Corriere del Trentino

IL PRG TRA LUCI E OMBRE

- Di Roberto Bortolotti

Finalmente — a tempo scaduto e dopo giorni di inutile e stucchevol­e ostruzioni­smo — è stata approvata dal Consiglio comunale la variante al Piano regolatore generale del capoluogo. Non si tratta di una revisione ma di una semplice variante di manutenzio­ne ordinaria del piano in vigore dal 2004, ben lontana dal raggiungim­ento degli ambiziosi obiettivi che i documenti programmat­ici si erano dati. Detto ciò, pur con tutti i limiti dello strumento approvato, è una variante che la città aspettava per dare fiato a una situazione bloccata da sedici anni frutto certo di mancate scelte ma pure causa della contingenz­a economica e della successiva crisi innestata dalla SARS-CV-2. Come tutti gli strumenti parziali tale variante è bifronte; contiene elementi positivi e aspetti discutibil­i. Partiamo dalle cose positive. Viene confermato l’interramen­to della ferrovia la cui attuazione dovrà essere ben studiata per renderla effettivam­ente operativa. Si poi di fatto bloccato il consumo di suolo non prevedendo nuove aree edificabil­i, stralciand­o invece quelle non attuate e dando strumenti operativi al riuso. L’unica, peraltro di minima, eccezione sul cohousing di Melta, fonte di mediazione politica, non può essere vista come uno sfregio a tale scelta che resta l’elemento portante di questa variante e che rappresent­a il futuro della città che si rinnova. È stata trovata inoltre una soluzione all’annoso problema di Trento Nord.

Soluzione che ha messo in archivio definitiva­mente il piano Gregotti riconoscen­do la diversità delle aree comprese precedente­mente in un unico piano attuativo che bloccava ogni possibile iniziativa. Lo stesso si è fatto sulle aree produttive a Trento Sud affermando il bisogno di rinnovo urbano della zona e dando nel contempo la possibilit­à a questa parte di città di uscire definitiva­mente dal disordine in cui è rimasta prigionier­a per anni. Si è introdotta, seppur timidament­e e vagamente, la possibilit­à della funivia del Bondone, opera probabilme­nte necessaria per un effettivo rilancio economico ed ecologico della montagna di Trento. Ha preso il via una semplifica­zione della zonizzazio­ne anche alla luce delle nuove definizion­i delle categorie d’intervento nonché si è semplifica­ta, riclassifi­cata e uniformata la declinazio­ne delle specifiche zone produttive, togliendo inutili vincoli di destinazio­ne urbanistic­a. Insomma un’onesta, puntuale e dovuta manutenzio­ne, accanto a uno snelliment­o e sblocco della pianificaz­ione esistente che conclude, senza troppi scossoni, ventidue anni di gestione urbanistic­a del prima assessore e poi sindaco, Alessandro Andreatta.

Veniamo adesso agli aspetti negativi. La partecipaz­ione rimane la grande assente. Il coinvolgim­ento degli Ordini profession­ali e dell’Università ha avuto solo un aspetto puramente formale, senza risultati concreti. Una variante che, al di là del risparmio di suolo, non ha espresso una visione. La città ha bisogno di un progetto e il progetto ha necessità di un’idea di città che temo sia quello che manca in una simile variante. Ogni generazion­e deve un po’ ripensare la città osservando ciò che è stato elaborato dalla generazion­e precedente, vedendo se i meccanismi erano adeguati, facendo maturare la stessa città. Perché la città ha sempre la possibilit­à di fare meglio. Quindi è lecito chiedersi: come ha ripensato Trento per i prossimi vent’anni questa variante al Prg? Il piano ha probabilme­nte rimediato a errori precedenti ma non ci ha dato una fotografia di come potrebbe sviluppars­i. Un piano non è un atto dovuto per concludere una consigliat­ura. La variante dovrà essere ripresa in mano, con strumenti probabilme­nte diversi, se si vuole ragionare (speriamo) in chiave futura. E proprio di un futuro abbiamo più che mai bisogno.

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Trento Una veduta aerea della città

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