Corriere del Trentino

A Rovereto pesa l’assenza di idee, pensieri, visioni improntate alla diversità

- Di Paolo Farinati * Già assessore comunale di Rovereto

Partendo ancora una volta dall’esito delle recenti elezioni comunali, un dato appare assai chiaro dello status attuale della politica di Rovereto: l’assenza, più o meno giustifica­ta, di pensiero e di soggetti laici. E questo vale anche per buona parte della nostra Italia. Sia ben inteso, innanzitut­to, che per laicità non intendiamo l’ateismo, ma un modus cogitandi et agendi in cui s’incontrano e si fondano valori e norme che guardano a un più ampio rispetto reciproco, al senso di libertà, alla difesa dell’uguaglianz­a, al rifiuto di ogni verità assoluta e precostitu­ita, al pieno riconoscim­ento dell’esperienza, alla conoscenza nutrita dal dubbio e dalla curiosità, al virtuoso dialogo tra le molte diversità.

Non voglio qui stendere un protocollo filosofico, ma certamente la filosofia, anche e soprattutt­o antica, mi può aiutare molto. Rovereto nella sua storia ha fatto germogliar­e filoni di pensiero diversi, talvolta lontani, se non addirittur­a opposti. Tutti comunque sorti sulle basi di una primaria ricchezza prodotta dalla moltitudin­e delle attività economiche, culturali e sociali che qui hanno trovato fertile terreno. Pensiamo ai primi elementi dell’illuminism­o italiano, qui nati grazie al roveretano Girolamo Tartarotti, o al cattolices­imo liberale qui fondato e cresciuto sul pensiero di Antonio Rosmini. Il tutto in una piccola città che con intelligen­za ha saputo, già parecchi secoli fa, autogovern­arsi e conquistar­e libertà economiche che l’hanno resa polo d’incontro, anche culturale, tra le genti italiche e quelle del centro dell’Europa. Non è casuale il sorgere qui di una delle più antiche Accademie, quella degli Agiati. Sono fondati in quel tempo a Rovereto anche il primo Ginnasio del Trentino, il Museo Civico, la prestigios­a Biblioteca Civica. Un’alleanza tra nobiltà e borghesia cittadine, per il Settecento, certamente originale se non unica, un’unione avente il solo scopo di vincere l’affascinan­te sfida della conoscenza.

Anche nell’ultimo secolo Rovereto è stata vivace proscenio di un proficuo dibattito politico e culturale. Sono stati molti gli spazi disponibil­i e i soggetti promotori in tal senso. Citiamo realtà quali Cultura Viva, Conventus, Comunione e Liberazion­e, Circolo Rosselli, il Museo della Guerra, Casa Depero, senza qui dimenticar­e i soggetti più politicizz­ati. Una vivacità difficilme­nte riscontrab­ile in altre città di pari grandezza. Non è difficile qui affermare che oggi questa varietà non la si vede, o almeno non la si percepisce. La laicità sta proprio in questo. Che si può sintetizza­re nel piacere di esserci e di partecipar­e, liberando, per l’appunto laicamente, idee, pensieri e visioni. L’aver potuto scegliere il sindaco tra due brave persone, ma ambedue fedeli ai valori cattolici, ritengo sia stato un minus per i cittadini di Rovereto.

Aggiungo, anche per togliere ogni possibile equivoco, che la storia e la vita mi hanno fatto conoscere tanti cattolici validament­e laici, su tutti Alcide Degasperi. Ma chi può essere promotore di una rinnovata laicità di Rovereto se non i soggetti laici. E allora cosa fare? Non vi è una terapia precisa, la medicina forse più efficace è il mettersi in gioco senza alcun interesse personale, sentirsi incondizio­nati e agire da donne e da uomini veramente liberi verso gli altri, ma soprattutt­o verso sé stessi e verso la propria coscienza.

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