Richiedenti asilo l’iscrizione all’anagrafe è un diritto
I richiedenti ne hanno diritto. La battaglia di un’ucraina
TRENTO Era fuggita dalla guerra e si era rifugiata in Trentino con il figlio minorenne. Da anni vive in Italia con la famiglia, ma senza essere iscritta all’anagrafe. Non ne ha diritto secondo il giudice trentino Massimo Morandini che a ottobre 2019 aveva respinto il ricorso «per azione civile contro la discriminazione», promosso dal professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, insieme all’avvocato milanese Alberto Guariso e al collega trentino Giovanni Guarini, condannando la donna anche al pagamento di 5.500 euro di spese di giudizio al ministero. Stessa sorte era capitata a un richiedente asilo di Bolzano che aveva presentato ricorso davanti al giudice Marco Tamburrino. Il Tribunale di Trento è stato tra gli unici in Italia a non sollevare i dubbi di costituzionalità del decreto legge Salvini come hanno fatto invece altri Tribunali l’Italia e la stessa Corte d’appello di Trento che, per la madre ucraina, ha sospeso l’udienza rinviandola in autunno in attesa della pronuncia della Consulta.
Ora i giudici costituzionalisti si sono espressi e hanno bocciato il primo decreto sicurezza voluto dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini riscrivendo il destino di tanti richiedenti asilo che ora potranno chiedere ai Comuni di essere iscritti all’anagrafe. «Il decreto viola l’articolo 3 della Costituzione», sostiene la Corte. Secondo la Consulta «è irragionevole la norma che preclude l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo». La Corte ha dichiarato l’incostituzionalità per violazione dell’articolo 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: «per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza e per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti».
Un verdetto importante che apre la strada a tanti ricorsi di richiedenti asilo in attesa dell’iscrizione e della stessa madre ucraina, trentina d’adozione, che ora può sperare in una riforma della sentenza di primo grado in appello. Gli avvocati della madre rifugiata avevano messo in dubbio la costituzionalità in particolare dell’articolo 13 del decreto Salvini che si porrebbe in contrasto con gli articoli 2-3 della Costituzione. Il ricorso puntava a far cessare «il comportamento discriminatorio» — avevano scritto i legali — del Comune di Trento che fino ad ora ha negato l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo in forza dell’articolo 13 del Decreto Salvini. La mamma ucraina, che era fuggita dalle aree di conflitto, aveva presentato alla questura domanda di protezione internazionale il 29 agosto 2018. Le era stato rilasciato un documento nel quale si attesta lo status di rifugiato. Da allora ha sempre vissuto a Trento insieme a parenti con regolare permesso di soggiorno, ma per il Comune non aveva diritto all’iscrizione all’anagrafe.