Vaia, il fulmine e una giovane vita spezzata «Mi manca tanto il sorriso del mio Denis»
Elisa Wegher perse il marito durante Vaia. «Penso alla scena che vide mio suocero»
Denis Magnani aveva solo 34 anni ed era un agricoltore appassionato che viveva con la famiglia a Segno di Predaia, in val di Non. Poi un fulmine, due anni fa, se l’è portato via nella notte della tempesta Vaia. «Ricordo che ero seduta sul divano e vidi cadere un fulmine dalla finestra. Mi sembrò strano ma non gli diedi importanza. Poi arrivò la chiamata di mia suocera» racconta la moglie Elisa Wegher. Riprende qualche secondo più tardi, evocando la concitazione di quei minuti. «Mio suocero trovò mio marito accasciato a terra, chiamò i soccorsi e poi cercò di rianimarlo».
TRENTO Il tempo della raccolta delle mele era terminato da poco. Quel pomeriggio del 29 ottobre 2018 pioveva a dirotto e il vento non cessava di muggire. Denis Magnani aveva solo 34 anni ed era un agricoltore appassionato che viveva con la famiglia a Segno di Predaia, in val di Non. Dopo pranzo, decise insieme al padre di riporre l’attrezzatura agricola nel loro capanno a Dardine, a una manciata di chilometri da casa. «Gli dissi di stare attento perché pioveva forte e lui mi rassicurò» ricorda a due anni di distanza la moglie, Elisa Wegher. Ma qualche ora più tardi le arrivò una drammatica telefonata: il marito era stato colpito da un fulmine e i medici stavano cercando di rianimarlo.
Il cuore di Denis Magnani riprese a battere dopo quaranta minuti. Poi fu portato in ospedale, al Santa Chiara di Trento, ma dopo quattro giorni di coma, il 2 novembre, morì sotto gli occhi dei familiari. Vittima — si sarebbe detto più avanti — dell’irruenza della tempesta Vaia. La seconda e ultima vittima dopo Michela Ramponi, geometra di 45 anni, che nel tardo pomeriggio dello stesso lunedì 29 ottobre fu inghiottita dal fango nella sua casa a Dimaro a causa dell’esondazione del Rio Rotian. A spezzare la vita di Denis, allora padre di due figli di 3 e 7 anni, fu invece un fulmine.
«Ricordo che ero seduta sul divano e vidi cadere un fulmine dalla finestra. Mi sembrò strano ma non gli diedi troppo importanza. Poi arrivò la chiamata di mia suocera — racconta, dopo una breve interruzione, Elisa Wegher —. Mio marito aveva notato che dal piano superiore del capanno stava piovendo. Salì allora a controllare, ma non appena aprì una porta fu raggiunto dal fulmine». La voce si interrompe di nuovo, lasciando la parola al silenzio. Riprende qualche secondo più tardi, evocando la concitazione di quei minuti. «Mio suocero sentì un botto e vide una luce fortissima — continua —. Trovò mio marito accasciato a terra, chiamò i soccorsi e poi cercò di rianimarlo. Non avrei mai voluto essere al suo posto. È una scena a cui penso spesso».
Ora il signor Lionello, il padre di Denis, continua a portare avanti da solo l’azienda agricola di famiglia, senza «il suo braccio destro». «Riprendersi è una parolona, ma mio suocero è un uomo molto forte e come me sta trovando la forza nei nipoti». Loris e Davide, il primo di 9 e il secondo di 5 anni. «Il grande è quello che soffre molto di più perché ha un ricordo più vivido del padre — spiega ora nelle vesti di mamma Elisa Wegher, che ha appena compiuto trent’anni —. Andavano a pescare insieme e andavano in campagna insieme. Quel pomeriggio forse era da incoscienti andare in campagna, ma si vede che era quello il suo destino».
Le loro vite si erano invece incrociate molti anni fa. «Quest’anno abbiamo fatto il decimo anniversario — dice prendendo fiato —. Mi manca tutto di lui. Il suo sorriso, il nostro stare insieme, vederlo giocare con i nostri figli, le nostre feste di Natale insieme, la sua presenza in casa». Ma non ha smarrito la forza d’animo. Elisa Wegher ha un carattere forte e sin da subito si è impegnata per mantenere viva la memoria di suo marito. Alla fine del 2019 insieme alla famiglia ha organizzato una cena di beneficenza in ricordo di Denis e con i fondi raccolti, poco più di un mese fa, è stato donato un ventilatore polmonare al reparto di neonatologia dell’ospedale Santa Chiara. «Lo abbiamo fatto perché Denis era una persona buona e viveva per i suoi figli — spiega — e poi perché anche lui e il fratello erano nati prematuri». Un’iniziativa sostenuta anche dall’associazione «Amici della neonatologia trentina» e dal Gruppo alpini di Segno, di cui Denis era il membro più giovane. Adesso «abbiamo altre idee in testa in ricordo di Denis, in altri campi, e speriamo di metterle in piedi il prossimo anno». Quali? «È un segreto», dice sorridendo.
Quel giorno dissi a mio marito di stare attento perché pioveva forte e lui mi rassicurò
Sembrava piovesse dentro al capanno. Denis salì al piano superiore ma un fulmine lo raggiunse