«La Provincia paghi il debito di 194 milioni con l’Università»
La Corte dei Conti avverte Piazza Dante: 194 milioni da saldare. Degasperi: si agisca
La Corte dei conti ha nuovamente posto il tema nella relazione sul rendiconto per l’esercizio finanziario del 2019. Piazza Dante deve all’ateneo 194 milioni, scrivono i magistrati contabili. A preoccupare è la mancanza di un piano di rientro che — si legge nella relazione — rischia di generare «possibili criticità nei bilanci dei creditori».
La questione non è nuova e per ricostruire l’origine del debito della Provincia nei confronti dell’università è necessario risalire ad altre legislature: l’ultima di Lorenzo Dellai, poi quella di Ugo Rossi, oggi Maurizio Fugatti. Giunte diverse ma il medesimo nodo (irrisolto) che la Corte dei conti ha nuovamente censurato nella relazione sul rendiconto per l’esercizio finanziario del 2019 della Provincia. Piazza Dante deve all’ateneo 194 milioni, scrivono i magistrati contabili che ricordano la massa di residui passivi anche nei confronti dell’Azienda sanitaria (356,5 milioni). A preoccupare, oltre all’esposizione debitoria della Provincia, è la mancanza di un piano di rientro che — si legge nella relazione datata 25 giugno — rischia di generare «possibili criticità nei bilanci dei soggetti creditori». «Una situazione che aleggia da anni — dice laconico il consigliere Filippo Degasperi — Ora c’è da chiedere alla sezione di controllo della Corte dei conti se tale ammanco è ammissibile o meno, per dare gli strumenti ai creditori di esercitare una rivalsa nelle sedi opportune».
La vicenda
Il tema, come detto, non è nuovo. È del 18 aprile 2016 la lettera a firma dell’allora governatore Ugo Rossi che stabiliva una sorta di traccia (circa 30 milioni l’anno) per ripianare il debito della Provincia nei confronti dell’ateneo. Un primo tentativo per dipanare una questione ereditata negli anni precedenti. Con l’acquisizione della delega sull’università del 2011 — recependo il Patto di Milano del 2009 — la Provincia di Trento si è impegnata con lo Stato a corrispondere all’ateneo, ogni anno, circa 80 milioni di fondi fino a quel momento garantiti da Roma. Un trasferimento degli impegni finanziari, dunque. Ma oltre a tale somma l’accordo prevedeva altri 30 milioni circa. Su per giù quelli che sono venuti a mancare negli anni a venire. Nella sostanza gli stanziamenti a bilancio sono sempre stati regolari e questo ha permesso all’ateneo di iscrivere ogni anno in «attivo» il credito crescente. Tuttavia le risorse non si sono poi tradotte in cassa. La spiegazione di tali ammanchi, si disse, era legata ad altre priorità finanziarie di Piazza Dante. Fatto sta che oggi il debito è di 194 milioni.
La relazione
Ad attualizzare la cifra è stata la Corte dei conti, nella relazione vidimata da Massimo Agliocchi e Alessia Di Gregorio. «La Provincia — si legge — tende ad accumulare una significativa massa di residui passivi nei confronti di soggetti facenti parte del sistema territoriale integrato, che nel 2019 è pari all’importo complessivo di 1.387 milioni di euro, a fronte di residui attivi (crediti) pari a circa 8,35 milioni di euro». Ciò è imputabile, spiegano ancora, al criterio di erogazione adottato dall’Amministrazione che provvede ai pagamenti su presentazione del fabbisogno. Ma chi sono i creditori? «Spiccano per dimensione — sottolineano i magistrati contabili — la massa di crediti vantati al 2019 dalle Agenzie (circa 449,6 milioni di euro di cui 318,4 milioni di euro verso Apiae), dall’Università degli studi di Trento (circa 194 milioni di euro) e dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari (circa 356,5 milioni di euro)». Ed ecco il problema: «Si rileva, tuttavia, che non sono stati adottati piani di rientro per i singoli enti». Davanti alle richieste della Corte dei conti, la Provincia ha però cercato di giustificarsi e i magistrati citano testualmente l’argomento di Piazza Dante. «Le somme assegnate ai soggetti facenti parte del sistema territoriale provinciale integrato, vengono di norma liquidate su presentazione di periodici fabbisogni di cassa. Tenuto conto che tali soggetti fanno parte del sistema territoriale provinciale integrato sono state definite modalità di gestione dei pagamenti che consentano una gestione coordinata della liquidità limitando la formazione di giacenze presso gli enti medesimi. La presenza di residui è quindi legata al fatto che gli enti utilizzano prioritariamente le giacenze derivanti dalle entrate proprie e successivamente le risorse provenienti dai trasferimenti provinciali».
«Criticità nei bilanci»
Ma la giustificazione per la Corte dei conti non è sufficiente. «Come è già stato rilevato, tali somme costituiscono un debito di cassa al quale la Provincia dovrà far fronte entro termini certi, determinando altrimenti possibili criticità nei bilanci dei soggetti creditori».
«Il tema aleggia da anni e la Provincia non l’ha mai voluto affrontare con un accordo formale per estinguere il debito in un periodo di tempo concordato — evidenzia Filippo Degasperi, consigliere provinciale di Onda civica — Nulla
è cambiato rispetto alla gestione precedente: non ci si prende l’impegno e i soldi si usano per altro, rimandando il pagamento ai creditori». Considerate le difficoltà, Degasperi riflette sulle scelte fatte con il Patto di Milano, ovvero quando la Provincia ha deciso di farsi carico delle competenze finanziare dell’ateneo: «Sono sempre stato scettico perché, di fatto, la giunta può solo pagare senza avere voce in capito, tra l’altro giustamente, su una istituzione che è autonoma». Considerata la mancanza di un piano di rientro del debito verso l’ateneo, Degasperi ora chiede però un passo in più: «La sezione di controllo lo ripete da tempo, ormai — dice — Adesso però ci dica anche se è ammissibile o meno che la Provincia non oneri i suoi debiti perché non è rispettoso nei confronti del creditore che, avendo un quadro maggiormente chiaro, può capire se avanzare pretese nelle sedi opportune».