I Vipitenesi
Il libro che narra la storia di una comunità e di un territorio dalle origini al Dopoguerra Volti, vite, luoghi che raccontano l’anima più profonda dell’Alta Valle Isarco
S’intitola Vipitenesi. Storia di una comunità dalle origini al dopoguerra (ArteStampa), il che la docente e autrice Caterina Fantoni ha voluto dedicare alla sua gente e alla sua città. È «la storia di una comunità dalle origini al dopoguerra». Ma è anche una raccolta di volti, di vite, di immagini e di luoghi che raccontano l’anima più profonda dell’Alta Valle Isarco. Trecento pagine compongono un volume corredato da una fitta documentazione fotografica che catapulta il lettore in un affascinante viaggio nel passato, per riscoprire come, un secolo fa, tutto ha avuto inizio.
«Mi interessava dal punto di vista personale andare alla ricerca delle origini della comunità italiana di Vipiteno che prima non esisteva - racconta Caterina Fantoni, alla sua quarta avventura editoriale -. Dobbiamo tornare agli anni tra il 1918 e il 1920 con l’annessione ufficiale del Sudtirolo all’Italia, per trovarne traccia. Prima c’erano dei “Gastarbeiter”, i lavoratori di passaggio o gli italiani del Sudtirolo italico che si erano stabiliti lì, ma una vera e propria comunità inizia a formarsi dopo il primo ventennio sel secolo scorso». Non un dettaglio, per chi conosce la travagliata storia di scissione e annessione che ha caratterizzato e dilaniato le genti di questo piccolo e conteso territorio di confine tra Italia e Austria.
«L’importanza di raccontarla oggi è dare ai ragazzi un’idea chiara delle nostre origini prosegue l’autrice -. Diamo per scontate tante cose, a partire dal benessere, ma non possiamo dimenticare che a monte c’è una storia di migrazione. Qui la comunità italiana si è formata grazie a persone che hanno lasciato le loro realtà disagiate per trasferirsi in cerca di fortuna: quello che oggi fanno da altri Paesi del mondo. È tutto in scala e riflettere sulle origini della propria storia può dare una prospettiva diversa per leggere il presente e relativizzare quello che nella nostra società, in prospettiva, è causa di discriminazione».
Tre le sezioni principali in cui è diviso il libro Vipitenesi: l’introduzione che offre quadro storico in cui inserire tutte le testimonianze, i racconti di vita con le citazioni riferite ai differenti periodi trattati e la parte iconografica ricca di suggestioni dell’epoca. «Tutto il progetto nasce dalla raccolta di immagini e fotografie - spiega l’autrice -. Il volume affronta il primo dopoguerra, la seconda guerra mondiale e il secondo dopoguerra fino al 1955. In questo arco di tempo si inquadrano le storie delle cinque protagoniste che sono state testimoni di un’epoca. Donne che durante il periodo della guerra hanno mostrato coraggio e forza di volontà esemplari per la mia generazione, con intraprendenza, spirito di sacrificio e sopportazione per noi impensabili da cui trarre spunti di riflessione significativi».
C’è Noemi Mattedi, di origine trentina, trasferita a Vipiteno seguendo il padre e reclutata come lavoratrice coatta dalla
Wehrmacht in un hotel requisito a Colle Isarco. C’è Laura, una signora della Val Ridanna nata da una famiglia di lingua tedesca che emigra con le opzioni in Austria mentre lei resta in Italia con la madre cambiando cognome e adottando un’identità italiana. C’è la famiglia Zanarotto, trasferita dalla campagna della provincia veronese alle montagne altoatesine con undici figli tra cui Maria, che racconta la sua infanzia in una realtà fatta di agricoltori, minatori e allevatori.
Tra le scoperte inattese in cui si è imbattuta Caterina Fantoni nella sua ricerca, la realtà dei masi occupati dagli italiani a Flanes e Mazzes, «le due frazioni sopra Vipiteno in cui si erano stabiliti cittadini lombardi in un’operazione mirata di occupazione del territorio nell’ambito della politica di italianizzazione linguistica e culturale del territorio». Un’operazione documentata dall’acquisizioni dei masi da parte dell’Ente Rinascita Agraria delle Tre Venezie perché vi si stabilissero famiglie numerose. «Un aspetto da approfondire perché non c’è letteratura in merito a cui fare riferimento, ma ho documenti che comprovano realtà simili di politiche agricole di occupazione da parte di italiani anche a Merano».