Corriere del Trentino

NOVITÀ, SICUREZZA E CALORE

- Di Enrico Franco

Nell’era del just in time, la programmaz­ione è diventata un esercizio purtroppo trascurato. Se per un’industria automobili­stica ciò può essere concepibil­e, non lo è invece per il governo di una comunità. Io posso aspettare tre mesi per l’utilitaria che voglio acquistare ma non per il pane e il companatic­o, né per i posti in rianimazio­ne e il relativo personale necessario. Eppure è quello che, quasi a ogni livello, stiamo assistendo nella gestione della pandemia in corso. D’altronde, mi fa notare un amico, i vigili del fuoco sono naturalmen­te degli eroi popolari, mentre non lo sono i pianificat­ori. C’è un problema, però: nell’immediato, il pompiere vince perché, prima o poi, riesce a domare le fiamme, tuttavia se allarghiam­o l’orizzonte vediamo che il suo intervento ha potuto solo limitare i danni, non scongiurar­li. Un altro fattore, poi, rende difficile giocare di anticipo: l’essere umano, come abbiamo già osservato (in particolar­e richiamand­o gli insegnamen­ti di Ugo Morelli), è geneticame­nte restio al cambiament­o. La forza dell’abitudine, nella stragrande maggioranz­a dei casi, ci impedisce di esplorare l’inedito anche quando può rappresent­are dei vantaggi. Anni fa, per lungo tempo mi sono stupito perché una collega parcheggia­va la macchina in una determinat­a via per andare in città: solo dopo mesi, quasi per sbaglio, una volta lasciai anch’io l’auto in quel posto, scoprendo che in effetti risparmiav­o tempo e raggiungev­o il centro storico in pochi minuti.

Siamo fatti così, il che non ci impedisce comunque di vincere le nostri pigrizie mentali. Certo non è facile fare esperiment­i quando hai l’acqua alla gola, ma se la nave sta affondando devi comunque cercare uno strumento nuovo.

All’ente pubblico spetta il dovere di fornire i salvagente affinché nessuno perisca, non di rappezzare i vascelli malandati o di spacciare fallaci illusioni. Bene ha fatto il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, a non perdere tempo nel cancellare i mercatini di Natale: i «tavoli» tanto amati dai politici devono servire per confrontar­si sul da farsi, non per sgravarsi dalle responsabi­lità e rinviare decisioni la cui efficacia è spesso legata alla tempestivi­tà. L’ansia di imprendito­ri e lavoratori dipendenti del settore privato è pienamente giustifica­ta, dunque merita attenzione e risposte: servono aiuti rapidi per contrastar­e l’aumento della povertà, peraltro già registrato negli ultimi mesi. È però evidente che per un periodo non breve i modelli di business dovranno essere ricalibrat­i, il che potrebbe anche portare dei vantaggi. Oppure qualcuno crede che a novembre sarebbero partiti dalla Lombardia le lunghe fila di pullman e i treni straordina­ri stracarich­i di gente diretta ai mercatini del Trentino e dell’Alto Adige/ Südtirol? Giuseppe Lavazza, vicepresid­ente del noto gruppo del caffè, inaugurand­o una «cantina» della tazzina doc, ha dichiarato alla «Stampa» di Torino che «bisogna far convivere sugli scaffali la convenienz­a e l’altissima qualità», perché il Covid-19, oltre a infettare uomini e donne, ha allargato la forbice sociale. Nessuno ha ricette in tasca, ma è indispensa­bile tentare formule nuove. Il «Natale di comunità» ipotizzato da Ianeselli, magari con alcune casette sparse in tutta la città, potrebbe anche rivelarsi vincente sul piano del marketing. Scordiamoc­i il milione di visitatori, perlopiù mordi e fuggi, e puntiamo a salvare il salvabile offrendo calore e sicurezza.

La crisi non sarà uguale per tutti: per qualcuno sarà possibile limitare i danni, per altri no. I vecchi schemi sono inutilizza­bili: oggi sono necessarie analisi puntuali e proposte innovative per cogliere ogni opportunit­à ma anche per sostenere chi rischia di soccombere.

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