Trattoria di confine salvata da Fugatti
Insegna in Veneto ma cucina in Trentino: il locale darà da mangiare fino alle 22
L’insegna è in Veneto, la cucina in Trentino. La «salvezza» di un imprenditore è in quei pochi metri. In Veneto infatti ci sono i nuovi paletti imposti dal Dpcm che ordinano la chiusura dei ristoranti alle 18, ma in Trentino queste restrizioni non valgono. Come provincia autonoma le regole se le è fatte da sola e così via libera ai ristoranti fino alle 22. La trattoria Clara è al confine con il vicentino e potrà quindi tenere aperto. «Siamo fortunati», spiega la titolare.
LASTEBASSE (VICENZA) L’insegna è in Veneto, la cucina in Trentino. Perché a volte la «salvezza» di un imprenditore diventa questione di metri. Nel Veneto ci sono i paletti imposti dal nuovo Dpcm: ristoranti e bar chiusi dalle 18 e stop agli impianti di risalita, a meno che a inforcare gli sci siano atleti professionisti. Ma in Trentino e in Alto Adige queste restrizioni non valgono: sono Province autonome e, come tali, le regole se le sono fatte da soli. Risultato: impianti aperti a tutti i turisti e via libera ai ristoranti fino alle 22. Quanto basta per riaccendere vecchie rivalità, con il deputato bellunese Dario Bond che accusa i cugini altoatesini di «concorrenza sleale» perché «pensiamo ai ristoratori di Cortina, Arabba e delle altre località, costretti a chiudere alle 18 mentre i loro competitor, a qualche chilometro di distanza, continuano a lavorare».
In realtà, tra i locali costretti ad abbassare le saracinesche e quelli che possono tranquillamente continuare a servire da mangiare può esserci molto meno di «qualche chilometro di distanza». È il caso della Taverna Clara, immersa in un paradiso di boschi e sentieri. Specialità gnocchi, canederli e spätzli, tutti rigorosamente fatti in casa. Sul sito internet spiegano che il ristorante è «situato proprio al confine tra Veneto e Trentino». E non è un modo di dire: a una manciata di metri dalla Taverna Clara, un cartello avvisa gli automobilisti che da lì in poi si salutano le valli vicentine per entrare nella provincia autonoma di Trento.
Dal centro storico del paesino veneto di Lastebasse basta imboccare via Busatti e, dopo appena un chilometro, si incontra l’insegna che indica il ristorante e un ponte che attraversa il torrente Astico sbucando proprio di fronte all’ingresso della taverna. È un tipico locale di montagna, con le panche di legno, la stube e i cuscini ricamati sopra le sedie.
«Qui il confine tra le due regioni passa proprio sopra al fiume» spiegava ieri mattina Rebecca Dal Molin, che — poco più che ventenne — da qualche mese ha preso le redini (sotto la guida di Francesco, il compagno della madre) del ristorante fondato quasi mezzo secolo fa da nonna Clara. «Per non rischiare infrazioni, questa mattina ho consultato il commercialista, che ha confermato ciò che già sapevo: la taverna sorge in territorio Trentino». Poco importa se Lastebasse è a un tiro di schioppo mentre per raggiungere il centro di Lavarone ci si impiega almeno un quarto d’ora in auto: il locale è, senza ombra di dubbio, fuori dal suolo veneto. E dalle sue regole.«Il
prefisso telefonico, le bollette di luce e gas, perfino l’azienda che si occupa dello smaltimento dei rifiuti... In generale, tutti i servizi di cui usufruiamo fanno riferimento alla provincia di Vicenza» ammette Rebecca. «Ma per fortuna la cucina e la sala del ristorante sono appena oltre il confine».
Le ordinanze dei governatori di Trento e Bolzano sono state la sua àncora di salvezza. «Quando hanno iniziato ad arrivare le prime indiscrezioni sul decreto, ero spaventata: chiudere alle 18 è un problema serio per chiunque gestisca un’attività come questa. Per fortuna la provincia autonoma ha potuto fare scelte diverse».
Taverna Clara va avanti, quindi. In cucina c’è profumo di porcini e di spezzatino di cervo. Telefona un cliente: «Sì, certo: siamo aperti la sera, dal venerdì alla domenica». E intanto i ristoratori veneti scendono in piazza a protestare.