Grand Tour dei rifugi Strade, suggestioni, storie
Itinerari Un volume pubblicato da Il Mulino racconta le origini e le bellezze di questi «baluardi» trentini e altoatesini delle Dolomiti: tra aneddoti e futuro
Èun caso unico al mondo. Non uno ma due rifugi a quota 2.271, distanti appena 20 metri, ai piedi del Castelletto inferiore di Vallesinella e della Vedretta di Brenta inferiore, nel cuore delle Dolomiti. I due rifugi in pietra dedicati a Quintino Sella, fondatore del Club Alpino Italiano, e all’inglese Francis Fox Tuckett oggi sono gestiti in maniera unitaria e accolgono 120 persone. Raggiungibili in un’ora e mezza dalla Vallesinella, o dalla funivia che da Madonna di Campiglio sale al passo del Grosté, costituiscono il punto di partenza per un’infinità di escursioni e ascensioni, vie di arrampicata, vie ferrate e traversate verso altri rifugi.
E pensare che la costruzione dei due edifici era nata, semplicemente, per uno scontro politico legato all’irredentismo in Trentino. Il 13 agosto 1906 la Società alpinisti tridentini aveva inaugurato un primo rifugio, dedicandolo al fondatore del Cai Quintino Sella, e solo una settimana più tardi, il 20 agosto, la sezione di Berlino del Club alpino austro-tedesco aveva aperto il più possente rifugio Tuckett. Storie di montagna che diventano lezioni di storia rincorrendo il fascino incontaminato
dei rifugi ad alta quota.
Storie raccontate nel volume Andare per rifugi, scritto a sei mani da Roberto Dini, Luca Gibello e Stefano Girodo, appena edito da Il Mulino (144 pagine, 12 euro).
Un libro che è più di una guida e che si declina tra racconti e suggestioni, indicazioni e suggerimenti anche su
come raggiungere e vivere questi baluardi delle montagne durante l’estate. Tanti i rifugi del Trentino e dell’Alto Adige narrati nelle oltre 144 pagine. Ad iniziare dal rifugio Ai Caduti dell’Adamello, a 3040 m sul livello del mare, vicino al Passo della Lobbia Alta nel gruppo dell’Adamello, nel comune di Spiazzo, in Val
Rendena, Trento. Punto di interesse militare durante la Grande Guerra, rimarrà nella memoria collettiva come «il rifugio del Papa», inteso Giovanni Paolo II. Proprio lì, nel luglio 1984, ebbe luogo lo storico incontro tra Karol Wojtyla e il presidente della Repubblica Sandro Pertini, in ricordo dei caduti delle guerre.
Un terrazzo panoramico sulla conca di Gardeccia, in Val di Fassa, nel cuore del gruppo del Catinaccio, alla sommità di uno sperone, sorge, dal 1897, è il rifugio Vajolet e Preuss. Crocevia di numerose escursioni, è da sempre uno dei più frequentati dell’intero arco alpino, sia per i facili accessi dalla Val di Fassa, sia per la magnificenza del luogo, che rappresenta uno dei fulcri dolomitici riconosciuti come patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2009.
Spostandosi a nord, esattamente al confine tra Austria e Alto Adige, si può visitare dopo tre ore di difficile cammino il Rifugio Venna alla Gerla, sulle Alpi della Zillertal tra la val di Vizze e la Vennatal. Il luogo è stato per decenni, a partire dalla Prima Guerra Mondiale, fulcro di attriti politici tra Italia e Austria prima e poi tra i Cai altoatesini e quelli tedeschi. La querelle si risolse nel 1989 con la gestione comune tra il Cai di Vipiteno e la Dav di Landshut e il cambio di nome in Rifugio Europa.
Il mondo dei rifugi di montagna guarda però al futuro. È un’opera di spettacolare architettura contemporanea il rifugio Vittorio Veneto al Sasso Nero, a 3.026 metri, ricostruito e aperto dal 2018. Un gioiello dell’eco-sostenibilità che, nel comune di Valle Aurina, Bolzano, si integra in un paesaggio mozzafiato che lancia lo sguardo tra le Alpi della valle di Ziller attraverso gli Alti Tauri e il gruppo del Rieserferner, fino alle cime dolomitiche della Marmolada.