LE LEZIONI DA REMOTO SONO UTILI
Vogliamo tutti tornare a insegnare dal vivo, in presenza, con il nostro corpo e non solo con la nostra immagine. Come è noto, alcune capacità si disimparano se non esercitate. Per esempio è difficile vincere una gara mondiale di sci senza allenamento. Ma certo le abilità di base (ad esempio saper sciare) non si disimparano per sempre: si può tornare a praticarle anche dopo aver smesso per molti anni, ma certo lo si farà in modo meno efficiente. Alcuni schemi corporei elementari vengono immagazzinati stabilmente e possono essere riattivati.
Per questo la necessità per alcuni tanto urgente di tornare all’insegnamento universitario dal vivo mi sorprende, come se si potesse perdere qualcosa del carattere «umano» della docenza, se per un periodo delimitato si è costretti a farlo da remoto. Come se qualcosa «scadesse» e fosse irrecuperabile alla cultura e allo spirito. Gli studenti sono molto sensibili a questo, perché sono i primi a perderci; d’altra parte sono ben abituati a gestire molte relazioni da remoto e sono pronti ad apprezzare i nostri sforzi di immigrati digitali, se non «tiriamo via». Nessuno infatti ci ha costretti all’insegnamento online per testare nuove abilità informatiche ed eventualmente escludere qualcuno che si riveli inabile. Come se qualche potere occulto volesse trasformare l’università in uno spazio vuoto, magari al fine di un controllo totale. A dir la verità questa mi pare una concezione del potere piuttosto vecchia.
Una concezione che poco corrisponde alla realtà di oggi — almeno in Occidente — in cui esso è ampiamente disseminato e modulabile solo con finezza. La ragione della scelta dell’insegnamento da remoto per questi mesi di pandemia invece è chiara ed evidente. Solo il distanziamento fisico e l’uso di semplici presidi come la mascherina hanno consentito di rallentarne progressivamente l’espansione. Certo, è difficile in certi casi credere alla scienza. Se si prescinde dai numeri, talvolta questo virus sembra una messa in scena, e quindi parlare agli studenti attraverso un computer può apparire insensato. Tuttavia le false credenze si possono cambiare: non sono idee innate. Ancora: le neuroscienze osservano che un’azione che avviene in un luogo fisico particolare favorisce la memoria autobiografica e quindi una più definita identità personale. Verissimo, del resto il nesso tra memoria e luoghi emotivamente connotati è ben noto fin da Quintiliano. La nostra casa non è un luogo specifico, che possa essere associato a un’esperienza particolare e contribuire quindi alla costruzione dell’identità sociale. A me è accaduto tuttavia più volte in questo periodo, dopo una discussione da remoto molto partecipata, di avere come l’impressione di essere appena rientrata da un’uscita pubblica. Certo, questo avviene se si sono fatte lezioni in diretta e non registrate, se si sono potuti scambiare sguardi, vedere le reazioni anche corporee e misurare quindi il grado di coinvolgimento e di attenzione. Alcuni programmi, come Zoom ad esempio, lo consentono almeno in parte, e infatti è quello che passa meglio l’esame critico.
I neuroni specchio, si osserva ancora, consentono una comprensione diretta, empatica, di un’azione compiuta da un altro solo se ne vediamo almeno il viso. Da remoto vediamo alcuni visi e qualche parte del corpo; l’attenzione e la motivazione possono essere suscitate anche in questo caso, se l’interesse e la passione per la disciplina davvero animano chi parla. Egualmente può crearsi un’attenzione condivisa basata su una sincronizzazione delle onde cerebrali se si svolge insieme uno stesso compito. Questo può avvenire anche durante una buona lezione online, anche se è più faticoso e più astratto.
Dire che le lezioni da remoto sembrino tutte uguali, cioè inadatte a suscitare l’interesse e l’attenzione, vuol dire che chi le fa non ha provato a usare qualche immagine, a sollecitare la partecipazione con lezioni poco assertive, o invitare qualche collega da qualsiasi parte del mondo a partecipare, per variare un po’ lo schema classico. Per non annoiare, bisogna insomma non annoiarsi. Regola che vale in presenza e da remoto.
Sicuramente si perde tanto delle relazioni umane se il nostro corpo non ne è direttamente coinvolto. Si perde l’aura di un individuo, l’atmosfera che lo circonda, le sue reazioni emotive immediate, che possono coinvolgerci direttamente. E tuttavia: che dire del grande impatto emotivo delle immagini cinematografiche, che ci mostrano anche le micro espressioni di un volto, che dal vivo possono anche sfuggirci? Oppure, certo perdiamo parecchio di un concerto dei Nirvana dal vivo se lo vediamo in tv o lo ascoltiamo a casa nostra. Ma poter vedere e sentire Kurt Cobain anche dopo la sua morte mi ripaga un bel po’ dell’odore di hashish e dell’atmosfera euforica e disperata che ho senz’altro perso.
La mancata condivisione fisica toglie colore, esperienza vissuta e coinvolgimento emotivo immediato: infatti quando posso vado ai concerti dal vivo perché sono spesso esperienze indimenticabili, che segnano una vita, e che nessun Spotify potrà mai sostituire. Ma vogliamo forse dire che dobbiamo buttare i cd di Mozart perché non lo possiamo sentire dal vivo? Non ho nessuna intenzione di trasformarmi in un’immagine di computer, e non sono incline allo spiritualismo: so bene che il corpo svolge un ruolo fondamentale nella nostra vita, almeno perché ci consente anzitutto di conservarla e riprodurla, e inoltre di vivere esperienze in cui la mente, il corpo e le nostre emozioni agiscono insieme in momenti decisivi.
Quel che davvero va perduto con i corsi online — i miei studenti di quest’anno lo hanno detto chiaramente — è il contatto diretto con i compagni di studio, la possibilità di condividere l’esperienza, ma anche le nottate, l’opportunità di riconoscersi come gruppo d’età con aspettative simili, il formarsi di amicizie che spesso durano una vita, la possibilità di capirsi con uno sguardo, di discutere tra pari in ogni momento, inaugurando l’esperienza dell’età adulta. Questo salta e per questo l’università non potrà mai diventare telematica se vuole rimanere un luogo di relazioni oltre che un centro di alta formazione.