NOVITÀ, SICUREZZA E CALORE
Nell’era del just in time, la programmazione è diventata un esercizio purtroppo trascurato. Se per un’industria automobilistica ciò può essere concepibile, non lo è invece per il governo di una comunità. Io posso aspettare tre mesi per l’utilitaria che voglio acquistare ma non per il pane e il companatico, né per i posti in rianimazione e il relativo personale necessario. Eppure è quello che, quasi a ogni livello, stiamo assistendo nella gestione della pandemia in corso. D’altronde, mi fa notare un amico, i vigili del fuoco sono naturalmente degli eroi popolari, mentre non lo sono i pianificatori. C’è un problema, però: nell’immediato, il pompiere vince perché, prima o poi, riesce a domare le fiamme, tuttavia se allarghiamo l’orizzonte vediamo che il suo intervento ha potuto solo limitare i danni, non scongiurarli. Un altro fattore, poi, rende difficile giocare di anticipo: l’essere umano, come abbiamo già osservato (in particolare richiamando gli insegnamenti di Ugo Morelli), è geneticamente restio al cambiamento. La forza dell’abitudine, nella stragrande maggioranza dei casi, ci impedisce di esplorare l’inedito anche quando può rappresentare dei vantaggi. Anni fa, per lungo tempo mi sono stupito perché una collega parcheggiava la macchina in una determinata via per andare in città: solo dopo mesi, quasi per sbaglio, una volta lasciai anch’io l’auto in quel posto, scoprendo che in effetti risparmiavo tempo e raggiungevo il centro storico in pochi minuti.
Siamo fatti così, il che non ci impedisce comunque di vincere le nostri pigrizie mentali. Certo non è facile fare esperimenti quando hai l’acqua alla gola, ma se la nave sta affondando devi comunque cercare uno strumento nuovo.
All’ente pubblico spetta il dovere di fornire i salvagente affinché nessuno perisca, non di rappezzare i vascelli malandati o di spacciare fallaci illusioni. Bene ha fatto il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, a non perdere tempo nel cancellare i mercatini di Natale: i «tavoli» tanto amati dai politici devono servire per confrontarsi sul da farsi, non per sgravarsi dalle responsabilità e rinviare decisioni la cui efficacia è spesso legata alla tempestività. L’ansia di imprenditori e lavoratori dipendenti del settore privato è pienamente giustificata, dunque merita attenzione e risposte: servono aiuti rapidi per contrastare l’aumento della povertà, peraltro già registrato negli ultimi mesi. È però evidente che per un periodo non breve i modelli di business dovranno essere ricalibrati, il che potrebbe anche portare dei vantaggi. Oppure qualcuno crede che a novembre sarebbero partiti dalla Lombardia le lunghe fila di pullman e i treni straordinari stracarichi di gente diretta ai mercatini del Trentino e dell’Alto Adige/ Südtirol? Giuseppe Lavazza, vicepresidente del noto gruppo del caffè, inaugurando una «cantina» della tazzina doc, ha dichiarato alla «Stampa» di Torino che «bisogna far convivere sugli scaffali la convenienza e l’altissima qualità», perché il Covid-19, oltre a infettare uomini e donne, ha allargato la forbice sociale. Nessuno ha ricette in tasca, ma è indispensabile tentare formule nuove. Il «Natale di comunità» ipotizzato da Ianeselli, magari con alcune casette sparse in tutta la città, potrebbe anche rivelarsi vincente sul piano del marketing. Scordiamoci il milione di visitatori, perlopiù mordi e fuggi, e puntiamo a salvare il salvabile offrendo calore e sicurezza.
La crisi non sarà uguale per tutti: per qualcuno sarà possibile limitare i danni, per altri no. I vecchi schemi sono inutilizzabili: oggi sono necessarie analisi puntuali e proposte innovative per cogliere ogni opportunità ma anche per sostenere chi rischia di soccombere.