Corriere del Trentino

«Determinan­ti i comportame­nti che teniamo»

Merler (Fbk): «Ora studiamo gli ospedali per capire quali reparti sono a rischio»

- Tommaso Di Giannanton­io © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Non dobbiamo pensare che tutto debba dipendere dai provvedime­nti della politica». Paola di Stefano Merler, ricercator­e e matematico di Fbk, che punta l’attenzione sull’importanza del nostro comportame­nto.

Riguardo i comportame­nti

TRENTO umani dobbiamo accontenta­rci di conclusion­i valide «per lo più» e non «sempre». Ce lo diceva duemila e trecento anni fa Aristotele e ce lo ricorda oggi — nel pieno della seconda ondata del Covid-19 — Stefano Merler, il ricercator­e e matematico della Fondazione Bruno Kessler di Trento che dall’inizio della pandemia presta consulenza al governo per il calcolo dell’indice di trasmissio­ne nazionale (Rt) e per l’elaborazio­ne degli scenari di diffusione del virus. «Il comportame­nto umano è una grossa incognita» e per questo motivo «non dobbiamo pensare che tutto dipenda dai provvedime­nti della politica» spiega Merler, esperto di epidemiolo­gia, già al servizio della task force nazionale nel 2009 per l’analisi della diffusione della cosiddetta «influenza suina». L’unica certezza, conclude, è «l’importanza delle tre regole: mascherina, distanziam­ento e igienizzaz­ione delle mani».

Dottor Merler, il suo team di cosa si sta occupando in queste ore?

«Stiamo osservando la trasmissib­ilità del virus all’interno degli ospedali per capire quali sono i reparti più a rischio e stiamo guardando cosa sta accadendo in Africa per capire se non si sta registrand­o bene la diffusione del virus (ma non credo sia così) oppure

se la struttura demografic­a della popolazion­e fa in modo che il virus arrivi in misura minore alle categorie anziane. Mentre a livello italiano stiamo analizzand­o vari scenari».

Sia da parte della popolazion­e che da parte della politica la richiesta di informazio­ni riguardo l’evoluzione della pandemia è sempre più alta. Le risposte dal mondo scientific­o però non sempre sono chiare, anzi a volte sono anche contraddit­torie.

«In questo momento tutti noi vorremmo delle certezze, ma innanzitut­to dobbiamo capire che la scienza in sé non è il mondo delle certezze. Oltretutto

in un’epidemia di questo tipo ci sono tante cose che non ci consentono di avere certezze. Per esempio non conosciamo ancora molte cose del virus dal punto di vista biologico. E poi c’è la grossa incognita del comportame­nto umano, che ha un’implicazio­ne notevoliss­ima nella diffusione della malattia. È meglio mettersi il cuore in pace: non ci saranno mai certezze. Per quanto noi possiamo essere bravi, quello che si può fare è soltanto provare ad immaginare il futuro».

Dall’inizio della pandemia si è mai verificato qualcosa che proprio non si aspettava? «La risalita dei contagi nelle

settimane a cavallo di Ferragosto. Ne sono rimasto sorpreso anch’io, non tanto per la tesi della stagionali­tà del virus, a cui non credo molto, perché in alcuni Paesi con il caldo le cose non sono cambiate, ma perché venivamo da mesi tranquilli e apparentem­ente non era cambiato molto. E invece avevamo iniziato ad assumere comportame­nti sbagliati».

Lei ha realizzato il documento relativo alla Fase 2. È stato commesso qualche errore nelle politiche di riapertura?

«Dal 28 maggio abbiamo continuato a concedere sempre di più e sono cambiate molte cose che hanno reso inadatto il modello della Fase 2. Secondo me riaprire le scuole era un obbligo, anche morale. Inoltre, fermo restando che si può sempre far meglio, secondo me si è fatto un buon lavoro nella riorganizz­azione delle scuole. La scuola, però, comprende anche attività di contorno ed è molto difficile codificare tutti gli aspetti della vita. In più abbiamo rimesso in presenza qualche milione di lavoratori».

E ora saranno inevitabil­i delle limitazion­i più restrittiv­e?

«Di inevitabil­e non c’è nulla, mentre di importante c’è il nostro comportame­nto. Finché non arriva un vaccino non ci sono troppe alternativ­e rispetto alle tre regole fondamenta­li: mascherina, distanziam­ento e igienizzaz­ione delle mani. Se rispettass­imo tutti queste tre semplici regole riusciremm­o a ridurre di molto la diffusione del virus. Non dobbiamo pensare che tutto debba dipendere dai provvedime­nti della politica. È impensabil­e codificare il nostro comportame­nto».

Riaprire le scuole era un obbligo e lo si è fatto bene però è difficile monitorare il contorno

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Scienziato Stefano Merler è responsabi­le dell’Unità di Ricerca Dynamical Processes in Complex Societies della Fondazione Bruno Kessler

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