IL PRG TRA LUCI E OMBRE
Finalmente — a tempo scaduto e dopo giorni di inutile e stucchevole ostruzionismo — è stata approvata dal Consiglio comunale la variante al Piano regolatore generale del capoluogo. Non si tratta di una revisione ma di una semplice variante di manutenzione ordinaria del piano in vigore dal 2004, ben lontana dal raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che i documenti programmatici si erano dati. Detto ciò, pur con tutti i limiti dello strumento approvato, è una variante che la città aspettava per dare fiato a una situazione bloccata da sedici anni frutto certo di mancate scelte ma pure causa della contingenza economica e della successiva crisi innestata dalla SARS-CV-2. Come tutti gli strumenti parziali tale variante è bifronte; contiene elementi positivi e aspetti discutibili. Partiamo dalle cose positive. Viene confermato l’interramento della ferrovia la cui attuazione dovrà essere ben studiata per renderla effettivamente operativa. Si poi di fatto bloccato il consumo di suolo non prevedendo nuove aree edificabili, stralciando invece quelle non attuate e dando strumenti operativi al riuso. L’unica, peraltro di minima, eccezione sul cohousing di Melta, fonte di mediazione politica, non può essere vista come uno sfregio a tale scelta che resta l’elemento portante di questa variante e che rappresenta il futuro della città che si rinnova. È stata trovata inoltre una soluzione all’annoso problema di Trento Nord.
Soluzione che ha messo in archivio definitivamente il piano Gregotti riconoscendo la diversità delle aree comprese precedentemente in un unico piano attuativo che bloccava ogni possibile iniziativa. Lo stesso si è fatto sulle aree produttive a Trento Sud affermando il bisogno di rinnovo urbano della zona e dando nel contempo la possibilità a questa parte di città di uscire definitivamente dal disordine in cui è rimasta prigioniera per anni. Si è introdotta, seppur timidamente e vagamente, la possibilità della funivia del Bondone, opera probabilmente necessaria per un effettivo rilancio economico ed ecologico della montagna di Trento. Ha preso il via una semplificazione della zonizzazione anche alla luce delle nuove definizioni delle categorie d’intervento nonché si è semplificata, riclassificata e uniformata la declinazione delle specifiche zone produttive, togliendo inutili vincoli di destinazione urbanistica. Insomma un’onesta, puntuale e dovuta manutenzione, accanto a uno snellimento e sblocco della pianificazione esistente che conclude, senza troppi scossoni, ventidue anni di gestione urbanistica del prima assessore e poi sindaco, Alessandro Andreatta.
Veniamo adesso agli aspetti negativi. La partecipazione rimane la grande assente. Il coinvolgimento degli Ordini professionali e dell’Università ha avuto solo un aspetto puramente formale, senza risultati concreti. Una variante che, al di là del risparmio di suolo, non ha espresso una visione. La città ha bisogno di un progetto e il progetto ha necessità di un’idea di città che temo sia quello che manca in una simile variante. Ogni generazione deve un po’ ripensare la città osservando ciò che è stato elaborato dalla generazione precedente, vedendo se i meccanismi erano adeguati, facendo maturare la stessa città. Perché la città ha sempre la possibilità di fare meglio. Quindi è lecito chiedersi: come ha ripensato Trento per i prossimi vent’anni questa variante al Prg? Il piano ha probabilmente rimediato a errori precedenti ma non ci ha dato una fotografia di come potrebbe svilupparsi. Un piano non è un atto dovuto per concludere una consigliatura. La variante dovrà essere ripresa in mano, con strumenti probabilmente diversi, se si vuole ragionare (speriamo) in chiave futura. E proprio di un futuro abbiamo più che mai bisogno.