La storia di Thyrolf, il boia senza pietà
Tedesco etnico di Varsavia, organizzò la retata di Riva e Arco usando un infiltrato
Intelligente, brillante, un uomo spietato che si è macchiato di atroci delitti. È questo il profilo di Rudolf Thyrolf, nazista convinto nato a Varsavia del 1906, capo della polizia e dei servizi di sicurezza nel territorio regionale: fu responsabile, tra l’altro, della morte di partigiani e prigionieri di guerra. Fanatico antisemita, ostentava gentilezza nei modi, ma di indole era crudele e senza scrupoli.
Rudolf Thyrolf, nato a Varsavia nel 1906, era finito del dimenticatoio. Nazista convinto ma gentile nei modi. Intelligente. Brillante. Insomma, un uomo spietato, che si è macchiato di atroci delitti. Capo della Polizia e dei Servizi di Sicurezza nel territorio regionale, dal 1944 in poi, il maggiore delle SS Rudolf Thyrolf fu responsabile, fra l’altro, della morte di Manlio Longon, Gianantonio Manci, Angelo Bettini e altri partigiani e prigionieri di guerra. Sparito nel nulla alla fine della guerra, è stato ritrovato in Germania da Renzo Fracalossi — regista e autore teatrale trentino, e presidente del Club Armonia, nell’ambito di alcune ricerche storiche — dove ha sempre vissuto libero e incolpevole. Con due articoli in esclusiva per il «Corriere del Trentino» e «Corriere dell’Alto Adige», che anticipano la pubblicazione di un lungo lavoro sul prossimo numero della rivista della «Società di Studi Trentini di Scienze Storiche», Fracalossi racconta un protagonista di primo piano di quegli anni terribili nella nostra terra.
Il 2 maggio 1945 un’automobile lascia, in tutta fretta, Bolzano diretta a nord. Alla guida un trentanovenne alto, i capelli castani ed un fisico atletico, insomma un bell’uomo. Si tratta dello Sturmbannführer SS Rudolf
Thyrolf, responsabile della Polizia di Sicurezza per la «Zona di Operazioni delle Prealpi». Sono giornate convulse. La guerra sta finendo ed il Reich del millennio, che è durato in realtà solo dodici anni, sta sprofondando nelle sue stesse ceneri.
Fino a pochi giorni prima, quel maggiore delle SS, dai suoi uffici nel palazzo del Corpo d’Armata Alpino a Bolzano, estende la sua giurisdizione sull’intero territorio delle province di Bolzano, Trento e Belluno. È un lavoro complesso e difficile il suo, per il quale si avvale di uno staff di collaboratori che ricomprende tre segretarie: Emma Kröll, Hedwig Gutweniger e l’altoatesina Frieda Pichler, che si occupa anche di alcune azioni di polizia. Nel gruppo spiccano poi le figure del maggiore SS August Schiffer, un nazista fanatico che comanda la Gestapo, del «Kriminal Sekräter» Heinz Andergassen e dei sottufficiali Hans Butz, Alberto Storz e Paul Matzken. Nove persone che, per oltre un anno, seminano violenza e paura fra queste valli.
Thyrolf è un «ottimo ufficiale con una chiara visione dei compiti assegnati ai Servizi di Sicurezza ed è un lavoratore instancabile, con un carattere molto cameratesco», come lo descrive la sua scheda militare. Nazista convinto ma gentile nei modi; mai sguaiato, senza scrupoli, è molto efficiente e lo dimostra subito organizzando meticolosamente — dopo aver preso atto di un rapporto redatto da un infiltrato della Gestapo nelle file della Resistenza trentina, Fiore Lutterotti — una retata in grande stile, che decapita quasi tutti i vertici del movimento partigiano del territorio regionale.
Si tratta di una operazione condotta dalle SS, che porta all’uccisione di alcuni giovani partigiani a Riva del Garda e Arco e dell’avvocato roveretano Angelo Bettini, nonché all’arresto del conte Gianantonio Manci, insieme a Gastone Franchetti, Giuseppe Ferrandi, Gino Lubich ed altri. Il primo non arriva vivo al processo; gli altri due sono condannati a morte ed i restanti a dure pene detentive.
Ma chi è costui? Nato a Varsavia nel 1906 e perciò definito un «tedesco etnico», nato cioè fuori dai confini del Reich, cresce nella casa paterna di Jena dove frequenta le scuole, per poi iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche ed economiche. Dopo un primo periodo di studi in Germania, durante il quale aderisce ad organizzazioni studentesche di destra, prosegue la sua formazione in Gran Bretagna nel 1929, grazie anche ad una borsa di studio, finanziata segretamente dal Servizio di Sicurezza delle SS che ha visto — in quel ragazzone appassionato di sport — un investimento sicuro. Durante il suo soggiorno inglese a Liverpool infatti, Thyrolf studia con molto profitto, ma impiega il suo tempo anche ad osservare i centri di produzione inglese ed organizza, in breve, una sorta di rete spionistica, carpendo ovunque informazioni: al porto come nel mondo accademico.
Fin da ragazzo è antisemita e, affascinato dalla propaganda nazista, chiede l’iscrizione al Partito già all’età di sedici anni, ma la domanda viene respinta. Nel 1933 finalmente viene accettato nel Partito e due anni dopo sostiene l’esame di Stato divenendo «sostituto avvocato e notaio» a Waltershausen in Turingia. Poco dopo entra a far parte del Servizio di Sicurezza delle SS e viene assegnato agli uffici di Lipsia.
È brillante, colto ed intelligente; apprezzato da commilitoni e superiori anche per le sue indubbie doti fisiche e la passione per lo sport; nel ‘38 ottiene la nomina a sottotenente che gli apre la carriera di ufficiale dell’SD. L’anno seguente diventa tenente e poi, il 20 aprile 1940, capitano, destinato al Ministero degli Interni a Berlino, poi a Dresda, a Norimberga ed infine a Reichenberg, nei Sudeti, in qualità di vice comandante della Polizia.
Nel marzo del ‘44, un ordine diretto di Kaltenbrunner, capo dell’Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich, lo destina prima ad Innsbruck e, tre mesi dopo, quando i tedeschi invadono l’Italia a seguito della resa dell’8 settembre 1943, a Bolzano. Thyrolf è un uomo di Franz Hofer, il Gauleiter dei Tirolo, che lo protegge e lo aiuta anche contro l’opinione del generale Harster che gli preferirebbe il suo collega Schiffer. Ma Hofer è austriaco, come Kaltenbrunner, e l’amicizia conta molto fra i vertici nazisti. Per oltre un anno Thyrolf, così, è il padrone pressoché assoluto dell’intera «Alpenvorland Zone».
Repressione dei gruppi della Resistenza; caccia spietata agli ebrei e ricerca dei piloti alleati abbattuti, ma anche partecipazione personale alle torture e complicità in molti omicidi rappresentano il lavoro quotidiano del maggiore delle SS, al punto che, a guerra finita, pendono sul suo capo gravi accuse per crimini di guerra, fra i quali la complicità nell’omicidio di Manlio Longon, una delle figure di spicco della Resistenza in Alto Adige e nella morte di alcuni prigionieri di guerra inglesi e americani.
Il 2 maggio del 1945, Thyrolf sparisce. Secondo le prime informazioni raccolte dal «War Crimes Branch», che si occupa dei criminali di guerra, è riuscito a fuggire in Ungheria; secondo altre versioni, dopo aver portato la famiglia a Nikolsdorf presso Linz ripara in Svizzera, mentre qualcuno sostiene che sia stato fucilato dagli americani nel ‘45 o sia riuscito a fuggire in Sudamerica attraverso la «Ratlinie», la via di fuga dei nazisti coadiuvata dal Vaticano.
Per molti anni la vicenda di Thyrolf finisce qui. Eppure... (1.continua)
Profilo Fanatico antisemita, ostentava gentilezza nei modi, ma di indole crudele e senza scrupoli
Dopo l’eccidio Il 2 maggio 1945 in auto lascia Bolzano in tutta fretta facendo sparire ogni traccia