Le maestre sono positive: bimbi in classe
Il metodo ha scatenato diverse proteste. Maestre positive, bambini in classe, genitori alla ricerca di risposte. Il copione si ripete ed è più o meno questo.
Maestre positive, bambini in classe, genitori alla ricerca di risposte. Ad aumentare il senso di confusione degli ultimi giorni arriva anche la complessa situazione delle scuole dell’infanzia trentine, sospese in un limbo di incertezze e tempistiche che si allungano sempre di più. La questione sul tavolo appare molto semplice: cosa accade quando una maestra o un maestro risultano positivi al coronavirus? Se nelle scuole dell’obbligo, dalle elementari in poi, i protocolli sono chiari e hanno già consegnato alla quarantena preventiva decine e decine di classi, nelle scuole dell’infanzia vengono segnalati diversi casi in cui le famiglie vengono lasciate per molti giorni in una condizione di incertezza.
«È nostro diritto sapere se le maestre dei nostri bambini sono positive al Covid e che ci venga detto come comportarci — protestano i genitori —. A inizio anno abbiamo firmato un patto di corresponsabilità con le scuole: non è possibile che ora siano proprio le strutture pubbliche a venir meno a quel patto». Le storie provengono da diverse parti del Trentino. Luigi (nome di fantasia) è papà di tre bambini e vive a Civezzano, dove il più piccolo frequenta la scuola dell’infanzia. «Qualche giorno fa abbiamo saputo che due maestre erano assenti per malattia, e abbiamo scoperto che sono risultate positive al Covid, ma la scuola non ci ha fatto sapere niente — racconta —. A differenza dalle elementari alla materna i bambini stanno tutti vicini e non portano la mascherina, quindi siamo preoccupati che i bambini siano ammalati e possano diventare veicolo di contagio».
La situazione si ripete simile anche in un’altra scuola a sud di Trento. «Una della maestre della scuola materna che frequenta mia figlia è mancata da lavoro per malattia. Due giorni dopo riceve l’esito del tampone: positivo. Per cortesia nei nostri confronti ci segnala la cosa per avvisarci e raccomandarci di non far incontrare i bambini e i nonni — racconta Laura (il nome è di fantasia) —. Aspettiamo per giorni un qualsiasi tipo di informazione da parte della scuola o dall’Azienda sanitaria, ma non accade nulla. La scuola è aperta e non è stata sanificata». Alcune famiglie hanno deciso di tenere i propri figli per evitare ulteriori possibilità di contagio, ma senza la comunicazione ufficiale dell’Azienda sanitaria ai genitori non viene concesso lo smart working, perdendo quindi giorni di ferie e permessi. «Abbiamo provato a cercare risposte ovunque — spiega ancora Laura —. Siamo andati a chiedere al circolo di coordinamento, abbiamo scritto all’assessore all’istruzione Mirko Bisesti, all’assessora alla salute Stefania Segnana e all’ufficio d’igiene e prevenzione dell’Azienda sanitaria. Nessuno ci ha risposto».
Alle rimostranze dei genitori la Provincia risponde indicando la responsabilità sull’Azienda Sanitaria: «Sta a loro la valutazione del piano di azione — spiega Emanuela Maino, responsabile dei Servizi infanzia per la Provincia —. Prima che lavoratore le maestre e i maestri sono persone, e come tutti devono essere presi in carico dal Centro Covid». Una struttura che però ha dei tempi abbastanza lunghi di smistamento delle pratiche. «Capiamo le preoccupazioni dei genitori. Stiamo valutando se introdurre la segnalazione della sola informazione di un caso di contagio, senza indicare la sezione, ma le decisioni stanno in capo all’Apss» conclude Maino.