Centro nel futuro, la crioconservazione degli ovociti
In Trentino meno di 20 hanno congelato gli ovociti
Non solo fecondazione. Il Centro per la procreazione medicalmente assistita di Arco, guidato dal primario Arne Luehwink, offre da qualche anno anche altri servizi, come il medical e il social freezing, ossia la crioconservazione delle cellule riproduttive per motivi medici o sociali.
Il medical freezing è una prassi più diffusa: uomini e donne affetti da patologie possono chiedere, gratuitamente, il prelievo delle proprie cellule uovo o degli spermatozoi e la loro conservazione per «utilizzarli» in un momento migliore. E il caso di un paziente cui venga diagnosticato un tumore e che debba sottoporsi a terapie che potrebbero comprometterne la fertilità. E se in Italia la prassi vale solo per alcune pasottoposte tologie «la Provincia di Trento — spiega Luehwink— l’ha estesa anche alle donne che rischiano la menopausa precoce o che soffrono di endometriosi». Il social freezing, cui in Trentino dal 2018 a oggi si sono meno di 20 donne, è invece una prassi dalle implicazioni etiche e sociali più delicate. Tradotto: una donna sana può, pagando, chiedere la crioconservazione dei propri ovociti. Così da poter far carriera pri40 ma e programmare la maternità poi? «Ecco — spiega Luehwink — il senso non dovrebbe essere questo. Alcune multinazionali hanno addirittura proposto alle dipendenti di pagare per loro il social freezing purché non abbiano figli prima dei 35 anni. Ma dopo quella data possono subentrare altri problemi». Il significato semmai è quello di offrire un aiuto, una garanzia in più alle donne. «Il problema è, anche qui, che quelle che si sono rivolte a noi lo hanno fatto 38-40 anni. Ma c’è poco da prelevare nelle ovaie a quell’epoca». Il che riconduce ancora alla madre di tutti i problemi, l’età. Anche perché, chi avesse qualche problema, se bussa alle porte del Centro a 30 anni è più probabile che riesca a risolverli, se lo fa a diventa un’impresa destinata spesso all’insuccesso.
«Noi — conclude — dobbiamo lavorare sulla prevenzione, è questa la vera sfida del futuro, dalla diagnosi precoce dell’endometriosi ad alcune problematiche maschili, ma soprattutto dobbiamo informare la società che i tempi biologici sono diversi da quelli sociali e professionali e i tempi biologici, ci piacciano o meno, non li correggiamo». Ancora una volta, dunque, la palla passa alla società: «Mi piacerebbe che si premiassero le aziende dove le donne rimangono incinte e che non siano, per l’ennesima volta, le donne a dover pagare con il rischio della ridotta fertilità per il loro diritto alla formazione e al lavoro qualificato».