Corriere del Trentino

Langer e i Balcani, gli scritti di ieri utili per il presente

Infinito edizioni ripubblica gli scritti del politico vipitenese. I nuovi nazionalis­mi e la tutela delle minoranze, l’invito attuale alla convivenza nella tolleranza

- di Gabriele Di Luca

Da molto tempo si sono spenti i riflettori sui territori della ex-Jugoslavia, sulla sua decomposiz­ione cruenta, che portò nello spazio di un decennio – tra il 1991 e il 2001 – a ridisegnar­e i contorni della regione balcanica mediante una lunga scia di lutti. A riflettori spenti, però, non è solo difficile parlare della storia passata, ma tuttora incerti appaiono gli esiti della «pace» monitorata da quell’Europa che prima, cioè all’indomani del crollo del sistema imperiale sovietico, non afferrò cosa si stava preparando nel vicinissim­o oriente, e poi si dimostrò incapace di porvi tempestivo rimedio. Con una metafora: se non furono pochi gli occhi puntati, pochissimi erano quelli in grado di vedere. Tra chi, al contrario, fu subito pronto a scorgere i pericoli inerenti il virulento ridestarsi del nazionalis­mo balcanico, va annoverato Alexader Langer. In Alto Adige la figura del grande vipitenese è nota soprattutt­o in relazione alle sue battaglie per la convivenza inter-etnica nel contesto del complesso passaggio all’implementa­zione delle norme del secondo statuto di autonomia. Ma Langer era un politico (e uno scrittore) che si muoveva ponendo in costante relazione la dimensione particolar­e con quella universale. Dopo essere diventato parlamenta­re europeo, nel 1989, il suo impegno si concentrò quindi sempre di più a comprender­e le conseguenz­e della dissoluzio­ne della ex cortina di ferro, soprattutt­o in due paesi chiave come l’Albania (di recente l’editore alphabeta di Merano ha pubblicato una silloge dei suoi interventi e di quelli del giornalist­a Alessandro Leogrande dedicati proprio al paese delle aquile) e la Bosnia Erzegovina.

Chi volesse approfondi­re il notevole versante dell’attività di febbrile pacificato­re dell’ultimo Langer – attività che si concluse proprio nell’anno cruciale in cui si ebbe l’eccidio di Srebrenica (11 luglio 1995) e l’accordo di Dayton – ha adesso a disposizio­ne il bel volume curato da Edi Rabini e Sabina Langer, che raccoglie e contestual­izza articoli e interventi scritti tra il 1991 e il 1995 (Alexander Langer,

Quei ponti sulla Drina. Idee per un’Europa di pace, Infinito edizioni).

Come per ogni classico, purtroppo più citato che letto, anche nel caso di Langer è sufficient­e scorrere una pagina qualsiasi per rintraccia­re la sua impronta stilistica inconfondi­bile, la commovente chiarezza dei presuppost­i con i quali indagava i fenomeni storici e politici a lui coevi. «Il conflitto jugoslavo – si legge per esempio in un breve articolo intitolato Disertori, tratto dal grande archivio ancora in parte inesplorat­o dei suoi appunti militanti – non portava iscritto, sin dall’inizio, in alcun codice genetico tutta la sua apparentem­ente inesorabil­e ferocia. Nel 1991 esistevano milioni di persone che si sentivano jugoslave o che comunque non si considerav­ano offese da questo termine, che non vedevano di per sé alcuna incompatib­ilità affinché serbi e croati, albanesi e serbi, sloveni, ungheresi e italiani ecc. convivesse­ro sullo stesso territorio, in condizioni possibilme­nte democratic­he». Purtroppo venne imboccata una strada ben diversa, e – come nota Adriano Sofri nella postfazion­e al volume – si mise in moto quella valanga che in tempi rapidissim­i travolse ogni cosa.

Ma al di là dell’interesse che si può avere nel ripercorre­re le vicende di quegli anni e di quei luoghi, i testi di Langer sono utilissimi soprattutt­o per riflettere su due contraddiz­ioni di respiro più ampio. Esse riguardano, lo illustra ancora bene Sofri, l’opzione sovranità/ingerenza e la pratica della non violenza in relazione alla forza obbligante del diritto. Sempre guidato dalla paziente pratica della convivenza, ciò che a Langer soprattutt­o premeva era suscitare il dialogo fra tutti i «traditori della compattezz­a etnica» – si pensi, proprio in relazione alla exJugoslav­ia, all’importanti­ssimo lavoro svolto dal Forum di Verona –, traditori che poi sono i soli, sul lungo periodo, in grado di scongiurar­e soluzioni omogeneizz­anti, basate quindi sulla nefasta preminenza di stati nazionali struttural­mente inadeguati a tutelare le minoranze.

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 ??  ?? I ricordi Il Memoriale di Potocari, che commemora il Genocidio di Srebrenica. È stato inaugurato nel 2003 dall’ex presidente Usa Bill Clinton (LaPresse)
I ricordi Il Memoriale di Potocari, che commemora il Genocidio di Srebrenica. È stato inaugurato nel 2003 dall’ex presidente Usa Bill Clinton (LaPresse)

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