Imprese, «bruciati» 5,7 miliardi
Lo studio dei commercialisti: nel primo semestre 2020 dati peggiori della media nazionale
Nel primo semestre del 2020 le imprese del Trentino Alto Adige hanno perso oltre il 20% del fatturato. «Dato spiegabile con il fatto che qui hanno chiuso più aziende rispetto al resto d’Italia», spiega il direttore generale di Confindustria Trento Roberto Busato.
TRENTO Il fatturato delle imprese trentine e altoatesine è calato di oltre il 20% nei primi sei mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Si tratta di circa 5,7 miliardi di euro bruciati nel primo semestre dell’anno, una perdita provocata dal lockdown causato dall’emergenza Covid. Lo studio è del Consiglio e della Fondazione Nazionali dei Commercialisti sulla base dei dati presenti nella banca Aida di Bureau Van Dijk. Nell’analisi sono considerate circa 830 mila società in tutta Italia, che fatturano complessivamente circa 2.700 miliardi di euro, l’89% di tutte le imprese e l’85% circa di tutti gli operatori economici. Nello specifico, le imprese della provincia di Trento avrebbero fatturato poco più di 9 miliardi 700 mila euro, con un calo di 2,5 miliardi (-20,4%), mentre quelle della provincia di Bolzano avrebbero avuto un calo delle vendite di oltre 3,2 miliardi di euro (-20,7%). Crolli entrambi superiori alla perdita media nazionale, che si attesta a -19,7%. Complessivamente in Italia circa 280 miliardi sarebbero andati in fumo. «Di stime ce ne sono diverse — commenta Federico Giudiceandrea, presidente di Assoimprenditori Alto Adige, provando a rassicurare —, sarà importantissimo
Busato Questo calo è motivato dal fatto che hanno chiuso più aziende rispetto al resto d’Italia
Giudiceandrea Le aziende più strutturate avranno meno difficoltà a superare questa crisi
capire come sarà la situazione a settembre». «Una perdita del genere — dice Roberto Busato, direttore generale di Confindustria Trento — è spiegabile con il fatto che in Trentino una percentuale maggiore di imprese è rimasta chiusa rispetto al resto di Italia: il 44,9% contro il 38% secondo un’analisi di Fondazione Nord Est. Il dato ovviamente colpisce — continua —, ma se pensiamo che oltre l’80% di imprese si è fermata per un periodo è comprensibile».
Il rischio che cali così significativi di fatturato possano portare alla chiusura di imprese è concreto. «Le aziende più strutturate hanno più possibilità di superare crisi del genere — commenta Giudiceandrea —, anche per la questione della liquidità a disposizione. L’Istat parla di una su tre a livello nazionale, magari in Alto Adige il rischio non è così alto ma esiste». Il problema della liquidità a disposizione delle aziende per Giudiceandrea rimane: «Gli aiuti che le banche concedono rimangono comunque legati a parametri di redditività e capitalizzazione pari a quello che erano prima dell’emergenza». Sul tema delle chiusure Busato si mostra moderatamente ottimista: «La preoccupazione di sistema deve esserci, ma credo che il settore della manifattura che rappresentiamo avrà una percentuale di imprese in difficoltà inferiore rispetto ad altri comparti più in difficoltà».
Per risollevare la situazione occorrono decisioni rapide sulle nuove misure da adottare, sia a livello di cantieri da sbloccare sia sulle procedure per gli appalti. «È chiaro che edilizia e componentistica sono legate e le misure di cui si parla potrebbero dare una mano. Ma — sottolinea Giudiceandrea — gli accordi di cui leggiamo rimangono “salvo intese”. Non ci sono certezze quando invece servirebbe velocità e concretezza». Concetti simili sono propri anche di Busato: «Le grandi opere devono partire in fretta. Per questo è necessario sburocratizzare le procedure e introdurre il commissario. In Trentino — continua — è stata introdotta la figura del supervisore che può essere utile se dotato di poteri per far rispettare i tempi. Per quanto riguarda il Codice degli appalti — conclude — una semplificazione è necessaria».