César Brie mattatore con «120 chili di jazz»
Domani a Merano doppio appuntamento con l’artista
Merano dedica la giornata di domani all’attore, regista teatrale e drammaturgo argentino César Brie, protagonista alle 11 dell’incontro «Dialogo con Cèsar», nella sala civica del teatro e, alle 20.30, dello spettacolo «120 chili di Jazz», di cui è produttore con Arti e Spettacolo. Due appuntamenti che si inseriscono nel contesto della rassegna meranese «Qui è Altrove» di Teatro Pratiko. Se l’evento del mattino con l’artista nato a Buenos Aires nel 1954 è tutto da scrivere con il pubblico che potrà interagire e orientare la discussione, ben tracciato è il canovaccio del lavoro teatrale che andrà in scena in serata. Un percorso artistico puntellato di testi che parlano della realtà trasportandola in una dimensione poetica ed evocativa, toccando corde che spaziano dall’ambito etico a quello civile.
In «120 chili di jazz» César Brie affronta il tema dell’amore declinato in quello non corrisposto per una donna, quello per la musica e quello per il cibo. Protagonista dello spettacolo è Ciccio (di nome e di fatto) Méndez, che si presenta al pubblico seduto su una sedia al centro del palco vuoto per raccontare, e poi animare, la narrazione della sua storia. Impacciato nei movimenti ma delicato nei sentimenti, è un principe azzurro in incognito che, elegantemente vestito, vuole intrufolarsi a una festa per vedere la donna di cui è innamorato. L’escamotage che gli permetterà di avvcinarla è quello di fingersi contrabbassista del gruppo jazz che animerà la serata e, pur non sapendo suonare lo strumento, con la sua cassa toracica da baritono riuscirà a imitare alla perfezione il suono delle corde del contrabbasso ingannando i presenti.
E proprio il jazz, che aiuta Méndez a sopportare l’immensa solitudine che spesso e volentieri consola in abbuffate bulimiche, è il secondo protagonista di un testo nato dai ricordi di infanzia dell’artista. «Ciccio Méndez non è mai esistito. Questo spettacolo nasce dalla cattiva abitudine di due amici robusti che ho perso di vista e che, seduti al mio fianco nei banchi di classe al Colegio Nacional Sarmiento di Buenos Aires, mi facevano fare la parte del prosciutto nel panino schiacciandomi tra loro», rivela ironicamente César Brie, che tra Italia, Argentina e Bolivia ha raccontato storie di marginalità.
Un «ciccione innamorato, che sembra un uovo di Pasqua a lutto in completo nero con cravatta e fazzoletto lilla» diventa così, sulle quinte, un cavaliere impacciato disposto a tutto per amore che si lancia alla conquista della sua bella in un’impresa titanica che assume i contorni di una favola moderna. Nel monologo scritto e interpretato dall’artista argentino la faticosa e goffa conquista assume ora i contorni dell’amata, ora delle partiture jazz, ora di un texas hamburger, divertendo e coinvolgendo gli spettatori. Un Don Chisciotte passionale e appassionato, limitato da una stazza poco gestibile e volutamente solitario.