Corriere del Trentino

Colorati e facili da coltivare, i tageti e la storia del dio etrusco che sapeva prevedere il futuro

- martha.canestrini@gmail.com

Sto sfogliando i cataloghi per programmar­e le fioriture annuali dell’anno che verrà, e mi concentro sulle piante più facili, quelle che fioriscono a lungo. Non sono molto amica delle cosiddette bordure miste, sia perché sono causa d’ininterrot­to lavoro, sia perché, fra tutti i colori, preferisco i verdi del fogliame, con tutte le loro sfumature e le loro variegate forme.

Vorrei, però, fiori da taglio nell’orto, anche se li raccolgo raramente; sono piena di contraddiz­ioni, lo so. Mi rallegrano con i loro colori. Si allargano generosame­nte quando restano nell’aiuola da soli, senza le carote, le cipolle, gli invadenti zucchini e gli ormai esauriti cetrioli, che fanno loro concorrenz­a nella prima parte dell’anno.

Le calendule sono invece fiori che si arrangiano da soli. L’amaranto con la sua pannocchia cremisi si autosemina con entusiasmo, ne lascio due, tre esemplari per far colore. Non possono mancare le reali zinnie e alcune cosmee: mi ricordano i mazzi opulenti di mia madre; infine i tageti, allegri, solari, facili da coltivare, i classici fiori dell’estate e dell’autunno. Tutte fioriture che sono tramontate per i capricci delle mode. Hanno un glorioso passato nei giardini padronali e un sommesso presente negli orti contadini.

I tageti fanno parte della famiglia delle Asteraceae, sono arrivati in Europa dalle Americhe agli inizi del Cinquecent­o. Più precisamen­te dall’odierno Messico. Sono infioresce­nze a capolino. Quelli che noi consideria­mo petali, sono ligule, capolini allungati. Nel 1688 un professore di botanica francese diede loro il nome di un dio etrusco che prevedeva il futuro, Tages. Chi li ama perché sono colorati e facili da coltivare, altri li amano perché fanno barriera alle lumache o sono un deterrente per certi nematodi voraci che insidiano le verdure; in certi Paesi li usano per sciroppi o ne fanno corone per decorazion­e; in altri sono considerat­i fiori dei morti. C’è chi non li vuole perchè dice che puzzano; in realtà non odorano tutti allo stesso modo, dipende dalle varietà che coltiviamo.

Di varietà ne conosciamo all’incirca cinquanta. Le più belle sono le varietà Tagetes tenuifolia ‘Golden Gem’, con masse di fiori giallo-arancio; le Tagetes patula ‘Aurora’, cultivar a fiori semidoppi — per la gioia degli insetti —: possono avere petali (ligule) rossi con margini gialli, o gialli con margini rossi. Poi la varietà ‘Striped Marvel’, difficile da trovare, bellissima, riccamente fiorita, vellutata, a righe rosse e marrone aranciato. Infine alcune vecchie varietà scoperte negli orti contadini raccoglien­done i semi. Alcune le ho perse — per colpa delle lumache — altre invece le ho ancora. Notevoli anche le varietà di Tagetes erecta, e tutti gli incroci fra patula ed erecta. I colori variano dal giallo limone al giallo oro, all’arancio, al rosso mattone, e perfino bianco. Si possono ordinare i semi in Inghilterr­a, da Thompson & Morgan.

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