L’arte dallo spazio
Al Museion di Bolzano «Space Junk», la mostra di Sonia Leimer. Riflessione su natura e tecnologia partendo dai rottami di sonde e satelliti. Il video «Antarctica»
Si muove sul sottile equilibrio tra scienza e fantascienza il registro comunicativo con cui Sonia Leimer introduce la sua «Space Junk» (rottami spaziali), la mostra che da oggi fino al 17 gennaio rimarrà allestita a Museion. Un percorso curato dall’ex direttrice del museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano, Letizia Ragaglia, assieme alla curatrice Frida Carazzato e che rappresenta la prima personale italiana della giovane artista meranese residente a Vienna. Appuntamento questa sera alle 19 per l’inaugurazione di una proposta spiazzante, in linea con le temporanee che il tempio di cristallo affacciato sul Talvera è abituato a proporre ai suoi visitatori più curiosi. In una continua oscillazione tra natura e tecnologia, Sonia Leimer vuole accendere i riflettori sull’essenza della realtà e sulla sua ambiguità analizzando desideri, paure collettive e minacce che incombono sulla nostra società.
E lo fa partendo da quelle parti di satelliti e di sonde spaziali che, di quando in quando, ricadono sulla superficie terreste. Quei «rottami» ipertecnologici diventano il punto di partenza per esplorare il presente scrutandolo da diverse prospettive: un presente plasmato sulle idee utopiche della modernità ma che ora è costretto a confrontarsi con visioni di un futuro distopico, caratterizzato da uno stato di crisi permanente.
Impossibile non collegare i messaggi di Leimer con la pandemia globale che ha costretto l’umanità a confrontarsi proprio sui quesiti messi in luce dall’artista. «Sonia Leimer si interroga sulle condizioni e sul futuro dei nostri spazi esistenziali - spiega Ragaglia -. Un tema più che mai attuale nel 2020, anno in cui il mondo intero si è trovato nella condizione di riconsiderare i propri spazi domestici, di riadattare le consuetudini dei propri spazi vitali e di constatare la fragilità degli spazi globali». La mostra ospitata al «piano nobile» di Museion presenta presenta lavori pregressi affiancati alle nuove sculture che la quarantaduenne di Merano ha creato per l’occasione: dal nuovo video
Eden Antarctica alla serie «Space Junk» che dà il titolo all’esposizione.
Al centro c’è sempre lo studio di oggetti e materiali che assumono significato dal punto di vista culturale, sociale, storico o personale. Le cinque grandi sculture in mostra ricalcano le forme di veri residui caduti dal cielo rimasti danneggiati dall’ingresso nell’atmosfera e dall’impatto sulla terra. Oggetti che nascono dalla deformazione di un originale per evocare un crash emotivo che vede da un lato il pensiero positivo del progresso tecnologico, portatore di nuove opportunità per il futuro dell’uomo, ma dall’altro le problematiche ecologiche ed etiche correlate alla stazione orbitale che supporta la tecnologia digitale.
Pensieri che collegano la serie «Space Junk» ad Antarctica, il video incentrato sulla ricerca di nuovi pianeti da colonizzare capaci di ospitare la vita umana. Muovendosi nel limbo sottile che separa realtà e finzione, il docufilm vede protagonisti i ricercatori del Centro aerospaziale tedesco membri del progetto «Eden Iss» che da mesi vivono isolati in una stazione di ricerca al Polo Sud per testare la possibilità di coltivare di piante in ambienti ostile alla vita. Nel lungometraggio sono inquadrate scene reali accompagnate dalla voce narrante di una finta scienziata che racconta, come in un diario, la vita all’interno della stazione di ricerca. Le riprese si concentrano soprattutto sulle mani e sui processi di lavoro dei i semi che vengono piantati, annaffiati e lavati. Ne emerge un senso di sterilità e artificiosità, in contrasto con le riprese esterne che mostrano la dura realtà del clima antartico.
La serie di opere «O» raccoglie invece fotografie di anelli di fumo provenienti da sigarette, vulcani e stelle morenti. Sono sculture temporanee che si formano per un breve momento per poi dissolversi nuovamente poco dopo e, attraverso l’evanescenza di un elemento impalpabile, parlano delle cellule più piccole del corpo umano così come delle vaste dimensioni cosmiche dell’universo a cui soltanto la fotografia è in grado di dare un’esistenza durevole.