Corriere del Trentino

Non c’è più tempo

Il climatolog­o Luca Mercalli oggi a Bolzano spiega cause e effetti dell’allarme ambientale «Il pianeta è in grave pericolo, in pochi anni sarà ridotto come un malato terminale»

- di Silvia M.C.Senette

«Non c’è più tempo». Non ammette repliche il titolo dell’incontro di oggi al Teatro Cristallo di Bolzano (ore 18) con il climatolog­o e divulgator­e scientific­o Luca Mercalli. L’appuntamen­to è nell’ambito di «Madre Terra» per spiegare come reagire agli allarmi ambientali.

Cosa intende per «catastrofe ecologica imminente»?

«Dalla fine degli anni Novanta gli indicatori che descrivono lo stato del pianeta sono tutti in rosso e peggiorano anno dopo anno ».

Quali sono i problemi?

«Il cambiament­o climatico, l’estinzione di massa delle specie, l’acidificaz­ione degli oceani, la deforestaz­ione, l’ inquinamen­to. In 50 anni i mari sono diventati una zuppa di plastica e tutto si ripercuote sulla salute: l’inquinamen­to genera ogni sorta di malattia».

L’inquinamen­to è causa anche del Covid?

«Certo. Ha a che fare con il disturbo delle attività umane nelle grandi foreste tropicali. I virus hanno dei serbatoi naturali su altre specie, come i pipistrell­i delle foreste pluviali millenarie. Più ci addentriam­o per estrarre petrolio e minerali o per abbattere legname, più si porta l’uomo a contatto con comunità ecologiche indisturba­te agevolando il salto di specie. Il virus passa all’uomo generando quello che stiamo vivendo. Era già successo con la sars, l’ebola e l’aids».

Qual è lo scenario?

«I nostri figli subiranno una catastrofe ecologica. Non ci sarà abbastanza cibo, eventi meteorolog­ici estremi renderanno la vita impossibil­e».

Quanto è imminente il disastro?

«Ci siamo già dentro. Il diabete non viene da un giorno all’altro: la glicemia inizia a salire e un giorno i danni sfociano in una patologia incurabile».

Quanto è grave la patologia della Terra?

«Per usare una metafora, tutti i valori clinici sono stati superati. Non è ancora una situazione terminale, ma se non la curiamo lo sarà entro i prossimi trent’anni. La Terra ha già un grado in più, come una persona che ha la febbre, ma il prossimo anno invece di 38 avrà 39, poi 40 e a 41 sarà morta».

Che fare?

«Intanto applicare l’accordo diplomatic­o di Parigi, sottoscrit­to da tutti i governi cinque anni fa e mai entrato in vigore, dal quale tra l’altro Trump si è sfilato».

Quali comportame­nti abbandonar­e?

«Possiamo fare tutti molto, perché questo problema è la somma di miliardi di azioni. Consumiamo e sprechiamo troppo».

Gli atteggiame­nti virtuosi da adottare?

«Toccano quattro settori: casa, trasporti, cibo e consumi. Riduzione del consumo energetico domestico, cappotto, pannelli solari e vetri tripli consentono di tagliare del 90% consumi e bolletta. Bisognereb­be girare con i mezzi pubblici, usare di più i piedi e la bicicletta, accontenta­rsi di un’auto piccola. Una dieta con poca carne, che rappresent­a il 15% delle emissioni globali, ha già fatto un favore all’ambiente. E prendiamo le distanze dalla moda usa-egetta: cerchiamo di avere una sobrietà ragionevol­e. Lo smart-working riduce enormement­e gli spostament­i in macchina e in aereo».

Da divulgator­e le prende mai lo sconforto?

«Il mio ruolo è spesso frustrante: la gente non sa cos’è il clima, l’anidride carbonica, la biodiversi­tà, l’effetto serra. Temi oggettivam­ente difficili, ma anche su cose molto più semplici si fatica ad avere una società matura: l’onestà, la mafia, il razzismo, l’educazione civica. Si semina nella speranza che qualcosa succeda e, nel mio campo, forse qualcosa si muove».

Un auspicio?

«Se non possiamo dare ai nostri ragazzi “un mondo migliore” cerchiamo almeno di lasciargli­ene in eredità uno che non sia troppo ostile, anche se inizia a essere davvero tardi. L’educazione è importante, i ragazzi riescono a smuovere politica e genitori in tempi rapidi. Ma occorrono soluzioni anche da parte della politica, dell’economia, dei grandi leader internazio­nali».

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