L’ordinanza si discosta dal Dcpm. Roma valuta l’impugnazione. Negozi e alimentari, stop nei festivi. Sci, impianti aperti in sicurezza Fugatti «salva» bar e ristoranti
Chiusure portate dalle 18 alle 20 e alle 22. I dubbi del governo. Zampa: più severi, non maggiormente permissivi
Bar e pasticcerie lavoreranno dalle 5 alle 20, i ristoranti fino alle 22 (anziché alle 18). Maurizio Fugatti non recepisce in toto il Dpcm, rischiando l’impugnativa. Già oggi il Consiglio dei ministri si riunirà. «E i territori possono inasprire le regole, non allentarle», ricorda la sottosegretaria Sandra Zampa. «Noi — si difende Fugatti — abbiamo agito in base alla situazione epidemiologica». Anche adottando soluzioni più rigide rispetto al decreto di Conte: chiusi alla domenica, infatti, i negozi. Ma impianti aperti, per la soddisfazione degli operatori. «Un’ottima notizia», dice Guadagnini, presidente degli impiantisti. Giusta, dice, la capienza all’80%.
TRENTO
Allo stop degli impianti di risalita per gli sciatori amatoriali il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti dice no. Con la nuova ordinanza Piazza Dante condivide la scelta di Bolzano e supera le indicazioni contenute nel nuovo Dpcm di riservare l’utilizzo degli impianti ai soli professionisti fino alla realizzazione di un protocollo concordato tra Regioni e Province autonome e il Comitato tecnico scientifico (Cts) prorogando le regole attualmente in vigore. «Per noi è un’ottima notizia — commenta Luca Guadagnini, presidente della sezione impianti a fune di Confindustria Trento — soprattutto per gli impianti del Passo del Tonale che hanno manifestato il desiderio di aprire a fine ottobre. Questa è una soluzione ponte che consentirà di arrivare alla definizione del protocollo comune tra tutte le Regioni».
La scelta del governo di limitare momentaneamente l’utilizzo degli impianti di risalita, nonostante la maggior parte di essi abbia in programma l’apertura tra fine novembre e inizio dicembre, era stata forse influenzata anche dalle fotografie delle lunghe code scattate a Cervinia in questo weekend. Una bozza di protocollo aggiornato la Provincia di Trento l’aveva già elaborata nelle settimane passate grazie alla collaborazione di Azienda sanitaria e impianti stessi ed è già al lavoro per trovare una soluzione condivisa con le altre Regioni interessate. La capienza di cabinovie e funivie nelle nuove linee guida sarebbe fissata all’80% (mentre non ci sarebbero limiti per le seggiovie in quanto all’aperto) insieme ad altre misure come l’aerazione continua degli ambienti, l’obbligo di mascherina e il distanziamento di un metro. «Questa bozza di documento è stata condivisa dall’assessore Failoni con le altre Regioni. Vediamo se verrà proposto e se il Cts muoverà delle osservazioni», spiega Guadagnini. L’80% della capienza, evidenzia il presidente del settore degli impianti a fune, garantirebbe un buon compromesso tra lo smaltimento e la prevenzione delle code e la mitigazione del rischio, considerato anche che all’interno delle cabine si sta pochi minuti. «Difficile immaginare un ulteriore riduzione di portata — continua Guadagnini —, perché al di là dei margini di guadagno il rischio è che si creino assembramenti e code lunghissime». Impossibile anche pensare a un numero chiuso perché la maggior parte delle località sciistiche ha accessi multipli. «Il nostro obiettivo non è eliminare le code — osserva Guadagnini —, qualcuna ci sarà per forza. A Cervinia, ad esempio, le persone erano tante ma avevano la mascherina. Con il protocollo dovremo essere in grado di gestirle in modo ordinato e consentire che si possa sciare in sicurezza».
La sfida allora è riuscire a governare i flussi, riducendo i tempi di attesa ed evitando la creazione di assembramenti sulle piste tramite stewart e tecnologia: «Abbiamo in fase di sperimentazione un’app — rivela il presidente della sezione impianti a fune di Confindustria Trento — tramite cui le persone possano conoscere in tempo reale i minuti di coda ad ogni impianto ed evitare le situazioni più affollate».
L’obiettivo è salvaguardare una stagione invernale che produce un fatturato di 200 milioni di euro e occupa direttamente negli impianti di risalita circa 1.500 persone, tra dipendenti fissi e lavoratori stagionali, con un indotto di 800 milioni di euro generato sul territorio. «Non si tratta di mesi fondamentali solo per gli impianti di risalita, ma per tutto il Trentino — conclude Guadagnini — Un eventuale stop a tutta la stagione danneggerebbe quelle attività legate al turismo, il comparto dei noleggi e quello delle scuole di sci».