‘Ndrangheta, i favori di Macheda al capocosca
Inchiesta «Perfido», nuovi retroscena negli atti della Procura calabrese. Macheda, i favori al capocosca Serraino
TRENTO «In Trentino c’è mezza Cardeto» (paese della cosca Serraino ndr). Ore 20.10 del 9 dicembre 2019. A parlare è Antonio Fotia uno dei presunti affiliati alla cosca calabrese del noto boss Antonio Serraino. In un dialogo con il capo cosca registrato dai carabinieri del Ros emergono nuovi particolari sull’importanza del Trentino come «terra di conquista» per la ‘ndrangheta (per usare i termini dei pm calabresi della Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Sara Amerio) «non abituata all’intraprendenza dei calabresi». La conversazione viene registrata durante un viaggio in auto a Merano per una vacanza. I due parlano di Ceggio (Macheda Innocenzio, presunto boss della Locale trentina) e della sua attività in provincia di Trento. «Hanno fatto soldi della madonna..». Poi il discorso verte su «provolino», ossia Giuseppe Battaglia, ex assessore comunale di Lona Lases, imprenditore del porfido, uno dei fratelli ritenuti ai vertici dell’organizzazione criminale, arrestato per associazione mafiosa insieme ad altri 18 nell’ambito dell’inchiesta «Perfido» dei carabinieri del Ros di Trento e della Finanza sui presunti legami tra le cave di porfido e le cosche calabresi. «Il fratello di Provolino.. quello famoso che... aveva portato le prime cave là», dice Fotia. Ed ecco gli affari e poi gli imbrogli. «Quelli di Cardeto, si rubavano i bancali che poi vendevano a 250 euro ciascuno, tanto nessuno se ne accorgeva».
Sono solo alcuni stralci del provvedimento di sequestro preventivo della Procura di Reggio Calabria che evidenzia, ancora una volta, i legami tra il Trentino e le cosche ndrine. Negli atti spunta anche il racconto dei due pentiti, i fratelli Filocamo, che avrebbero fornito elementi importanti per le indagini, riscontrati poi anche nell’inchiesta trentina.
Il provvedimento ricorda gli esordi di Macheda arrivato a Trento nel 1987 «grazie a Battaglia Giuseppe». Macheda quando era arrivato in Trentino non aveva soldi e alloggiava all’albergo di Rosa (Casagranda Maria Rosa ndr), «ma aveva 10 milioni in contanti». Il nome di Macheda ricorre in tutto il provvedimento, ritenuto figura centrale del sodalizio appare molto legato al capo cosca Serraino. Sempre attento alle esigenze del boss, secondo gli investigatori si prodiga in favori, «spesso vicendevoli» — sottolineano gli inquirenti — segno di un rapporto consolidato tra i due. Il 9 marzo 2019 Serraino contatta Macheda per trovare un alloggio a Trento per la figlia di un amico che frequenta l’università del capoluogo trentino. E Macheda si mette subito a disposizione, mobilita gli amici e raccomanda loro «che sia una cosa seria, perché tiene tanto alla persona che gli ha fatto la richiesta» (riferendosi a Serraino).
I legami con la cosca Serraino
secondo gli inquirenti sono profondi tanto che Macheda in una conversazione in auto con Giuseppe Nania si confida e rievoca «nostalgicamente — scrivono i pm — i suoi incontri in carcere con lo storico capo cosca Ciccio Serraino
(il boss della montagna) ucciso nell’aprile del 1986 presso gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria durante la cosiddetta guerra di mafia. Un’intercettazione del 25 agosto 2019 è chiarificatrice della volontà di Macheda «di andare incontro a ogni esigenza della casa madre reggina». Prima di concedere il favore a ..omissis.., che aveva chiesto un passaggio in auto nel viaggio di ritorno a Trento, Macheda si consulta con Serraino. In un’altra conversazione Macheda parla con Domenico Ambrogio (anche lui arrestato nell’operazione «Perfido») e lo tranquillizza facendogli capire che a Trento «noi siamo coperti in tutte le maniere. Perché ho notato una cosa…. che c’è ... che me lo hanno detto pure ... che me lo hanno accennato ... e noi dobbiamo stare nel nostro. E gli altri devono stare pure nel suo». Ulteriore conferma, ad avviso degli inquirenti, del radicamento della Locale trentina.
L’intercettazione Hanno fatto soldi della madonna. Il fratello di Provolino ha portato le cave là