« Disparità tra territori, si crea concorrenza sleale
TRENTO Massimo Piffer, vicepresidente vicario di Confcommercio Trentino. Riferendosi alla legge sulle chiusure domenicali, Lei ha parlato di provvedimento sbagliato. Anche dalle altre associazioni di categoria trentine è arrivata una bocciatura all’unisono della norma. Quali sono le vostre ragioni ?
«Secondo noi si tratta di una decisione affrettata, che non tiene conto del territorio nella sua interezza. Quando si va a toccare un sistema distributivo, serve cautela, specialmente in questi ultimi mesi, se vogliamo che le azioni intraprese agiscano in chiave anticongiunturale, dopo l’emergenza Covid».
Si tratta quindi di valutazioni che considerano le ricadute economiche delle chiusure sul tessuto imprenditoriale?
«Esattamente. La difficoltà è la seguente: in adeguamento alla legge Monti del 2011, che ha consentito le aperture domenicali, tanti imprenditori hanno scelto di tarare i propri investimenti nel commercio in funzione dei sette giorni lavorativi. Se questi vengono messi in discussione dall’oggi al domani, ignorando i tempi di cui un’attività ha bisogno per rimodulare il proprio business, si crea un’oggettiva difficoltà. Oltretutto, con molte imprese già in bilico a causa del blocco di tre mesi durante la pandemia. Pensiamo al settore moda. Ha una filiera di commercio di programmazione e un consumatore abituato a fare acquisti di domenica. Con un giorno importante di apertura in meno, e gli ordini magari già inoltrati ai fornitori, molti capi rischiano di rimanere invenduti nei magazzini. Tradotto: meno liquidità per adempiere agli oneri finanziari che saranno da corrispondere in ottobre. Il problema impatta soprattutto sui franchising e sui negozi medio-grandi».
L’Unione altoatesina non solleva questo problema e supporta la nuova legge sulle chiusure domenicali. Allo stesso modo, gli imprenditori dell’Alto Adige hanno seguito con interesse le mosse della Provincia di Trento. A cosa è dovuta questa divergenza di prospettive?
«Bolzano ha da sempre un’identità più allineata al modello austriaco, che ha un consolidato sistema di chiusure durante le domeniche e i festivi. In più, il ragionamento altoatesino a favore delle serrande abbassate è mosso dalla logica di favorire le piccole botteghe, con funzione di supporto alle aree alpine. Da questo punto di vista, Trentino e Alto Adige sono diversi. Per come la vedo io, a garantire la tenuta degli esercizi commerciali in Trentino, anche nei siti storici, è il turismo. Dobbiamo giocarci la carta dei servizi, offrendo al consumatore scelta. E non è pensabile che una legge possa stabilire quali negozi hanno il diritto di lavorare e quali no».
A tal proposito, oltre a distinguere tra zone a vocazione turistica e non, la circolare esplicativa inviata dall’assessore al commercio Failoni esenta dall’obbligo di chiusura domenicale i negozi multiservizi (circa 138 coop), sempre che non si trovino all’interno di centri commerciali: per questi la chiusura è d’obbligo. Che cosa ne pensa?
Piffer Per i negozi gli incassi saranno in calo. Serve cautela
«È la dimostrazione che da una legge fatta di fretta sorgono trattamenti disuguali. La norma che disciplina le chiusure domenicali crea una disparità tra comuni e, facendo differenze tra attività commerciali — o, addirittura, tra negozi dello stesso settore —, rischia di profilare una situazione di concorrenza sleale. Adesso, in tanti si dicono entusiasti dalla norma, ma presto ci stancheremo di vedere le città deserte di domenica. Ma sarà troppo tardi per fare un passo indietro».
La legge che disciplina le chiusure domenicali in Provincia di Trento si attesta a diventare la bandiera della giunta Fugatti nei rapporti con l’Alto Adige. Il provvedimento, infatti, piace a Bolzano, che ora vorrebbe replicare, ma seguendo la via della norma di attuazione. Ossia richiedendo a Roma, prima di legiferare, la competenza sugli orari di apertura delle attività commerciali.
Dalla propria parte, il governo altoatesino avrebbe gli imprenditori e le associazioni di categoria, favorevoli a una norma di cui sottolineano il forte valore sociale. Una congiuntura simile è mancata in Trentino: qui amministratori, attività commerciali e rappresentanti di categoria hanno già promesso battaglia a un provvedimento ritenuto rischioso.