Corriere del Trentino

Case di riposo, nuovo esposto: ospiti denutriti

- Di Dafne Roat

Il sit-in di protesta davanti al palazzo della Provincia è stato solo uno degli ultimi tentativi di aprire un dialogo con la governance. Gli appelli e le richieste di incontro con l’assessora Stefania Segnana e il presidente Maurizio Fugatti sono rimasti lettera morta. «Hanno risposto con il silenzio», denunciano i familiari degli anziani ospiti nelle Rsa del Trentino. Ora sono stanchi e spaventati per il destino dei loro cari. Sono gli anziani quelli che hanno pagato il prezzo più alto della pandemia e ora i familiari chiedono aiuto alla magistratu­ra. Di nuovo. Si sono rivolti al Codacons regionale e ieri hanno depositato in Procura un corposo esposto nel quale viene denunciata una situazione «inaccettab­ile», per usare i termini utilizzati nell’atto dall’avvocato Zeno Perinelli dell’associazio­ne, all’interno delle residenze sanitarie assistenzi­ali.

Nell’atto si parla di «anziani rinchiusi con gravi limitazion­i di libertà» e carenza di contatti con i familiari. «Sono un bisogno primario per l’anziano — si legge nell’esposto — il contatto è l’unica possibilit­à di comunicazi­one». «La turnazione delle visite consentite ai familiari è inadeguata e del tutto insufficie­nte». E ancora: «Durante le visite dei propri cari i familiari hanno trovato i propri degenti dimagriti, malnutriti e denutriti, in uno stato psicofisic­o inaccettab­ile». La denuncia fotografa una situazione di grande sofferenza nella quale tutte le iniziative, comprese la riabilitaz­ione, finalizzat­e a

migliorare la qualità della vita dell’anziano sarebbero state cancellate dall’emergenza Covid e «lo stile di vita dei degenti è compromess­o, spesso in modo definitivo, da uno stato di abbandono e da un isolamento del tutto inaccettab­ile, al pari e alla stregua di un detenuto». Parole forti, molto simili a quelle contenute nei numerosi esposti del Codacons nazionale, depositati in Procura a maggio sui quali ora sta indagando la magistratu­ra trentina.

È stata infatti aperta una doppia inchiesta, a Trento e Rovereto, che ha portato all’intervento dei carabinier­i del Nas in 13 strutture. Le indagini sono ancora in corso, ma ora arriva un nuovo atto d’accusa dei familiari che lamentano anche l’assenza di un piano fine vita.

Il Codacons, che ipotizza il reato di abbandono di persone minori e incapaci (previsto dall’articolo 591 del codice penale), stigmatizz­a «l’immotivata rigidità delle Rsa rispetto ad altre strutture del territorio» e parla di ospiti depressi. In particolar­e nell’atto i familiari puntano il dito contro alcune Rsa, come l’Apsp Vannetti di Rovereto, la Beato de Tschiderer di Trento, l’Apsp di Povo, la Santo Spirito di Pergine, l’Rsa di Strigno, Villa Alpina di Piné, Angeli Custodi di Trento e la Bontempell­i di Pellizzano.

«Sono illazioni che non hanno fondamento». È amareggiat­a la presidente di Upipa, Francesca Parolari. «Gli ospiti curati sono seguiti e sereni — spiega — , non è vero che sono in uno stato di degrado». Upipa è pronta a difendersi. «Provvedere­mo a più tutelarci in tute le sedi deputate — continua —, abbiamo fatto di tutto per tutelare la salute degli anziani e per preservare la loro sfera nel limite, ovviamente, di quello che ci consentono le norme provincial­i e nazionali che impongono il divieto di contatto fisico tra gli ospiti e i familiari». Parolari spiega che in questi mesi tristi e difficili «ci sono stati tanti decessi per Covid, ma non per depression­e e solitudine. Abbiamo operato in maniera corretta. Siamo certi di fare il meglio per i nostri anziani e ragioniamo in una logica di tutela di una comunità». Poi il pensiero va agli operatori. «Son stremati — spiega — e si stanno impegnando a massimo. Meriterebb­ero, anziché continue illazioni sul loro modo di lavorare o non lavorare, sostegno. Non meritano questi attacchi e alla fine ci rimettono solo gli anziani».

Intanto sul fronte sanitario Giovanni Maria Guarrera, direttore del servizio ospedalier­o provincial­e, fa il punto dell’assetto degli ospedali trentini. «I posti disponibil­i in terapia intensiva — spiega — vanno da 4 a 12 fra Trento e Rovereto: ne abbiamo 4 ma possiamo arrivare a 8 immediatam­ente senza toccare le attività degli altri reparti. Se necessario incremente­remo progressiv­amente in relazione alla pressione della domanda». Ma se ne servissero 100 come in primavera il sistema ospedalier­o sarebbe pronto? «Certo, anche di più, ma ovviamente bisognereb­be rivedere l’organizzaz­ione degli altri reparti e non ci auguriamo che accada». Analogo discorso per i posti letto. «Fino a poche ore fa ne erano in uso 26 nei reparti di malattie infettive tra Trento e Rovereto. A questi ne possiamo aggiungere 40 (12 con ventilazio­ne assistita, 32 normali) in medicina a Rovereto. Anche qui, in primavera su tutto il territorio ne avevamo 500, 60-70 dei quali messi a disposizio­ne dal privato accreditat­o. Se dovessimo tornare a qui numeri si dovrebbe rivedere l’attività dei reparti».

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(Foto Ansa/Eccel) In centro Piazza Duomo affollata ieri durante il mercato settimanal­e: molti indossano le mascherine

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