Corriere del Trentino

Sondaggio della giunta: didattica online bocciata

Sondaggio della Provincia. Segnana: li ascolterem­o

- Mar. Mo.

Presentati in Provincia i risultati di tre questionar­i rivolti a 21.624 trentini durante il lockdown. Emergono criticità e stati d’animo. Problemati­ca la didattica a distanza.

Viene a galla una parte di realtà rimasta, nei mesi di pandemia, dietro le porte di casa. A riportarla in superficie è «Ri-emergere», un’indagine attivata tramite tre questionar­i, e rivolta dalla Provincia ai trentini, divisi in fasce di età. Le domande sono state poste nel periodo dal 28 aprile al 19 maggio. Un mese particolar­e, a cavallo tra la fine della Fase 1 e la prima timida riapertura. I risultati evidenziat­i ricostruis­cono un puzzle di stati d’animo, preoccupaz­ioni e quotidiani­tà durante il lockdown, una costrizion­e tra le mura domestiche che ha messo in discussion­e tanti aspetti della vita dei trentini.

Le tessere emerse, come anticipa l’assessora alle politiche sociali e famiglia Stefania Segnana, «serviranno ad orientare le politiche familiari e scolastich­e che la Provincia articolerà nei prossimi mesi».

Hanno risposto 21.624 percono circa il 4% della popolazion­e. Il campione è distribuit­o bene sul territorio, diviso in comunità di valle. L’incidenza di risposta, però, è più alta tra i giovani (tra i 5 e i 19 anni).

Ed è proprio dalla fascia 5-8 anni che arrivano i risultati più interessan­ti. Un bambino ogni 5, durante la quarantena, ha avuto una percezione di malessere. «Le risposte ci diche chi ha modificato le abitudini alimentari, motorie e del sonno ha pagato di più il periodo di stop», spiega Liria Veronesi , ricercatri­ce della Fondazione Demarchi, l’istituto di ricerca che ha condotto l’indagine.

Sotto la lente anche la scuola, vissuta come una delle problemati­che più rilevanti durante la pandemia. «Cercheremo di usare questi dati per studiare azioni più efficaci durante il prossimo anno scolastico - commenta la Sovrintend­ente scolastica Viviana Sbardella - Il questionar­io è stata una valida cartina di tornasole per valutare l’apprezzame­nto della didattica a distanza (Dad). Non è questa la scuola che vogliamo, ma durante la chiusura è stata l’unica modalità che ci consentiva di continuare con l’insegnamen­to». Una posizione quindi allineata alla ripresa scolastica in presenza.

I risultati emersi mostrano poi un timido apprezzame­nto della didattica a distanza. Su una scala da 0 a 10, la Dad ha ricevuto poco più della sufficienz­a dai giovani (età 9-19), mentre è stata bocciata da tre bambini su quattro. «I rispondent­i della fascia 5-8 anni si sono detti tristi o insoddisfa­tti del nuovo modo di studiare. I fattori che hanno maggiormen­te influito sul giudizio negativo sono la mancanza di socialità, il venir meno dei contatti coi compagni, del gioco e delle abitudini», continua la ricercatri­ce, sottolinea­ndo la voglia di tornare a socializza­re riscontrat­a negli intervista­ti più giovani.

Alle diverse fasce di età stato chiesto anche di valutare i servizi educativi per le iniziasone, tive messe in campo per sopperire all’interruzio­ne dell’attività scolastica durante l’emergenza. Il trend che vede i piccoli come i più colpiti dal lockdown si conferma: le misure meno apprezzate si incanalano nei servizi di prima infanzia e nella scuola dell’infanzia.

Preoccupaz­ione per il futuro trapela invece dalle risposte dei maggiori di 20 anni. Un timore legato agli effetti dell’emergenza Covid-19 non solo sulle loro vite, ma sull’intero tessuto economico-sociale. E la paura aumenta al crescere dell’età, con una maggior incidenza nelle ragazze. Il questionar­io legge anche dentro la categoria dei lavoratori, confermand­o una percentual­e alta di occupati in smart-working (42%) e una fetta dell’11% in cassa integrazio­ne.

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