occidentale dell’Occidente per un personaggio del genere? Roma oggi, nell’età della scienza, è un’isola ibrida sospesa fra passato, coriacea immutabilità e spinte esterne alla razionalizzazione che trova quasi sempre il modo di dissolvere per non cambiare mai. Come luogo è la metafora perfetta dello scontro tra umanità e tecnologia».
Uno dei temi centrali del libro...
«Le riflessioni del personaggio sulla sua epoca vanno intese in chiave letteraria, non sono una filosofia omnicomprensiva dell’autore infilata in un romanzo. Questo punto è centrale perché nell’epoca di disgregazione del logos in cui vive il personaggio, ogni pretesa di assolutismo ideologico è di fatto superata dal tempo, la letteratura è un’arma molto più affilata della filosofia. È dall’accumulazione paziente di storie di vita che si può aprire uno squarcio sulla natura profonda della nostra condizione, che il linguaggio sia la porta maestra per l’essere è un’intuizione che aveva già avuto Heidegger, uno degli ultimi grandi filosofi. Lo scontro oggi mi sembra essere fra scienza e l’atto fondativo del raccontare storie, non fra scienza e filosofia».
L’intelligenza artificiale nasce come algoritmo per le previsioni del tempo, un modello per predire il futuro.
«L’uomo si è sempre sforzato di prevedere il futuro, con risultati in genere disastrosi. Non è solo un problema di variabili infinite da prendere in considerazione ma anche della nostra limitatezza cognitiva. Siamo fatti per cercare di sopravvivere, e questo non necessariamente si sposa con il fare previsioni affidabili. Alla volte, ad esempio, può tornare più utile essere convinti di avere ragione, e riuscire così a convincere il gruppo, piuttosto che averla davvero. La quantità di dati che produciamo ogni giorno e cediamo — gratuitamente e il più delle volte senza saperlo — alle grandi aziende del digitale apre però una nuova possibilità: predire con un grado di attendibilità prima sconosciuto parti sempre un po’ più ampie di futuro. Da questo nuovo petrolio si sono generate enormi fortune e ora si stanno creando intelligenze artificiali sempre più evolute»
Marco era anche il protagonista di «Lascia stare la gallina» del 2005
«Il romanzo si può leggere benissimo senza aver letto il precedente e non si perde nulla. L’avvenimento principale per quanto mi riguarda credo sia stato il mio trasferimento a Roma, città che comunque amo un po’ di più rispetto al protagonista di Odio».
L’anno scorso ha realizzato un documentario sull’hockey a Bolzano. Cosa la lega all’Alto Adige?
«Il documentario è stata una divertente follia finita inaspettatamente bene. A Bolzano vive ancora tutta la mia famiglia e ho degli amici importanti. Con Lecce è l’unico luogo dove continuo sempre a ritornare».