Legge sul porfido, tutti gli errori di Olivi
Leggo sul Corriere del Trentino di domenica che l’ex assessore ed ex vicepresidente della giunta provinciale, Alessandro Olivi, rivendica la sua modifica della legge sulle cave (numero 1 del 2017) come «molto coraggiosa» addirittura «rivoluzionaria», sottolineando come essa abbia «sancito il principio che spezza opacità e rischi di illegalità del settore» con l’introduzione dell’obbligo di lavorazione «di almeno l’80% del materiale estratto all’interno della cava». Peccato che le norme più stringenti si riferiscano alle concessioni future mentre a quelle in essere, in questi anni, siano stati addirittura alleggeriti gli obblighi previsti nei disciplinari di concessione da una decina d’anni e mai fatti rispettare! L’obbligo della lavorazione dell’80% del materiale estratto era inserito ad Albiano nell’atto di proroga delle concessioni del 2011 e avrebbe dovuto condizionare, di lì a 7 anni, l’ulteriore proroga di 9 anni. Quasi nessuno ha rispettato tale obbligo e chi lo ha fatto ha dovuto subire la spietata concorrenza dei concessionari che hanno esternalizzato tutte le lavorazioni a quell’area grigia di pseudo artigianato funzionale solo a comprimere, con i diritti dei lavoratori, il costo del lavoro. Nessuno ha mai verificato, quasi nessuno ha rispettato, ma nessuna concessione è stata messa in discussione per questo e ciò anche grazie alla legge Olivi che ha di fatto abbassato tale percentuale al 50% nel momento della sua entrata in vigore. Che, ad oggi, la situazione non sia affatto migliorata lo dimostrano le numerose lettere anonime di denuncia, probabilmente da parte di quei pochi imprenditori onesti, che nell’anno in corso sono state ricevute dal Coordinamento lavoro porfido ma, a quanto pare, sono state inviate anche al sindaco di Albiano e alla Procura della Repubblica di Trento.
Ma dov’era Olivi quando nel 2010-11 i Comuni hanno prorogato le concessioni senza ottemperare al comma 5 dell’articolo 33 della legge provinciale numero 7 del 2006 che prevedeva l’obbligo da parte delle ditte a mantenere i livelli occupazionali? Basti dire che la proroga avrebbe dovuto avvenire entro il 2008 (a due anni dall’approvazione della legge) ma il primo passo della nuova giunta provinciale fu quello di spostare i termini di ulteriori due anni!
Per ben 7 lunghi anni l’assessore Olivi ha permesso che i Comuni non adeguassero i disciplinari alla norma di cui sopra (la Provincia avrebbe avuto il potere e forse anche l’obbligo di nominare un commissario ad acta), permettendo nella sostanza una massiccia precarizzazione del lavoro anche all’interno delle ditte concessionarie. La ricattabilità in merito al posto di lavoro ha reso molto deboli i lavoratori, rendendoli incapaci di esigere finanche il regolare pagamento dei salari. Questo, oltre a causare sofferenze, ha anche favorito l’iniziativa di elementi legati alla criminalità.
Di fronte a questa situazione sarebbe stato necessario fare pulizia dei concessionari non rispettosi delle regole e invece Olivi ha introdotto norme talmente farraginose da renderne difficile se non impossibile l’applicazione, ha cancellato i vincoli stringenti contenuti in disciplinari mai fatti rispettare e, infine, ha messo al riparo se stesso e gli amministratori comunali spostando al 31 dicembre 2017 i termini per introdurre nei disciplinari il vincolo occupazionale. Cosa della quale i Comuni hanno subito approfittato per dare ai concessionari la facoltà di ridurre fino al 60% la manodopera, senza incorrere in sanzioni.
La sensazione è che Olivi si sia mosso dopo che nel febbraio 2016, il consigliere (allora del M5s) Filippo Degasperi aveva presentato una sua proposta di revisione della legge sulle cave (elaborata insieme al Clp) con la quale si riducevano i margini di discrezionalità lasciati ai sindaci nel sanzionare i concessionari inadempienti e si tentava di limitare il ricorso a pseudo artigiani esterni per le seconde lavorazioni.