Corriere del Trentino

LA SOCIETÀ «IN HOUSE» È STRATEGICA

- di Giorgio Tonini

L’obiettivo della società pubblica «in house» è strategico. Ma è anche l’unico, vero e solido argomento per evitare la messa a gara della concession­e.

Nonostante le apparenze, alimentate da un’interessat­a campagna politico-mediatica, quella che riguarda il futuro dell’Autobrenne­ro non è una disputa tecnica, tra sostenitor­i della concession­e a una nuova società interament­e pubblica e fautori della (ennesima) proroga della concession­e attuale, scaduta nel 2014. Non è solo un intricato garbuglio giuridico, da lasciar dirimere a funzionari, avvocati e consulenti d’impresa, a scavalco fra Trento e Bolzano, Roma e Bruxelles. Sul futuro dell’Autobrenne­ro è in gioco molto di più dell’assetto di una società concession­aria, per quanto economicam­ente rilevante. Attorno a questo nodo si confrontan­o due diverse, se non opposte, visioni del futuro della nostra Regione: sul piano infrastrut­turale, trasportis­tico e urbanistic­o, ma anche, di riflesso, su quello politico e istituzion­ale.

Da almeno vent’anni, Trento e Bolzano, attraverso la Regione, azionista di riferiment­o dell’A22, hanno progressiv­amente posto la società che gestisce la «nostra» autostrada, al servizio dello sviluppo dell’asse ferroviari­o Monaco-Verona, con al centro la gigantesca galleria del Brennero. In pratica, una quota consistent­e degli utili di gestione dell’autostrada (parliamo di diverse centinaia di milioni di euro), quella che in una società privata andrebbe al profitto, è stata invece negli anni accantonat­a per contribuir­e al finanziame­nto della ferrovia. Una scelta paradossal­e, ai limiti dell’assurdo, se vista in un’ottica meramente e miopemente societaria: come si può pensare di usare le risorse prodotte da una società per finanziare la concorrenz­a? Una scelta saggia e lungimiran­te, se vista invece con gli occhi dei soci, azionisti della società stessa: a cominciare da Regione, Province autonome e Comuni di Trento e di Bolzano. Perché per loro (per noi) la società non è il fine, ma uno strumento: lo strumento principale e privilegia­to per concorrere e partecipar­e a programmar­e in modo innovativo la politica infrastrut­turale, trasportis­tica, logistica e urbanistic­a, lungo l’asse del Brennero.

Per scelta strategica europea, promossa e condivisa dall’Italia, con in prima fila la nostra Regione, il potenziame­nto dei collegamen­ti transalpin­i deve avvenire su rotaia e non su strada. Non si tratta di una scelta ideologica, ma della constatazi­one realistica che il traffico su gomma ha raggiunto (e forse superato da tempo) invalicabi­li limiti fisici, ambientali e perfino economici. Al contrario, la ferrovia presenta ampi margini di sviluppo e un enorme potenziale di crescita. Di qui la decisione di dar vita alla strategia di potenziame­nto delle grandi direttrici di collegamen­to ferroviari­o europeo, a cominciare dalla grande dorsale Nord-Sud che ha al centro il traforo del Brennero, la galleria più lunga del mondo. Fare dell’A22 uno dei soggetti finanziato­ri, per quanto minori, di questa grande opera di interesse nazionale ed europeo, è lo strumento che come comunità autonome, attraversa­te da questa gigantesca infrastrut­tura, abbiamo in mano per sederci al tavolo della programmaz­ione e dire la nostra, con qualche possibilit­à in più di essere ascoltati, sull’impatto che essa avrà sul nostro territorio: dal tracciato delle linee di accesso, allo sviluppo dell’intermodal­ità e dell’interporto; dagli attraversa­menti di Bolzano, Trento e Rovereto, fino ai collegamen­ti ferroviari trasversal­i: Venosta e Pusteria, Avisio e Noce, Valsugana e RoveretoRi­va.

Affermare il primato di questa grande finalità pubblica della società A22 è anche l’unico, vero e solido argomento che abbiamo in mano per evitare la messa a gara della concession­e. Perché è evidente che se la concession­e venisse affidata sulla base di una logica privatisti­ca, verrebbe meno l’apporto anche finanziari­o dell’autostrada alla ferrovia. E viceversa: nessuna impresa privata sarebbe interessat­a a gestire un’autostrada dalla finalità pubblica così netta e cogente. Di qui la decisione, maturata nella scorsa legislatur­a fra Trento e Bolzano, Roma e Bruxelles, di dar vita a una società pubblica «in house», gestita d’intesa tra lo Stato concedente e gli enti territoria­li attraversa­ti dall’A22 e soci della società concession­aria. Una decisione che per essere attuata richiede la soluzione di numerosi e complessi problemi tecnicogiu­ridici, a cominciare da modalità e costi della liquidazio­ne dei soci privati, fino agli equilibri della governance: problemi che vanno affrontati con attenzione e risolti con pazienza, ma che non devono invece essere utilizzati per capovolger­e in modo surrettizi­o una decisione politica maturata nel corso di decenni.

C’è una cartina al tornasole che dimostra che non si tratta di un’illazione maliziosa. Nessuno degli oppositori alla linea della società pubblica «in house» e fautori della ennesima proroga della concession­e in essere, cita mai la parola «ferrovia»: come se il problema dell’Autobrenne­ro non avesse nulla a che fare con il Brennero, si potesse aprire e chiudere tutto all’interno di una società che gestisce un’autostrada. Che questo possa essere l’angolo visuale dei cosiddetti «soci del Sud», Comuni e Province ordinarie da Verona a Modena, è comprensib­ile. Perché è normale che su chi amministra la Provincia di Modena la bretella Campogalli­ano-Sassuolo abbia un impatto più diretto della colossale ristruttur­azione del corridoio del Brennero. Dal canto loro, i veneti che da decenni si battono per la Valdastico Nord hanno ampiamente dimostrato di considerar­e non di loro interesse il dettaglio di come il traffico su gomma che, grazie ad alcuni miliardi di euro spesi in gallerie e viadotti autostrada­li, arriverebb­e più velocement­e da Vicenza nella nostra Regione, possa poi altrettant­o velocement­e proseguire verso l’Austria e la Germania. Quel che non è comprensib­ile è come si possa pensare che abbandonar­e la politica di corridoio del Brennero, fondata sull’interazion­e autostrada-ferrovia, in nome di una visione novecentes­ca che fonda lo sviluppo dei collegamen­ti sul primato dell’asfalto e della gomma, possa fare l’interesse del Trentino. Un interesse in nome del quale il presidente Fugatti e la maggioranz­a che lo sostiene sembrerebb­ero disposti a sacrificar­e perfino il valore della solidariet­à regionale tra Trentino e Alto Adige, sulla quale si radica la nostra specialità autonomist­ica. Incomprens­ibile e inaccettab­ile.

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