«Determinanti i comportamenti che teniamo»
Merler (Fbk): «Ora studiamo gli ospedali per capire quali reparti sono a rischio»
«Non dobbiamo pensare che tutto debba dipendere dai provvedimenti della politica». Paola di Stefano Merler, ricercatore e matematico di Fbk, che punta l’attenzione sull’importanza del nostro comportamento.
Riguardo i comportamenti
TRENTO umani dobbiamo accontentarci di conclusioni valide «per lo più» e non «sempre». Ce lo diceva duemila e trecento anni fa Aristotele e ce lo ricorda oggi — nel pieno della seconda ondata del Covid-19 — Stefano Merler, il ricercatore e matematico della Fondazione Bruno Kessler di Trento che dall’inizio della pandemia presta consulenza al governo per il calcolo dell’indice di trasmissione nazionale (Rt) e per l’elaborazione degli scenari di diffusione del virus. «Il comportamento umano è una grossa incognita» e per questo motivo «non dobbiamo pensare che tutto dipenda dai provvedimenti della politica» spiega Merler, esperto di epidemiologia, già al servizio della task force nazionale nel 2009 per l’analisi della diffusione della cosiddetta «influenza suina». L’unica certezza, conclude, è «l’importanza delle tre regole: mascherina, distanziamento e igienizzazione delle mani».
Dottor Merler, il suo team di cosa si sta occupando in queste ore?
«Stiamo osservando la trasmissibilità del virus all’interno degli ospedali per capire quali sono i reparti più a rischio e stiamo guardando cosa sta accadendo in Africa per capire se non si sta registrando bene la diffusione del virus (ma non credo sia così) oppure
se la struttura demografica della popolazione fa in modo che il virus arrivi in misura minore alle categorie anziane. Mentre a livello italiano stiamo analizzando vari scenari».
Sia da parte della popolazione che da parte della politica la richiesta di informazioni riguardo l’evoluzione della pandemia è sempre più alta. Le risposte dal mondo scientifico però non sempre sono chiare, anzi a volte sono anche contraddittorie.
«In questo momento tutti noi vorremmo delle certezze, ma innanzitutto dobbiamo capire che la scienza in sé non è il mondo delle certezze. Oltretutto
in un’epidemia di questo tipo ci sono tante cose che non ci consentono di avere certezze. Per esempio non conosciamo ancora molte cose del virus dal punto di vista biologico. E poi c’è la grossa incognita del comportamento umano, che ha un’implicazione notevolissima nella diffusione della malattia. È meglio mettersi il cuore in pace: non ci saranno mai certezze. Per quanto noi possiamo essere bravi, quello che si può fare è soltanto provare ad immaginare il futuro».
Dall’inizio della pandemia si è mai verificato qualcosa che proprio non si aspettava? «La risalita dei contagi nelle
settimane a cavallo di Ferragosto. Ne sono rimasto sorpreso anch’io, non tanto per la tesi della stagionalità del virus, a cui non credo molto, perché in alcuni Paesi con il caldo le cose non sono cambiate, ma perché venivamo da mesi tranquilli e apparentemente non era cambiato molto. E invece avevamo iniziato ad assumere comportamenti sbagliati».
Lei ha realizzato il documento relativo alla Fase 2. È stato commesso qualche errore nelle politiche di riapertura?
«Dal 28 maggio abbiamo continuato a concedere sempre di più e sono cambiate molte cose che hanno reso inadatto il modello della Fase 2. Secondo me riaprire le scuole era un obbligo, anche morale. Inoltre, fermo restando che si può sempre far meglio, secondo me si è fatto un buon lavoro nella riorganizzazione delle scuole. La scuola, però, comprende anche attività di contorno ed è molto difficile codificare tutti gli aspetti della vita. In più abbiamo rimesso in presenza qualche milione di lavoratori».
E ora saranno inevitabili delle limitazioni più restrittive?
«Di inevitabile non c’è nulla, mentre di importante c’è il nostro comportamento. Finché non arriva un vaccino non ci sono troppe alternative rispetto alle tre regole fondamentali: mascherina, distanziamento e igienizzazione delle mani. Se rispettassimo tutti queste tre semplici regole riusciremmo a ridurre di molto la diffusione del virus. Non dobbiamo pensare che tutto debba dipendere dai provvedimenti della politica. È impensabile codificare il nostro comportamento».
Riaprire le scuole era un obbligo e lo si è fatto bene però è difficile monitorare il contorno