Procreazione assistita, 670 coppie all’anno E Arco si candida per una banca del seme
Procreazione assistita, la realtà guidata da Luehwink cresce. Superate le 670 coppie all’anno
Una banca del seme anche in Trentino. È un vulcano di idee e progetti il direttore del Centro di procreazione medicalmente assistita di Arco, Arne Luehwink. Dal 2018 infatti si occupa anche di fecondazione eterologa, con gameti provenienti da un istituto di Marbella, in Spagna. «Ma sarebbe bello attivare un sistema di donazione trentino» afferma il direttore. Anche perché le coppie che si rivolgono a Arco sono in aumento, 674 nel 2019. La percentuale di riuscita oscilla «tra il 21 e il 29 per cento». il vero problema è l’età della donna: «La biologia va conciliata con la vita sociale e professionale» dice.
TRENTO Negli anni Novanta, parola dell’Istituto superiore di sanità, il 5-10 per cento delle coppie che cercavano una gravidanza non riusciva nel suo intento. Oggi questa percentuale è più che raddoppiata. Ma il problema non è medico. «È sociale» alza le braccia Arne Luehwink, direttore del Centro provinciale per la Procreazione Medicalmente assistita di Arco. «Molti dei progressi che abbiamo fatto a livello scientifico nel campo della procreazione medicalmente assistita vengono erosi dall’età sempre più avanzata in cui le donne, le coppie, decidono di formare la famiglia». E quindi la percentuale di gravidanze avviate con la fecondazione assistita oscilla sempre intorno al 25 per cento. Nonostante l’impegno di un centro, quello di Arco, sempre più all’avanguardia e che dal 2018 è autorizzato, uno dei pochi pubblici in Italia, a effettuare anche l’eterologa. Ovuli e spermatozoi oggi arrivano dalla Spagna, ma «ci piacerebbe — ragiona Luehwink — creare anche qui almeno una banca del seme».
I numeri
Il centro di Arco da 15 anni aiuta le coppie a realizzare il loro sogno di genitorialità. Inizialmente, semplificando, erano due i livelli di fecondazione assistita perseguiti: l’inseminazione intrauterina con induzione farmacologica dell’ovulazione e la fecondazione in vitro con prelievo degli ovociti, fecondazione extracorporea e trasferimento successivo degli embrioni in utero. Nel 2007, all’esordio, si erano ottenute con questo metodo 58 gravidanze (che non significa tuttavia bimbi nati) su 199 cicli, numeri che con il potenziamento del Centro, avvenuto nel 2018 sono schizzati in alto: nel 2019 i cicli sono stati ben 674. «E i numeri, al netto del Covid che ci ha bloccato per due mesi almeno – afferma — sono all’incirca gli stessi anche nel 2020, mentre la percentuale di successi oscilla, a seconda degli anni, fra il 21 e il 29 per cento. I progressi che abbiamo fatto a livello scientifico vengono in qualche modo annullati dalla sempre più avanzata età con cui le coppie e soprattutto le donne si presentano da noi».
Eh sì, inutile cercare un capro espiatorio nell’inquinamento o nell’incremento di alcune malattie: «L’età media del primo parto in Italia è tra le più alte d’Europa. Non riscontriamo significativi aumenti delle patologie, alla base dell’infertilità c’è principalmente l’età della donna e la corrispondente riduzione della riserva ovarica». Cui si aggiunge la durata dell’infertilità. Sotto i 35 anni, andando ai freddi numeri, 1 bimbo in provetta su due nasce vivo, percentuale che si assottiglia a 1 su 3 fra i 35 e i 38 anni, 1 su 8 a 40 e 1 su 40 a 44 anni. «Io sono felice che il nostro centro abbia una buona fama ma il percorso è impegnativo da un punto di vista fisico e psicologico: abbiamo il dovere di dire le cose chiaramente. Più della metà delle donne che si rivolge a noi non resta incinta e una buona parte abbandona dopo il primo colloquio».
Il Centro si avvale di un’equipe strutturata, formata da 6 medici, 5 biologi, 2 segretarie, 4 operatori socio sanitari, 11 infermieri cui vanno aggiunti i supporti di psicologi, andrologi, genetisti e tecnici di laboratorio.
L’eterologa e la Spagna
Dal 2018, dopo il via libera della Consulta nel 2016, il Centro di Arco attua anche la fecondazione eterologa, ossia rivolta a coppie nelle quali un partner non dispone di propri gameti (ovociti o spermatozoi). Ancora oggi in Italia ci sono meno di 10 strutture pubbliche in grado di aiutare queste coppie. E la domanda al centro di Arco arriva da coppie da tutta Italia. Nel 2019 l’eterologa femminile, ossia con ovociti donati, ha portato a 19 gravidanze da 75 cicli di trasferimento embrionario, quella maschile da 35 cicli a 8 gravidanze. Spermatozoi e ovuli, in Trentino, arrivano dalla Spagna. L’Azienda sanitaria ha infatti sottoscritto un accordo, dopo una vera e propria gara cui avevano partecipato 7 istituti, con OvavitOvobank di Marbella in Spagna. Il costo per l’Azienda sanitaria è di 500.000 euro annui e l’intesa vale per tre anni, rinnovabili per altri 3 per un totale dunque di 3 milioni. «Le regole e le procedure sono molto severe, il materiale donato è sottoposto a controlli simili a quelli dei trapianti, superiori dunque a quelli che si hanno per le coppie che concepiscono figli spontaneamente. Dopodiché la garanzia che i nati siano sani non la possiamo dare. Dobbiamo ricordare che l’eterologa non è la soluzione ai problemi di infertilità» ma una sorta di ultima spiaggia.
Le prospettive
Ma come mai proprio la Spagna? «Può sembrare strano, viste le similitudini culturali con l’Italia, ma in Spagna c’è una forte cultura della donazione degli organi e dunque anche dei gameti, che in Italia è carente. Mi auguro che riusciremo a organizzare un sistema di donazione trentino, almeno per quanto riguarda gli spermatozoi, che è più semplice. Ma in Italia non ci sono facilitazioni economiche, come ad esempio un rimborso per chi dona».
E i tempi di attesa sono invidiabili. «Per l’accettazione infermieristica, il primo passo, arriviamo nel peggiore dei casi a 4 mesi. Poi si aggiunge naturalmente il percorso diagnostico. Per l’eterologa i tempi sono leggermente più lunghi visto il coinvolgimento dell’estero. Abbiamo un’organizzazione efficiente. II fatto che non ci siano centri privati intorno a noi significa che lavoriamo bene. Cosa ci manca? Direi solo la certezza che ci arrivino, come è già stato, rinforzi sia sul personale che strutturali. Abbiamo poi in essere un progetto con il Cibio per studiare farmaci che migliorino la movimentazione degli spermatozoi».
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