Wu Ming diventa un docu-film tra storie e ideali
Un progetto girato in Alto Adige La resistenza culturale e politica del collettivo di scrittori incontra la storia del partigiano Marincola
Si spengono i riflettori su via Resia, a Bolzano, dove il muro a ricordo dell’ex lager altoatesino è stato protagonista silenzioso delle riprese di A noi rimane il mondo, il film documentario che il regista Armin Ferrari ha scritto con il produttore Roberto Cavallini per Altrove Films.
La resistenza artistica, culturale e politica è al centro del film, che narra il collettivo di scrittura Wu Ming.
Storie che si intersecano, si aprono e si chiudono e Wu Ming (in mandarino «senza nome»), scrittori militanti e d’avanguardia impegnati a offrire una diversa lettura degli ultimi vent’anni in Italia. «Guerriglieri della controcultura, trasparenti verso i lettori e opachi verso i media».
Spiega il regista Armin Ferrari: «Anni fa, leggendo per caso il loro libro 54, mi sono innamorato di questo approccio. La passione è cresciuta e ho sentito l’esigenza di fare qualcosa di mio. Da qui nasce il documentario che è un contenitore di storie, un congegno narrativo per far emergere la poetica del collettivo». Spina dorsale di A noi rimane il mondo è la vicenda di Giorgio Marincola, il giovanissimo partigiano di origine somala, medaglia d’oro al valor militare, morto il 4 maggio 1945 a Stramentizzo, quattro giorni dopo essere uscito vivo dal lager di Bolzano. «È la storia più rappresentativa e sarà trasversale allo svolgimento del progetto - rivela Armin Ferrari -. Il percorso che abbiamo attraversato nei due giorni di riprese in Alto Adige con il nipote Antar Marincola, che nel film è attore alla sua prima esperienza, è stato emozionante. Con lui abbiamo ripercorso alcune delle ultime tappe dello zio: sappiamo dove ha dormito l’ultima notte, dove è morto, da dove è fuggito. Un racconto un po’ documentato e un po’ romanzato, alla maniera di Wu Ming, con cui speriamo di aver catturato e trasmesso l’emozione che pervadeva il set».
Del partigiano Marincola viene esaltato l’idealismo a tutti i costi, vissuto nel pieno dei suoi 23 anni in modo forte e potente.
«Il nome e la sua storia sono diventati un simbolo - prosegue il regista -. Una volta liberato avrebbe potuto andarsene e salvarsi perché la guerra era ufficialmente finita. Invece ha scelto di portarsi in Val di Fiemme dove i tedeschi ancora facevano rastrellamenti e uccidevano i partigiani. Lui è andato lì per combatterli ed è rimasto ucciso. La figura eroica di uno zio con cui oggi Antar, nei suoi monologhi recitati, ammette di essere quasi arrabbiato per il dolore patito dalla madre, sorella di Giorgio, in sofferenza perenne per la perdita del fratello».
Una storia che, come un’onda, nel film torna e ritorna intrecciandosi ad altre storie e racconti.
«Attorno al collettivo Wu Ming c’è un’altra entità allargata, la Wu Ming Foundation, con parecchie persone che, stimolate dalla loro opera letteraria, hanno sviluppato progetti autonomi diventando collettivi satellite: Alpinismo Molotov, Giap, Nicoletta Bourbaki, Cirenaica Resistances - fa sapere Ferrari -. Ne abbiamo scelti tre, i più rappresentativi. Oltre a questo abbiamo intrapreso viaggi con gli scrittori. Con uno siamo stati sull’Appennino toscoemiliano, che aveva attraversato a piedi e a cui ha dedicato un bellissimo libro: un diario di viaggio ma anche una critica all’uso sconsiderato che si fa del territorio. Con un altro siamo stati sul Delta del Po, dove è nato, per raccontare come, con il cambiamento climatico, tra un secolo sarà completamente sommerso e scomparirà. Un terzo filone riguarderà altri luoghi e altre storie».
Nel film la tematica ambientale si intreccia con la storia. «Mi piacerebbe che, dopo aver visto il documentario, il cui titolo non è casuale, lo spettatore fosse curioso di capire di più di questo mondo: vorrei che ricordasse un nome, un luogo, un fatto e facesse la sua ricerca personale. Se c’è una missione nel documentario è questa, sensibilizzare un possibile pubblico a volersi arricchire e a farlo in maniera qualitativa». Il film è stato girato con il prezioso sostegno di Idm Südtirol - Alto Adige.